La fabbrica dei territori è un mosaico competitivo (con inevitabili contraddizioni)
Si torna a discutere dell’Italia come “eventificio”. Ma è veramente così? O questa polifonia di proposte è in realtà una ricchezza dei territori del nostro Paese?

Con la fine dell’estate il prof. Aldo Bonomi, chiamando in causa su Il Sole 24ore anche l’ottimo Andrea Cancellato, presidente di Federculture, torna a discutere della “fabbrica degli eventi” accusata di moltiplicare format effimeri e spettacoli senz’anima. Ma a ben guardare, la nostra forza non sta nell’uniformità o nella pianificazione centralizzata, ma piuttosto nella capacità dei territori di attivarsi in autonomia, con creatività e spirito imprenditoriale. È un mosaico disordinato, ma vitale, che nessun altro Paese europeo riesce a riprodurre.
Gli eventi in Italia
Pensiamo a Mantova, che da quasi trent’anni anima l’autunno con Festivaletteratura, nato dall’iniziativa di volontari e divenuto un appuntamento internazionale. O a Umbria Jazz, che a Perugia ha trasformato la città in un palcoscenico globale, attirando pubblico e turismo culturale. A Torino, le istituzioni e i privati hanno fatto di Artissima una piattaforma competitiva e riconosciuta a livello mondiale, in dialogo con altre fiere italiane come miart a Milano e Arte Fiera a Bologna.
Sul fronte dell’enogastronomia, Alba con la Fiera del Tartufo, Parma con Cibus e Verona con Vinitaly hanno costruito identità territoriali fortissime, capaci di competere non solo in Italia ma sul mercato globale. Lungo la dorsale adriatica, Rimini con il Meeting di CL e Senigallia con Summer Jamboree hanno dimostrato che anche città medie possono diventare hub di richiamo internazionale.

L’Italia policentrica della cultura
Ogni territorio si muove con le proprie forze, combinando istituzioni locali, associazioni, imprese, università, fondazioni. È un’Italia policentrica, in cui comuni e regioni si sfidano e si sovrappongono, ma generano fermento. Dove altrove si parlerebbe di frammentazione, qui si produce competizione virtuosa: Siena non aspetta Firenze, Matera non chiede a Bari, Gorizia lavora con Nova Gorica per diventare Capitale europea della Cultura.
Qualcuno rimpiange le stagioni della pianificazione totale, con un centro che stabiliva linee e strategie. Ma l’Italia non funziona così, e non deve vergognarsene. È un Paese di campanili che si misurano, di comunità che vogliono emergere, di città e borghi che provano a distinguersi. È il nostro bello e la nostra forza.
Pluralità e competizione negli eventi italiani
Dal Salone del Libro di Torino al Festival Filosofia di Modena, dal Giffoni Film Festival in Campania alla Biennale di Venezia, dalla Notte della Taranta in Salento a Bergamo e Brescia Capitale della Cultura e piccoli eventi di città e territori, considerati a torto minori, ogni esperienza dimostra che la pluralità e la competizione producono vitalità, attivano capitale sociale e attirano pubblico, investimenti e turismo.
Non una ruota del criceto, dunque, ma un mosaico di traiettorie divergenti che, messe insieme, raccontano, così come si fa quotidianamente qui su Artribune , un’Italia viva, imprenditoriale, sorprendente. Un’Italia che proprio nel pluralismo e nella competizione territoriale trova la sua originalità, e che per questo continua a distinguersi da qualunque altro Paese europeo.
Paolo Cuccia
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