Lo schermo dell’arte 2025: cinema, arte e nuove visioni nel festival di Firenze
Torna nel capoluogo toscano il festival che intreccia immagini in movimento, produzione artistica e sperimentazione, tra focus internazionali e nuove tecnologie. Abbiamo intervistato la sua fondatrice e direttrice Silvia Lucchesi
                            Lo schermo dell’arte festeggia la sua diciottesima edizione confermandosi come uno degli appuntamenti più originali e riconosciuti nel panorama internazionale delle moving images. Dal 12 al 16 novembre 2025 Firenze diventa crocevia di artisti, curatori, produttori e pubblico, con un programma che spazia tra film, installazioni, realtà virtuale e incontri. Non un semplice festival, ma un progetto indipendente e no profit che negli anni ha saputo crescere, aprirsi alla produzione, sostenere le nuove generazioni di artisti e creare una comunità viva attorno al dialogo tra arte contemporanea e cinema. Ne abbiamo parlato con la sua fondatrice e direttrice, Silvia Lucchesi.

L’intervista alla fondatrice e direttrice de Lo schermo dell’arte Silvia Lucchesi
Dopo diciotto edizioni, quale è l’identità de Lo schermo dell’arte?
L’identità del festival si è costruita anno dopo anno ed è cambiata molto rispetto all’inizio. La prima edizione era dedicata esclusivamente ai documentari sull’arte contemporanea e aveva un programma molto ridotto. Oggi, invece, la maggior parte delle opere sono film realizzati dagli artisti stessi. Abbiamo imparato a lavorare in modo trasversale, connessi alle realtà artistiche e ai cambiamenti tecnologici e sociali che ci circondano. Gli artisti hanno una grande capacità di restituire in immagini i sentimenti e le trasformazioni del mondo contemporaneo, e il festival riflette tutto questo.
Negli ultimi anni avete anche avviato un progetto di produzione. Di cosa si tratta?
VISIO Production Fund è un progetto che ci rende molto orgogliosi. Nasce in relazione a “VISIO”, il programma di residenza dedicato ad artisti under 35 che lavorano con le moving images ideato e curato da Leonardo Bigazzi. Ogni anno, otto giovani selezionati con una open call arrivano a Firenze, seguono il festival, partecipano a incontri e presentano i loro progetti. Tra questi, tre vengono prodotti. Attraverso il VPF, sosteniamo gli artisti proprio nella fase più delicata, quella della produzione. Non tutti sono agli inizi, alcuni hanno già avuto mostre importanti, ma il nostro supporto resta prezioso. Anche grazie a VISIO e alle co-produzioni con la Fondazione In Between Art Film, il Centro Pecci, il FRAC Bretagne e Human Company, Lo schermo dell’arte è oggi un soggetto di riferimento nel panorama internazionale delle moving images.
L’identità indipendente de Lo schermo dell’arte
Lo schermo dell’arte è un progetto indipendente: come riuscite a mantenerlo sostenibile?
È un’organizzazione non profit che vive grazie a bandi pubblici, al sostegno di enti locali e di partner privati. Riceviamo risorse da Fondazione CR Firenze, Regione Toscana, Comune di Firenze. Tra i privati, il nostro main sponsor è Gucci. E facciamo parte della rete 50 Giorni di Cinema a Firenze, un progetto della Fondazione Sistema Toscana. Sono partner che ringraziamo per la stima che ci rivolgono che ci permette di fare il nostro lavoro mantenendo coerenza e indipendenza. Oltre al festival lavoriamo anche su altri progetti come quelli rivolti al mondo della scuola o quelli rivolti al territorio, che ci impegnano durante l’anno. Tutte le iniziative che realizziamo contribuiscono allo Schermo dell’arte, sia dal punto di vista del progetto culturale che da quello della sostenibilità economica. Quest’ultima rimane uno degli aspetti più delicati della vita di un soggetto che come il nostro lavora nel campo culturale.
L’edizione 2025 de Lo schermo dell’arte
C’è un filo conduttore nell’edizione 2025?
Non c’è mai un vero e proprio tema unico. A differenza di molti festival, non abbiamo sezioni competitive o premi. Il nostro intento è quello di curare un programma che riflette ciò che avviene nel mondo dell’arte, dando voce alle nuove esperienze. Naturalmente, emergono linee forti: quest’anno, ad esempio, ci sono film che affrontano la blackness, la questione palestinese, il rapporto uomo-ambiente, l’uso delle nuove tecnologie. Ci interessa mostrare un panorama ampio e stimolare riflessione attraverso opere che riteniamo significative.
Ogni anno proponete anche un focus su un artista. Chi avete scelto questa volta?
Quest’anno il focus è dedicato a Randa Maroufi, artista marocchina che abbiamo conosciuto grazie a VISIO. Presenteremo cinque suoi film tra cui l’ultimo, L’MINA, prodotto dalla Fondazione In Between Art Film e presentato a Cannes. Maroufi lavora su temi quali identità femminile, migrazione, lavoro, utilizzando spesso il reenactment: ricostruisce in studio scene di vita reale con attori non professionisti, creando un cortocircuito tra finzione e realtà che porta lo spettatore a porsi interrogativi. È un’artista di grande talento e siamo felici di mostrare il suo lavoro.
Quest’anno ci sarà anche spazio per il VR molto importante. Come lo integrate nel festival?
Grazie a una collaborazione con l’Università di Pavia, presentiamo due opere VR realizzate da Claudia Losi e Valentina Furian. Sono due artiste italiane che stimiamo molto e nessuna delle due aveva mai lavorato prima con la realtà virtuale. Per loro è stata una sfida affascinante. Le opere saranno visibili alla Strozzina di Palazzo Strozzi, nostro partner storico. Il festival ha sempre mostrato opere realizzate con i nuovi mezzi, dal VR all’intelligenza artificiale, che gli artisti utilizzano con grande libertà nei loro lavori.
Il festival ha anche una forte dimensione comunitaria. In che modo si manifesta?
Ogni anno, nei giorni del festival, si crea una vera e propria comunità: artisti, curatori, produttori, partner istituzionali, giovani di VISIO e naturalmente il pubblico. Gli incontri, le lecture e i momenti prima e dopo le proiezioni generano dialogo, idee e nuove collaborazioni. Non è solo una festa, ma anche un’occasione concreta di lavoro e networking. L’atmosfera è informale, senza tappeti rossi, e proprio per questo molto apprezzata dai nostri ospiti.
E guardando al futuro, quali sono le sfide principali?
Il panorama culturale e produttivo è in continuo cambiamento. La sfida più grande riguarda i linguaggi: l’intelligenza artificiale, ad esempio, è destinata a diventare uno strumento sempre più presente nelle mani degli artisti. Non sappiamo ancora come evolverà, ma certamente segnerà nuove possibilità espressive. Il compito del festival sarà quello di accompagnare e valorizzare queste nuove esperienze.
Margherita Bordino
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