C’è un teatro fra gli alberi. Una conversazione con César Brie

L’attore, regista e autore argentino ha aperto con un workshop e uno spettacolo la terza edizione di “Attraverso – spazio attivo per la ricerca performativa”, il coraggioso festival che si realizza a Ca’ Colmello, Casa Laboratorio nelle colline sopra a Bologna. L’abbiamo intervistato.

Eri presente al festival Attraverso anche lo scorso anno. Quali precise ragioni artistiche e politiche ti hanno spinto a ritornare?
Ca’ Colmello è un posto del cuore. Un luogo dove gli artisti possono lavorare, essere ospitati a contatto con la natura e il silenzio. Un bel ritiro per creare e un bello spazio per ricevere gli spettatori. A Ca’ Colmello il teatro non è soltanto lo spettacolo, ma il luogo, gli anfitrioni e lo sforzo per arrivarci.

La fatica crea valore?
Lo sforzo per arrivare in un posto non è fatica, è un’azione che predispone a ricevere. Il tramonto guardato dall’alto di una montagna che si è appena scalato ha un sapore diverso di quello che trovi aprendo la finestra del Club Mediterranèe in cui consumi le tue vacanze “intelligenti”. Dare il proprio tempo per vedere qualcosa significa compiere un’azione propiziatoria.

A Ca’ Colmello hai presentato il tuo spettacolo Il mare in tasca. Quali difficoltà hai trovato e quali sorprese hai avuto, nel metterlo in scena in questo specifico spazio non teatrale?
Le difficoltà sono quelle legate agli spettacoli all’aperto. Fare di necessità virtù per l’illuminazione e sistemare i fari la sera precedente, perché altrimenti il sole non permette di fare i puntamenti. La sorpresa è sempre che l’intorno crea uno spazio che convive con la scena e la rende unica. Non hai bisogno di non sforare con una luce perché ciò che sfora è magnifico.

Attraverso – spazio attivo per la ricerca performativa

Attraverso – spazio attivo per la ricerca performativa

Cosa intendi? Nei tuoi spettacoli c’è spazio per l’improvvisazione?
Gli spettacoli vivono nei momenti in cui si fanno. Un luogo attorniato dagli alberi, con la luna sopra, non è neutro per gli spettatori. L’artista deve accettare che il suo lavoro accada sotto una luce diversa. Sì, nei miei lavori c’è spazio per accogliere l’imprevisto e quindi improvvisare. Se non fosse possibile questo, sarebbe tutto troppo rigido. Gli spettacoli sono opere che accadono. Sono preparate accuratamente, ma devono essere aperte all’imprevisto.

Pensare la scena, il workshop che hai proposto al festival, ha per sottotitolo sulle tracce di Simone Weil.
Sto lavorando a un nuovo spettacolo basato su di lei, sulla sua storia e sul suo pensiero. Il seminario è servito ad approfondire con gli allievi alcuni aspetti di quella ricerca.

Quali? Cosa hai scoperto nei giorni di Ca’ Colmello?
Abbiamo creato nuove immagini, trovato azioni per dire alcuni dei suoi testi. Ho fatto un piccolo montaggio del materiale realizzato.

Attraverso – spazio attivo per la ricerca performativa

Attraverso – spazio attivo per la ricerca performativa

Da anni sei impegnato in una intensa attività pedagogica. Puoi definire alcuni elementi di questa pratica?
Io cerco di insegnare a non recitare, cioè a stare in scena senza preconcetti. Le tecniche dovrebbero servire a liberarci da quei pregiudizi che spesso ci impediscono di essere aperti e onesti sulla scena. Lavoro su questo e chiedo agli allievi di pensare, di usare la loro sensibilità e intelligenza per dire ciò che hanno da dire.

 

Michele Pascarella

 

www.cacolmello.it

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Michele Pascarella

Michele Pascarella

Dal 1992 si occupa di teatro contemporaneo e tecniche di narrazione sotto la guida di noti maestri ravennati. Dal 2010 è studioso di arti performative, interessandosi in particolare delle rivoluzioni del Novecento e delle contaminazioni fra le diverse pratiche artistiche.

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