Identità, sesso e rappresentazione nel cinema di Mathias Broe. L’intervista
Dopo il successo di “Sauna” nei festival internazionali, il regista emergente danese ci parla di queer romance e della necessità di storie d’amore non normative

Quando ho incontrato a Copenaghen il regista Mathias Broe per parlare del suo nuovo film Sauna, non immaginavo quanto sarebbe stata profonda la nostra conversazione. Il film, delicato e potente, riflette l’intima connessione tra arte e vita del regista, per il quale il cinema è prima di tutto uno strumento terapeutico e di ricerca personale.“Per me, il percorso di scoperta della mia sessualità e identità è avvenuto anche attraverso il lavoro terapeutico del cinema, per ricercare e indagare qualcosa con cui non mi sentivo ancora a mio agio. Fare il mio primo film, “Amfi”, è stato un processo di guarigione e, grazie a esso, ho capito che ciò che desideravo davvero era creare i tipi di film che io stesso avrei avuto bisogno di vedere”, racconta Broe.
Il cinema come spazio di intimità e autenticità
Anche in Sauna (2025), il suo ultimo film, il regista trasfonde una parte di sé: “Credo che il mio approccio al cinema sia molto intuitivo. Mi incuriosisce l’autenticità e il desiderio di dire la verità è molto importante per me. Nel film abbiamo lavorato su un concetto che abbiamo chiamato ‘realismo emotivo’: l’idea era di essere il più realistici possibile, orientandoci verso lo stile documentaristico, ma allo stesso tempo visualizzando in maniera cinematografica gli stati emotivi dei personaggi”.
La trama del film “Sauna”
Sauna, ispirato all’omonimo libro di Mads Ananda Lodahl, è una storia d’amore tra Johan, un ragazzo omosessuale originario di Odense (una piccola città danese) e William, un giovane uomo trans di Copenaghen che, quando conosce Johan, si trova nel mezzo del suo processo di transizione. A Copenaghen, Johan comincia a esplorare una sessualità fino ad allora repressa e trova lavoro in una sauna gay, un luogo di incontri liberi e fugaci tra uomini. Tuttavia, ben presto si rende conto che quella libertà è riservata a pochi: la prima volta che invita William alla sauna, viene discriminato dagli altri uomini perché trans. Questo primo scontro è solo l’inizio della loro travagliata storia d’amore, e del loro percorso nei rispettivi mondi dai quali entrambi, in modi diversi, si sentono rifiutati. Il film trasmette un profondo senso di inadeguatezza e solitudine esistenziale, raccontando in modo universale la ricerca dell’identità, dell’accettazione e del proprio posto nel mondo.
Il ruolo dei corpi nel film “Sauna”
La storia si sviluppa anche attraverso l’unione dei corpi e le scene di sesso — nella sauna e altrove —che diventano metafora dell’incontro tra mondi vicini che spesso faticano a comunicare. “Le scene di sesso erano davvero importanti, volevo dedicare loro tempo e cura, perché non abbiamo mai visto questi corpi connessi così sullo schermo. Credo che per le persone queer il sesso sia molto importante, perché per le persone trans può essere una conferma di genere”, spiega Broe. “Ad esempio, nella scena con lo strap-on, è la prima volta che noi, come pubblico, vediamo William nel modo in cui lui percepisce sé stesso. Al livello psicologico, per il pubblico ma anche per il personaggio, è un momento molto curativo. Perché può finalmente fare l’amore con il suo partner nel modo in cui ha sempre immaginato. Penso che sia un’immagine molto bella di guarigione sessuale, di conferma dell’identità di genere e di connessione. Poi ci sono altre scene che vanno nella direzione opposta. Ad esempio, la scena dell’orgia è un ritratto della solitudine”.
L’importanza della rappresentazione secondo Mathias Broe
Broe racconta anche che una delle motivazioni fondamentali che lo hanno spinto a realizzare questo film è stata proprio la volontà di sentirsi rappresentato, di vedere nei cinema una storia d’amore nella quale potersi riconoscere: “Quando esplori e indaghi lati di te stesso a cui magari non hai ancora risposte, puoi finire per creare qualcosa di davvero importante — non solo per te, ma anche per gli altri. Qualcosa che risuona a un livello più profondo del semplice ‘fare qualcosa perché sembra figo o alla moda’. E adesso, per la prima volta, c’è una persona trans in un ruolo da protagonista in un film danese, e solo questo è già qualcosa di rivoluzionario. Ciò che è stato pazzesco di questo progetto è che è basato su un libro, quindi il materiale esisteva già. Ma circa un anno e mezzo dopo l’inizio del processo, il mio partner ha iniziato la sua transizione. Quindi, in un certo senso, la mia relazione ha iniziato a rispecchiare il film: questo percorso parallelo è diventato davvero significativo. L’arte ha cominciato a imitare la vita, e la vita ha cominciato a imitare l’arte”. Quando vita e arte si intrecciano in Sauna, lo spettatore viene trasportato in una dimensione catartica e coinvolgente, tanto autentica da farlo sentire parte dei dilemmi e dei drammi raccontati. In attesa che il film arrivi anche in Italia, resta la speranza che sempre più artisti possano esprimersi con la stessa libertà di Broe, portando sullo schermo personaggi complessi, lontani dagli stereotipi e vicini a chi molto spesso non si vede rappresentato sul grande schermo.
Melissa Marchi
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati