Su Sky Arte: gli Anni Ottanta a New York con Scharf, Haring e Basquiat

È un trio di artisti di tutto rispetto quello che, giovedì 2 febbraio, giuda il pubblico di Sky Arte alla scoperta della Grande Mela in un decennio carico di stimoli

Cuore pulsante della scena creativa americana negli Anni Ottanta del secolo scorso, New York e i suoi artisti sono il filo conduttore della speciale serata in onda su Sky Arte giovedì 2 febbraio.
Si inizia con Kenny Scharf ‒ When worlds collide, il documentario, realizzato nell’arco di undici anni, che fa luce sulla carriera e sull’esistenza di uno dei pilastri della Pop Art d’oltreoceano. La pellicola mostra l’arrivo di Scharf a New York all’inizio degli Anni Ottanta, dove fece presto amicizia con Keith Haring e Jean-Michel Basquiat. Questo trio avrebbe presto preso d’assalto il mondo dell’arte. Mentre Basquiat e Haring morirono entrambi tragicamente giovani, Scharf riuscì a sopravvivere ai molti stravolgimenti dell’arte e, nonostante le battute d’arresto, continua a seguire la sua particolare visione artistica dai toni alti e in technicolor, mentre il crescente apprezzamento del pubblico e della critica nei confronti dei suoi primi lavori ha consolidato il suo ruolo di icona della Pop Art.

HARING E BASQUIAT A NEW YORK

A seguire, spazio a un episodio della serie Inspired, che mette in luce il legame di reciproca influenza tra gli artisti e i luoghi in cui realizzano le loro opere. Occhi puntati su Keith Haring, la cui carriera fulminea, stroncata da una morte prematura, si dipanò tra la concitata New York degli Anni Ottanta e le atmosfere rilassate del Brasile, dove Haring trovò pace dalla sua rutilante esistenza nella metropoli americana trascorrendo del tempo con un gruppo di amici artisti, dipingendo murales per l’abitazione di Kenny Scharf a Serra Grande e disegnando ispirandosi ai paesaggi locali e agli abitanti del luogo.
La serata si conclude con il documentario Boom For Real ‒ Gli ultimi anni dell’adolescenza di Jean-Michel Basquiat, diretto da Sara Driver. Basquiat è raccontato appena diciottenne, negli ultimi anni della sua adolescenza, ben prima che diventasse l’icona e il simbolo del graffitismo americano, quando viveva per strada senza una fissa dimora, realizzava graffiti firmati Samo sui vagoni dei treni o sulle porte di casa, ascoltava la musica che amava portandosi dietro uno stereo, scriveva poesie, assumeva LSD e si divideva tra il Mudd Club e il gemello Club 57, due dei più esclusivi locali della scena newyorchese di allora.

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