Tutto il meglio del teatro e della danza che abbiamo visto nel 2025 

È stato un anno complesso per le arti performative, ma non privo di grandi stimoli. Abbiamo selezionato i lavori di teatro e danza più significativi della stagione 2024-2025, fra denuncia dei tanti mali della contemporaneità e riflessione sul ruolo dell’arte 

In un 2025 scosso, durante l’estate, dagli inattesi e incomprensibili risultati delle commissioni ministeriali incaricate di valutare realtà e progetti candidati ai finanziamenti statali, i palcoscenici di teatri e festival italiani hanno cercato di essere, come voleva Shakespeare, specchio della realtà, riflettendo con spirito critico e creativa visionarietà su questioni che turbano la contemporaneità e che, allo stesso tempo, pongono in campo interrogativi di valore universale. Dalla cronaca delle tragedie in mare in A Place of Safety di Kepler-452 allo sfruttamento dei lavoratori dell’India e la violenza domestica in Lacrima di Caroline Guiela Nguyen; dall’esplosiva denuncia delle contemporanee sperequazioni sociali nello Zorro di Antonio Latella alla problematica indagine sul patriarcato in Brotherhood di Carolina Bianchi. E, ancora, la responsabilità morale dell’arte e degli artisti su cui si interroga Anagoor in Polittico dell’Infamia e, calando il discorso nel regime liberticida dell’Iran, We came to dance di Nasim Ahmadpour. 

Laura Bevione 

“Lacrima” di Caroline Guiela Nguyen 

Uno spettacolo kolossal – quattro ore senza intervallo, che scorrono veloci e incalzanti – incentrato sulla realizzazione del preziosissimo abito da sposa della principessa d’Inghilterra. La regista francese di origini vietnamita-indiana-algerina Caroline Guiela Nguyen, direttrice del Teatro nazionale di Strasburgo (TnS) e artista associata del Piccolo di Milano, costruisce un perfetto meccanismo drammaturgico e scenico, in cui s’intrecciano drammatiche storie personali e ironiche riflessioni sul mondo dell’haute couture e sulla sopravvivenza di istituti, quale la monarchia, divenuti oramai anacronistici in una contemporaneità fluida e tormentata. L’autrice e regista tratta con cura approfondita temi variegati – questioni di politica e di economia internazionale, i meccanismi perversi dell’altra moda, la rigidità del protocollo di corte, la violenza domestica e lo sfruttamento lavorativo – ma ciò che davvero colpisce è la sua capacità di indagare i moti più intimi dell’animo umano, quelli all’origine delle “lacrime” nascoste fra le pieghe di un abito da sposa ovvero fra gli strettissimi punti di un ricamo. 

“Lacrima” di Caroline Guiela Nguyen
“Lacrima” di Caroline Guiela Nguyen, ©Jean Louis Fernandez

“Brotherhood” di Carolina Bianchi 

Carolina Bianchi, Leone d’Argento alla Biennale Danza 2025, ha portato a Venezia il secondo capitolo della sua Trilogia Cadela Força, originata da una vicenda traumatica vissuta dalla stessa autrice-regista-performer brasiliana: uno stupro subito dopo essere stata sedata con la famigerata droga “buonanotte Cenerentola”. Da quell’esperienza, potenzialmente distruttiva, Bianchi trae linfa per i suoi lavori, in cui il personale è innesco di lucidissime indagini su maschile e femminile, potere e vulnerabilità. In Brotherhood l’artista mette in luce quei patti di mascolinità che non solo attraversano la storia dell’umanità ma, tuttora, pure il mondo del teatro e della letteratura, anche a causa del masochistico senso d’inferiorità femminile. Uno spettacolo denso di idee, spunti di riflessione inediti, problematiche cocenti ma anche un’immersione nel concretissimo immaginario dell’artista, abitato da violente realtà primordiali mai davvero affrontate e da consapevoli schizofrenie individuali.   

“Brotherhood” di Carolina Bianchi
“Brotherhood” di Carolina Bianchi

“We Came to Dance” di Nasim Ahmadpour e Ali Asghar Dasht 

La drammaturga Nasim Ahmadpour e il regista Ali Asghar Dasht, entrambi iraniani, sono i creatori di uno spettacolo di danza in cui non si danza: i quattro interpreti/oratori sono infatti seduti a un tavolo e rievocano episodi concernenti la censura cui le arti sono costantemente soggette in Iran. Titolo e ispirazione dello spettacolo derivano, infatti, dal divieto con cui, nel 2022, il governo di Teheran “invitava” i danzatori ad astenersi da qualsiasi attività legata alla loro disciplina, obbligandoli anche a dichiarare sui social che non avrebbero mai più danzato. Ma come è possibile soffocare una vocazione, un’arte che è anche un istinto? Com’è possibile trasformare degli artisti in cuochi e camerieri? We Came to Dance è serrato atto di resistenza alla censura e un’appassionata dichiarazione della non addomesticabilità dell’arte. 

“We Came to Dance” di Nasim Ahmadpour e Ali Asghar Dasht 
“We Came to Dance” di Nasim Ahmadpour e Ali Asghar Dasht ©Beatrice Borgers

“Polittico dell’infamia” di Anagoor 

Ispirato al romanzo Trittico dell’infamia del colombiano Pablo Montoya, lo spettacolo del collettivo veneto Anagoor (Simone Derai e Marco Menegoni) s’interroga sul ruolo dell’artista e su concetti universali quali responsabilità e memoria, violenza e sua rappresentazione. Seguendo Montoya, il lavoro si concentra sull’analisi – critico-sentimentale e non accademica – di due opere d’arte del Cinquecento: le incisioni con cui Theodore de Bry illustrò il trattato di Las Casas sul genocidio degli indigeni perpetrato dagli spagnoli; e Il Massacro di San Bartolomeo, dove François Dubois ritrasse la strage in cui perse moglie e figli. Un’analisi e una meditazione problematica condotte ricorrendo a un’armoniosa pluralità di linguaggi: la parola, il video, il canto, oggetti scenici simbolici – come un uccello leggendario. Il risultato è uno spettacolo fitto di parole e di visioni allusivamente possenti, concentrato e problematico, che parla simultaneamente al cuore e all’intelletto.  

“Zorro” di Antonio Latella e Federico Bellini 

Secondo atto – dopo Wonder Woman – del dittico che il regista Antonio Latella e il drammaturgo Federico Bellini hanno dedicato alla rilettura contemporanea e personalissima dei supereroi del XX secolo. Questo Zorro contemporaneo, incarnato da un quartetto di interpreti, è ancora il paladino dei poveri, anche se il suo aspetto lo fa assomigliare a un Elvis Presley redivivo. Latella e Bellini, d’altronde, realizzano uno spettacolo fiammeggiante e stratificato, in cui si parla di sperequazioni sociali e culturali, di teatro e modalità di rappresentazione della realtà, alternando ironia e indignazione, grottesco e reale, musica rap e pop, Un ragazzo di strada dei Corvi e Kiss di Prince. Un lavoro che scuote la passività dello spettatore, obbligandolo a prendere una posizione, non necessariamente positiva. 

“Zorro” di Antonio Latella e Federico Bellini, ph Masiar Pasquali
“Zorro” di Antonio Latella e Federico Bellini, ph Masiar Pasquali

“A Place of Safety” di Kepler-452  

Nell’estate del 2024 Enrico Baraldi e Nicola Borghesi s’imbarcarono sulla nave Sea-Watch 5, impegnata nel soccorso nel Mar Mediterraneo dei migranti gettati da trafficanti senza scrupoli su letali bagnaiole. I due artisti, fondatori della compagnia bolognese Kepler-452, raccolgono esperienze e pensieri, lacrime e denunce e li portano sul palcoscenico, facendoli raccontare dagli stessi protagonisti, ovvero alcuni dei soccorritori incontrati sulla Sea-Watch. È nato così A Place of Safety: non solo uno spettacolo di denuncia sociale né un mero documentario teatrale, bensì una riflessione su come e quanto l’Europa in quanto comunità e ogni singolo cittadino siano davvero disposti ad accogliere e, in generale, un punto interrogativo sullo stato dell’umanità. Senza retorica ma con autentica e attonita inquietudine…  

“A Place of Safety” di Kepler-452, Ph. Luca Del Pia
“A Place of Safety” di Kepler-452, Ph. Luca Del Pia


 

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Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

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