Romaeuropa Festival. Intervista a Francesca Pennini di CollettivO CineticO
Al Romaeuropa Festival arriva una delle compagnie più innovatrici della scena teatrale italiana. CollettivO CineticO festeggia il suo decimo anno di età con “Benvenuto Umano”, spettacolo che andrà in scena sabato 21 e domenica 22 presso il Teatro Vascello di Roma. Ecco l’intervista alla fondatrice del collettivo Francesca Pennini
È senza dubbio una delle realtà più interessanti della seconda generazione degli anni Duemila della scena italiana. CollettivO CineticO, compagnia fondata dalla coreografa e danzatrice Francesca Pennini nel 2007, compie quest’anno un decennio di età. Un primo giro di boa che i Cinetici decidono di festeggiare con Benvenuto Umano, spettacolo che continua ad approfondire i caratteri fondamentali della loro ricerca, mentre segna un nuovo step in questo percorso di analisi semantica sul corpo singolo e collettivo. Con Benvenuto Umano, CollettivO CineticO chiude un cerchio. Dopo aver indagato i miti pop e gli archetipi culturali, si torna al punto di partenza: il corpo, con un bagaglio di consapevolezze e la stessa volontà di dedicarsi al gioco. In attesa di assistere allo spettacolo che verrà presentato sabato 21 e domenica 22 ottobre al Teatro Vascello di Roma nell’ambito di Romaeuropa Festival, diamo la parola a Francesca Pennini.
Pop, a tratti nerd, di certo ironici, i vostri spettacoli si basano sempre su solide fondamenta teoriche e di pensiero scientifico. Di cosa si nutre quest’ultimo Benvenuto Umano? Quale relazione si è creata con gli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara? Quali altri elementi entrano in collisione per dar vita a questa galassia di simboli e iconografie in movimento?
Più dei nostri precedenti lavori, Benvenuto Umano si basa molto sulla complessità. Una complessità contenutistica, che fa parte del nostro ‘modus operandi’, ma che crediamo sia anche il principio caratterizzante della visione dello spettatore. La lettura di uno spettacolo non è risolvibile in qualcosa di lineare o didascalico, ma ha in sé qualcosa di ambiguo. Per questo spettacolo abbiamo messo da parte quel formato che aveva caratterizzato i nostri precedenti lavori, a favore di una rifrazione, di un rizoma più intricato. E le sorgenti che animano questo rizoma sono da un lato gli affreschi del Palazzo Schifanoia – con i loro infiniti misteri, con le loro differenti stratificazioni e interpretazioni – dall’altro la medicina tradizionale cinese – con tutta la sua ricchezza di approccio alla questione del rapporto tra corpo e mente. Questi elementi non sono però il contenuto di Benvenuto Umano, ma hanno rappresentato per noi delle traiettorie sulle quali portare avanti un processo di creazione che ci permettesse di accedere in maniera nuova al corpo e di rileggerlo.
Gioco e rito sono dimensioni cardine della vostra pratica artistica. In Benvenuto Umano si propone in scena un rituale inventato. Cosa lega queste due dimensioni del vostro lavoro e che ruolo assumono all’interno della vostra poetica e di questo spettacolo in particolare?
Anche in Benvenuto Umano è presente la dimensione del gioco, che nella nostra pratica artistica significa avere a che fare con un sistema di regole attraverso il quale la scena si plasma in tempo reale. Il gioco, per noi, va dunque inteso come un sistema in cui la regia o la coreografia operano principalmente con l’obiettivo di definire un regolamento che plasmerà quindi l’azione scenica e tutto quello che accadrà (in maniera determinata o autonomamente). Così il palco e lo spettacolo stesso diventano una sorta di partita, la cui coerenza è garantita dal fatto che i suoi principi (il suo regolamento) sono stati definiti a priori per determinare dei risultati precisi. Benvenuto Umano non è pensato interamente in questi termini come potevano esserlo alcuni nostri vecchi lavori (ad esempio
CollettivO CineticO quest’anno festeggia il suo primo decennale. Dieci anni intensi, segnati da una poetica riconoscibile e una ricerca inarrestabile. Parafrasando il titolo di quest’edizione del festival, where are you now?, perché proprio in questo decimo anno decidete di intitolare uno spettacolo all’Umano?
Benvenuto Umano vuole effettivamente fare il punto su ciò che è accaduto alla nostra compagnia in questi dieci anni, pur rimanendo contemporaneamente un’altra tappa del nostro percorso artistico. È un’occasione per riguardare indietro e tirare le fila di un percorso legato alla pratica scenica che abbiamo portato avanti in questi anni di attività. Benvenuto Umano raccoglie elementi che abbiamo seminato nei nostri spettacoli. Mi piace molto l’idea che lo spettacolo possa essere un modo per tornare al punto di partenza del nostro percorso, ma con un vissuto diverso e con altre domande. Lo spettacolo è in un certo senso il punto di arrivo di un tragitto che abbiamo inaugurato con il progetto C/O e contemporaneamente fa perno sullo stesso elemento: il corpo in scena. Un grado zero ma anche la più alta possibilità di rappresentazione dell’Altro, per la sua semplicità, per le sue necessità esplicitate nella danza. Benvenuto Umano chiude un progetto decennale sulle Eterotopie (concetto foucaultiano che abbiamo attraversato in modi diversi in più spettacoli). Un progetto che è partito dal corpo e che, attraverso l’indagine di un sistema culturale Occidentale e Orientale, ora torna definitivamente al corpo stesso.
(Quest’intervista fa parte dei programmi di sala di Romaeuropa festival).
– Chiara Pirri
Roma // 21 e 22 ottobre 2017
Benvenuto Umano
Teatro Vascello
Via G. Carini 78
www.romaeuropa.net
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