A Roma una regista dirompente rilegge La Traviata in chiave femminista 

Sul palco delle Terme di Caracalla di Roma debutta, per la prima volta in Italia, Sláva Doubnerovà, performer slovacca di fama mondiale che, con le sue coraggiose regie, interpreta in un’ottica femminile e attuale le più grandi opere della storia

I grandi amori non finiscono mai, magari si rinnovano. Come dimostrano teatro, danza e opera lirica quando, nelle migliori interpretazioni, innescano la magia come se fosse “la prima volta”. In questo frangente si colloca La Traviata di Giuseppe Verdi firmata da Sláva Daubnerová, regista e performer slovacca, classe 1980, di fama mondiale, per la prima volta in Italia.  
L’artista, da tempo impegnata in una ricerca sulle donne e sulla femminilità, attinge a un immaginario visivo potente che spazia da Louise Bourgeois a Francesca Woodman e, dal 2020, ha abbandonato la carriera di performer per dedicarsi esclusivamente alla regia d’opera in chiave femminista che affronta sempre partendo da un’analisi del contesto e del tema di riferimento. 

La regia di Sláva Doubnerovà all’Opera di Roma per la Traviata
La regia di Sláva Doubnerovà all’Opera di Roma per la Traviata

La Traviata di Sláva Daubnerová alle Terme di Caracalla di Roma  

In relazione a La Traviata, la Doubnerovà, facendo un’immediata connessione tra le magniloquenti rovine delle Terme di Caracalla e l’etimologia del titolo, “donna decaduta, in rovina”, ha lavorato sul tema della morte. Come Alexandre Dumas (figlio) per la Dama delle Camelie, da cui poi ha tratto il libretto di Francesco Maria Piave, la regista è partita dalla storia vera di Alphonsine Plessis per mettere al centro il corpo e la psiche della protagonista, sottolineando la strettissima connessione tra malattia fisica e fragilità mentale. Come spiega lei stessa: “Il corpo distrutto di Violetta è una metafora della sua psiche, devastata dall’abuso sessuale infantile e dai successivi anni di prostituzione, che è diventata per lei un mezzo di sopravvivenza istintiva”. 

Una visione non edulcorata del dramma 

La regista ha sviluppato così una visione molto viva e concreta del dramma che si è tradotta in una messa scena dall’impianto muscolare, a tratti crudo e violento, ambientata in uno scenario distopico, al di fuori di ogni tempo. Nella Traviata della Doubnerovà l’immaginario coquette della Belle Époque cede il passo a inquietanti riferimenti clinici che convivono con elementi barocchi, con tratti che oscillano tra tonalità rock e fetish. Immaginario che la regista condensa nel toccante preludio in cui cigno bianco e cigno nero, metafora della malattia e dell’incombente morte di Violetta, si esibiscono in una struggente corografia, ove la prima ballerina, Federica Maine, si accompagna con le stampelle in un magistrale pezzo di bravura. 

La regia di Sláva Doubnerovà all’Opera di Roma per la Traviata
La regia di Sláva Doubnerovà all’Opera di Roma per la Traviata

Alle Terme di Caracalla una scenografia che colpisce   

Di carattere scenografico, un inaspettato, quanto letterale, coup de theatre che apre il terzo atto. Il colossale busto di donna con sigaretta, che aveva campeggiato prima ai margini e poi al centro della scena, si apre rivelando al suo interno, nell’intimità del seno, l’umile rifugio di Violetta, in una simbolica coincidenza tra cuore fisico e narrativo del dramma. Una scelta che rafforza e esaspera quella inedita e originale di separare gli amanti nel momento più struggente; per cui il loro ritrovarsi prima dell’ineluttabile addio finale, è solo di forma e non di sostanza perché non si traduce in una vicinanza fisica. Sláva Daubnerová, infatti, anziché porre Alfredo accanto a Violetta lo allontana per accostarlo al padre, in quella che si potrebbe leggere come la definitiva condanna della famiglia e dell’ideologia borghese; responsabili non solo della separazione degli amanti ma anche, indirettamente, di tutta la tragedia di Violetta, vittima di una società in cui essere donna, piacente e in origine anche povera rappresentavano “colpe” non tollerabili, atte dunque a giustificare le azioni più turpi. Un’interpretazione tanto cinica quanto realistica, ulteriormente acuita dall’insistenza posta dalla regista sull’inettitudine e la viltà di Alfredo, più eclatanti e gravi persino di quelle paterne. 

Sul palco delle Terme di Caracalla per l’Opera di Roma  

La Traviata di Sláva Daubnerová, quindi, non è solo contemporanea ma è decisamente umana, nella misura in cui i protagonisti dismettono i panni degli eroi tragici per vestire quelli di persone, con tutte le loro debolezze e fragilità; una metamorfosi operata dalla regista con la complicità di Alexandre Corazzola per le scene, Kateřina Hubená per i costumi, Ermanno Sbezzo per le coreografie e Alessandro Carletti per le luci, oltre che, naturalmente di corpo di ballo e Coro diretto da Ciro Visco dell’Opera di Roma. Sul palco, diretti dal maestro Francesco Lanzillotta, esperto belcantista, per una messa in scena vibrante, si sono esibite Corinne Winters e Hasmik Torosyan nel ruolo di Violetta; Piotr Buszewski e Oreste Cosimo nelle vesti di Alfredo; Luca Micheletti e Gustavo Castillo in quelle di Germont, padre del protagonista. Infine, Roberto Accurso, come Barone Douphol, Mattia Denti, come dottor Grenvil, Christian Collia, come Gastone e i talenti di “Fabbrica” Young Artist Program, Maria Elena Pepi, Sofia Barbashova, Alejo Alvarez Castillo, rispettivamente come Flora, Annina e il Marchese d’Obigny, hanno completato il cast. 

Ludovica Palmieri  

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Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri

Ludovica Palmieri è nata a Napoli. Vive e lavora a Roma, dove ha conseguito il diploma di laurea magistrale con lode in Storia dell’Arte con un tesi sulla fortuna critica di Correggio nel Settecento presso la terza università. Subito dopo…

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