Arte e musica. Intervista alla violoncellista avant-garde Mizu
Un ritratto della violoncellista, compositrice e performer avant-garde statunitense di origini giapponesi che danza con il violoncello. Recentemente si è esibita anche al MAO - Museo d’Arte Orientale di Torino

Mizu è una violoncellista, compositrice e performer avant-garde con base a New York. A soli cinque anni rimane colpita dai musical a Broadway, i costumi, le canzoni, le scene, il teatro musicale diventano la sua ossessione. Inizia a suonare il pianoforte con un maestro giapponese che le insegna anche la lingua materna. Si forma come violoncellista alla Juilliard School di New York, dove inizia le sue pratiche sperimentali fondate su strati auto-registrati di strumento con manipolazione elettroniche.
Chi è Mizu
Si autoproduce due album, Distant Intervals (2023) e Forest Scenes (2024), distinguendosi per la combinazione struggente di suoni acustici e forti elaborazioni, ma soprattutto per le sue audaci performance di matrice teatrale dove il violoncello non viene suonato nella forma classica, ma con ampli movimenti del corpo, portando lo strumento in ogni posizione immaginabile – a volte sopra la testa, a volte sdraiato – si potrebbe dire quasi danzando. Un utilizzo, quello del corpo, inteso come processo liberatorio da una formazione classica, e di esplorazione del proprio lato femminile, che va di pari passi con una costante transizione interiore di persona trans.
Arte, musica e performing art in Mizu
In seguito alla sua apertura allo spettacolo di Tim Hecker al Pioneer Works di Brooklyn, i registi/coreografi Baye & Asa l’hanno invitata a comporre la colonna sonora di 4 | 2 | 3, una produzione di danza contemporanea con debutto al Baryshnikov Arts Center di New York. Tra le esibizioni dal vivo di Mizu, il debutto europeo al Rewire Festival 2024, i concerti al Brooklyn Museum e al Noguchi Museum, e un tour da headliner negli Stati Uniti. L’artista, che si è recentemente esibita anche a Roma per la rassegna Liminal Space e a Torino per la rassegna Evolving Soundscapes al MAO – Museo d’Arte Orientale, ha ricevuto ottime critiche da testate giornalistiche importanti come The New York Time e Pitchfork.

Intervista a Mizu
La tua definizione di arte.
La definizione tradizionale di arte è in continuo cambiamento, ma per me “arte” è semplicemente una creazione che mi commuove. Questo va oltre qualsiasi confine estetico, tecnica o mezzo: si può percepire qualcosa di unicamente spirituale nelle opere d’arte più potenti. L’arte più forte, per me, è qualcosa che mi porta fuori da me stessa e, allo stesso tempo, raggiunge un punto profondo della mia anima.
La tua definizione di musica.
La musica è suono organizzato, creato dalla combinazione di tono, ritmo e altri elementi sonori (volume, timbro, articolazione, ecc.). Per me, la magia della musica risiede nella sua capacità di dire tutto e nulla al contempo.
Ti definisci una “artista”?
Poiché la musica è il mio principale mezzo di espressione, preferisco considerarmi una musicista alla ricerca dell’espressione artistica. Personalmente, penso che il titolo di “artista” non sia qualcosa da attribuirsi; in definitiva, non spetta a me dire se il mio lavoro commuova qualcuno o meno.
L’opera di arte visiva che più ami.
È in costante cambiamento, ma di recente sono rimasta colpita da Il viandante sul mare di nebbia di Caspar David Friedrich, che ho visto di persona per la prima volta al Metropolitan Museum of Art di New York. È un’immagine potente; la raffigurazione di un singolo uomo, giustapposto alla vastità e al mistero della natura, trascende i limiti della pittura e della tela: parla di qualcosa di universale ed esistenziale, un’ode all’inesplorato.
La canzone che più ami.
La definizione di “canzone” è spesso descritta come qualcosa con voce e parole, ma per me qualsiasi musica che canti o mi parli è una canzone. La mia preferita al momento è Eusebio di Robert Schumann, tratta dalla sua opera per pianoforte Carnaval, Op. 9. Eusebio è una rappresentazione del mondo interiore di Schumann: un personaggio immaginario che incarna il suo lato sensibile e sognante. La musica sembra una “casa” sonora, uno spazio di calore e sicurezza, dove posso coltivare e prendermi cura del mio mondo interiore.
I tuoi progetti recenti.
Di recente ho completato un tour di concerti in Europa, esibendomi in diverse location (un giardino botanico, un club, un museo d’arte). Un altro momento clou è stata una performance di dodici ore a New York con un artista di torte sperimentali. Ho anche lavorato a diversi progetti collaborativi: ho creato la musica di accompagnamento per uno spettacolo di danza, la colonna sonora di un cortometraggio e un emozionante contenuto per un album di cucina. E naturalmente, nuova musica: pubblicherò un breve EP nei prossimi mesi. È bello essere stimolati in direzioni diverse; ogni progetto è come un nuovo ramo di un albero in continua espansione.
Un ricordo della tua vita.
Da bambina, trascorrevo le estati con i miei nonni in Giappone. Mio nonno aveva sempre desiderato diventare musicista (anzi, un cantante), ma a causa delle convenzioni dell’epoca fu costretto a rilevare l’azienda di famiglia, invece di coltivare la sua passione per la musica. Ricordo di aver tenuto concerti informali di violoncello per la mia famiglia in Giappone, durante i quali io e mio nonno eseguivamo insieme canzoni popolari giapponesi. Erano momenti gioiosi di condivisione musicale e mi ricordano ancora oggi l’importanza della comunità e dei legami umani: la musica e l’arte creano legami magici tra le persone.
Samantha Stella
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