Un festival per chi non teme la sperimentazione. I vent’anni di Danae

È terminata da pochi giorni a Milano la 20esima edizione del Danae Festival. Un appuntamento performativo che non ha mai avuto paura della sperimentazione e che anche quest’anno ha confermato di essere una tappa fondamentale del calendario nazionale.

Danae Festival spegne venti candeline all’insegna della sperimentazione: dichiaratamente privo di un filo conduttore, il festival propone una selezione di spettacoli dal linguaggio ibrido, che variano dalla performance del corpo a quella del suono, dalla danza alla recitazione, dando spazio ad artisti capaci di nutrire il desiderio di gusto, curiosità e bellezza insito in ogni spettatore.
Una mission, questa, che pare avere un forte plauso popolare, soprattutto fra le generazioni più giovani, le quali, insieme allo zoccolo duro di affezionati, hanno popolato il teatro Out Off, la piscina comunale Natta e tutti gli altri spazi inusuali ospiti del festival. Il ventaglio di proposte spazia da colossi del teatro come Raffaella Giordano e Danio Manfredini ad artisti meno conosciuti come Francesco Marilungo.

GIORDANO CELESTIALE

Celeste, appunti per natura è il solo creato e interpretato da Raffaella Giordano: celeste è il colore dominante sulla scena, la veste che indossa, la luce soffusa. In questo spazio sublime, la danza dei gesti di Giordano è delicata e interiore: “Bisogna essere fortemente ancorati a terra per potercisi sollevare. Questo solo è una pagina di movimenti interiori, è il mio abbraccio alla danza e al movimento, linguaggio con cui riesco a sentire la vita”. In questo quadro vivente l’artista regala un racconto intimo, liberamente ispirato alla natura nella sua accezione più neutrale e oggettiva di “insieme di esseri viventi presenti in uno spazio e in un tempo ben precisi”.
Raffaella Giordano è un’interprete poliedrica, che spazia, con la sua estrema maturità artistica, dalla danza all’azione alla parola, approdando anche al cinema d’autore con una magistrale prova attoriale in due lungometraggi di Mario Martone.

Raffaella Giordano, Celeste. Photo Andrea Macchia. Courtesy Danae Festival

Raffaella Giordano, Celeste. Photo Andrea Macchia. Courtesy Danae Festival

RITUALI DI MORTE

Durante il Danae si assiste anche a spettacoli estremi e disturbanti: nessuno meglio di Steven Cohen è riuscito in questo intento. In Put You Heart Under Your Feet… And Walk! il performer sudafricano ha eseguito un rituale in memoria del compagno, venuto a mancare da poco, riproponendo, attraverso la scenografia, i costumi e l’utilizzo dei video, il proprio stato d’animo, senza filtro alcuno: il dolore lancinante della perdita, il senso di inanità di fronte alla morte, la paura e il disgusto dovuti al caso, che ha deciso che fosse proprio lui a trovare il cadavere.
La sua operazione è molto rischiosa, di fronte a tale oggettivazione di un tema come la morte, che porta fino all’atto finale endocannibalico di ingerire le ceneri del suo compagno, nessuna via d’uscita è offerta agli spettatori, costretti di fronte a un atto che li priva del diritto (e della libertà) dell’immaginazione. Una situazione in cui i piani si sono decisamente confusi: nessuna parete, nessuna finzione, nessuno spettacolo; piuttosto, la soddisfazione del bisogno umano più forte di tutti, quello di condividere il proprio dolore.

DOPPIO COMPLEANNO

Un’altra festa di compleanno chiude il festival: Danio Manfredini ripropone Al Presente, uno spettacolo che, proprio come il festival, compie vent’anni, mantenendo la freschezza e l’immediatezza tipiche di questa età della vita. L’attore, fisicamente solo in scena, diventa mille persone diverse attraverso il suo viaggio fra i ricordi e i fantasmi della mente: interpreta magistralmente situazioni vicine a tutti, gioca con il passaggio dalla realtà all’immaginazione, raccontando con il corpo e con una recitazione fenomenale storie personali rimaste impresse nelle sue emozioni.
Posto che l’intento del festival è quello di dar voce a chi ha necessità di creare arte e voglia di parlare al pubblico lasciando d esso un ricordo pulsante, un’emozione tangibile, non c’è spettacolo che meglio di Al Presente potesse portare a compimento questo arduo proposito.

Giada Vailati

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Giada Vailati

Giada Vailati

Classe 1994, studia danza dall’età di nove anni, terminati gli studi classici frequenta l’accademia Dancehaus di Susanna Beltrami, diplomandosi in danza contemporanea e teatro. Nel 2018 viene selezionata per un master in danza contemporanea e somatic approach presso La Biennale…

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