Sotto il segno di Sofia Coppola. La regista super influente che attraversa moda, cinema e arte

L’universo della regista Sofia Coppola torna protagonista della scena culturale in un momento che celebra e rilegge la sua estetica autoriale. Dal ritorno di “Marie Antoinette” in chiave museale, alle riflessioni sull’adolescenza e la moda, passando per le recenti collaborazioni con Chanel e Marc Jacobs

A distanza di quasi vent’anni dal film Marie Antoinette (2006), Sofia Coppola torna ad abitare il nostro immaginario collettivo. Ma questa volta non solo attraverso il grande schermo. Dal Victoria & Albert Museum di Londra, che le dedica una sezione nella mostra Marie Antoinette Style, al MoMu di Anversa con GIRLS. On Boredom, Rebellion and Being In-Between, fino al suo primo documentario su Marc Jacobs e al sontuoso volume fotografico dedicato alla Maison Chanel, il mondo creativo della regista americana sembra vivere un ritorno potente e trasversale. E non è un revival nostalgico, ma una riaffermazione della forza del suo sguardo sempre femminile ma mai accomodante. Un’estetica che oggi torna a parlare con sorprendente attualità.

Dal film al museo: “Marie Antoinette Style” al Victoria & Albert Museum

Non è un caso che una delle mostre più attese dell’anno, Marie Antoinette Style al V&A di Londra, abbia come punto focale i costumi del film di Sofia Coppola, ispirati, come racconta la regista, da una scatola di macaron. Lontano dalla fedeltà storica e vicino alla suggestione estetica, il film del 2006 reinventa la figura della regina come una teen icon, vulnerabile e frivola, tragica e spensierata. La mostra ne celebra l’impatto, esponendo tra oltre 250 oggetti, i disegni di Manolo Blahnik per le calzature del film e gli abiti firmati da Milena Canonero, costume designer premio Oscar. A testimoniare la libertà creativa della regista, una delle immagini più memorabili è quella in cui, tra scarpette di raso e ventagli piumati, fa capolino un paio di Converse color lavanda. La scena – sulle note frenetiche di I Want Candy – rompe volutamente il patto di verosimiglianza storica. Non è un errore, ma una dichiarazione d’intenti. Coppola racconta non solo una regina, ma un’adolescente prima ancora che una sovrana: la sua Maria Antonietta non parla alla Storia, ma alle ragazze – quelle di ieri e quelle di oggi. Il fatto che il V&A la celebri oggi è un segno del modo in cui la regista ha cambiato per sempre la rappresentazione del potere femminile nell’immaginario visivo contemporaneo.

Sofia Coppola nel 2023
Sofia Coppola nel 2023

Le adolescenti inquiete di Sofia Coppola in mostra al MoMu di Anversa

Quello che però rende Coppola così attuale è la sua capacità di affrontare temi complessi attraverso una forma gentile e straniante. La mostra GIRLS. On Boredom, Rebellion and Being In-Betweenal MoMu diAnversa, aperta in contemporanea a quella londinese, racconta l’adolescenza femminile come una fase sospesa, carica di tensioni e fragilità. Non poteva quindi mancare come testimonianza, Il giardino delle vergini suicide (1999) opera d’esordio di Coppola, che nella mostra dialoga con la Piccola Danzatrice di Degas e i lavori di Louise Bourgeois, Martin Margiela, Juergen Teller e molti altri. La “ragazza” di Coppola non è mai oggetto, ma soggetto inquieto e vulnerabile, sospeso tra ribellione e immobilità. La sua presenza in mostra non è solo un omaggio, ma un riconoscimento del suo sguardo femminile e autoriale come chiave di lettura di un’intera generazione di rappresentazioni. Nel tempo, Coppola ha costruito un linguaggio visivo che fa dell’adolescenza un campo di esplorazione emotiva e politica. Non è un caso che le sue protagoniste siano spesso delle “bored girls” – annoiate, silenziose, introverse – ma profondamente cariche di potenziale. Se oggi questo archetipo torna nelle campagne di moda, nell’arte contemporanea e nel cinema, è perché ha saputo scrollarsi di dosso l’etichetta di “fragile” ormai sinonimo di resistenza.

Tra Chanel e Marc Jacobs: il linguaggio intimo di Sofia Coppola

Sofia Coppola continua a esplorare il potere evocativo delle immagini attraverso nuovi linguaggi. Due recenti progetti lo dimostrano. Il primo è il documentario Marc by Sofia, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2025: un ritratto intimo e affettuoso dello stilista Marc Jacobs amico della regista sin dagli Anni Novanta, che ha condiviso con lei l’idea di un’estetica controcorrente, contribuendo a ridefinire i codici della moda, dalla celebre sfilata grunge per Perry Ellis al progetto X-Girl. Il documentario, più che una biografia, è una conversazione visiva tra due anime affini, unite da un’idea di femminilità fluida, non conformista, fatta di dettagli, ricordi condivisi e autoironia. Il secondo è il fotolibro Chanel Haute Couture, pubblicato in collaborazione con Éditions 7L e MACK: una storia visiva delle creazioni Chanel, ricostruita da Coppola attraverso collage, fotografie d’archivio, schizzi e materiali backstage. Più che una retrospettiva, sembra un diario privato, una narrazione personale della maison vista con gli occhi di chi ha vissuto la couture prima come stagista, poi come musa, infine come autrice. Anche qui emerge la cifra di Coppola: non imporre una visione, ma suggerire uno sguardo. Un’estetica dell’intimità, dove moda e memoria si intrecciano con la stessa delicatezza che ritroviamo nei suoi film.

Gaia Rotili

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