Ricostruire il Globe e decostruire Shakespeare. Al teatro Bellini di Napoli

“Racconto d’inverno”, “Otello”, “Giulio Cesare. Uccidere il tiranno”, “Una commedia di errori”, “Tito Andronico”, “Le allegre comari di Windsor” sono i sei titoli che hanno trovato nuova vita in altrettante riscritture contemporanee. Andato in scena già nel mese di giugno all’interno del Napoli Teatro Festival Italia, l’esperimento “Glob(e)al Shakespeare” è tornato nei giorni scorsi al teatro Bellini di Napoli, registrando sold out al botteghino e infiammando la critica.

Sei riscritture di William Shakespeare in tre giorni: una commedia e una tragedia in scena ogni sera, un teatro trasfigurato, una contrazione del tempo in cui il passato è catapultato nell’oggi e l’oggi rivive con una nuova pelle il passato. Accade a Napoli, al teatro Bellini diretto dai fratelli Russo ed è proprio di Gabriele Russo, regista, attore e direttore artistico del teatro, l’idea di riscrivere Shakespeare lasciando intatte le sue opere pur cambiandone ogni aspetto. Una specie di magia che confonde e seduce, una magia che solo il teatro può ancora rendere. Il Bellini per l’occasione viene privato di tutte le sue poltrone e il palcoscenico, prolungato di diversi metri nella sua estensione, diviene immenso, scarno, privo di orpelli, rievocando il seicentesco teatro elisabettiano, il Globe, sospeso tra leggenda e realtà di una Londra incredibilmente feconda.

Tito Andronico, photo Francesco Squeglia

Tito Andronico, photo Francesco Squeglia

UN’AVVENTURA GLOBALE

L’ideatore del Glob(e)al Shakespeare, Gabriele Russo, porta a termine una sorta di missione con un esperimento più che coraggioso e lo fa dando ad attori, autori e registi la possibilità di vivere insieme un’avventura, per l’appunto, globale: la condivisione degli spazi e del tempo, la fluidità delle prove che scivolano l’una nell’altra, la riscrittura in estemporanea dei più celebri capolavori shakespeariani, il confronto quotidiano sul palco fra teatranti di fama e teatranti alle prime armi. Un’idea che si trasforma in ricchezza subito dopo aver superato la paura dell’effettiva fattibilità. Una pazzia eccitante laddove la macchina teatro non fornisce nulla in più di quello che era disponibile nel XVII secolo: una scenografia pressoché inesistente, ma incredibilmente affascinante, in cui la semplicità dell’éscamotage rivela l’arguzia dell’ingegno umano in epoche remote. Botole, fasci di luce, un fondale su cui si aprono tre porte, e basta. Il resto è il potere della parola che, tra riconoscibili versi originali e attuali inflessioni dialettali o terminologie odierne, spiega ancora una volta al pubblico la definizione di classico: immutabile nel suo spessore nonostante le mutazioni.

Una Commedia di errori, photo Francesco Squeglia

Una Commedia di errori, photo Francesco Squeglia

DISTRUGGERE E RICOSTRUIRE

Racconto d’inverno, Otello, Giulio Cesare. Uccidere il tiranno, Una commedia di errori, Tito Andronico, Le allegre comari di Windsor sono i sei titoli che hanno trovato nuova vita, replicando il successo ottenuto in occasione del Napoli Teatro Festival Italia la scorsa estate. Il coraggio e il talento di chi ha avuto un’idea e l’ha messa in atto suggeriscono quanto sia sterile restare a crogiolarsi nella certezza di un titolo che già di per sé avrebbe assicurato grande successo e quanto sia invece orgasmico distruggere tutto e ricostruire, dimostrando che fare arte contemporanea ‒ perché questo esperimento è arte contemporanea ‒ richiede talento e ancor di più temerarietà.

Manuela Barbato

www.teatrobellini.it

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Manuela Barbato

Manuela Barbato

Dottoressa di ricerca in Filosofia Politica e critica di Arti Performative si occupa soprattutto di danza in tutte le sue declinazioni in un lavoro fatto di scrittura, critica e programmazione artistica. È programmatrice e direttrice artistica al Teatro Bellini di…

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