Bruce LaBruce debutta a Napoli con un’opera ibrida e carica di erotismo
Il regista e artista canadese Bruce LaBruce porta a Napoli una performance queer dove il pubblico è protagonista e la città diventa corpo, desiderio e rivoluzione
Napoli, una delle città europee più stratificate e anarchiche, si apre all’immaginario denso e provocatorio di Bruce LaBruce (Southampton, 1964) come nessun altro luogo saprebbe fare. Tra desideri fluidi e visioni rituali, la città si lascia attraversare e trasformare. Il regista e artista canadese, icona del cinema queer, approda per la prima volta nel capoluogo partenopeo con La Magia dell’Uovo, progetto ibrido tra cinema, teatro e performance.
L’opera partecipativa di Bruce LaBruce a Napoli
Presentato il 23 luglio 2025 nella suggestiva Crypta Neapolitana, il lavoro non è un film nel senso tradizionale, ma una performance cinematografica partecipativa: gli spettatori diventano parte della scena, attraversando fisicamente e simbolicamente lo spazio sacro della città. Solo alla fine La Magia dell’Uovo diventerà anche un film: il materiale ripreso durante la performance sarà montato in forma cinematografica. Il testo è scritto dal drammaturgo Gian Maria Cervo, mentre la regia è firmata da LaBruce: insieme costruiscono l’opera come un rito collettivo.
“La Magia dell’Uovo”: un triangolo tra desiderio e identità
Il protagonista, interpretato da Roberto Caccioppoli, descritto da Cervo come un moderno Pulcinella, vaga per una Napoli atemporale, attraversando vicoli, teatri e luoghi archetipici della città. Nel corso dell’opera recita versi di Francesco Berni, richiama la tradizione della commedia dell’arte e rievoca l’eco profonda di una Napoli pagana, erotica e politica. Durante il suo percorso il personaggio principale incontra due figure chiave: un giovane e una donna. I tre danno vita a un triangolo amoroso e perturbante, in cui desiderio e identità si confondono. Questa dinamica, che riprende esplicitamente la struttura de Il Mare (1963) di Giuseppe Patroni Griffi, riattualizza quel sottile erotismo che attraversava il film. Come in quest’ultimo, anche nell’opera di LaBruce il protagonista abbandona casa e moglie per immergersi in una realtà sospesa, dove la finzione teatrale si intreccia con il rituale. A turbarlo è soprattutto la presenza ambigua del ragazzo, che mette in crisi il suo ruolo, la sua identità e la sua capacità di distinguere tra realtà e visione. La donna, a sua volta, si rivela un doppio, un riflesso, forse un’eco della moglie stessa.
Napoli come corpo e palcoscenico rituale di Bruce LaBruce
In questo gioco di specchi, Napoli non è un semplice sfondo, ma un corpo vivo: un teatro a cielo aperto, abitato dai fantasmi del passato e da archetipi queer, tra cui i sacerdoti di Cibele. Personaggi androgini e colorati riecheggiano il mito di Montevergine, un tempo noto come Monte di Virgilio e, ancora prima, Monte di Cibele. Un’eredità pagana che, in La Magia dell’Uovo, torna a pulsare come linfa sotterranea.
Ispirazioni letterarie e critica politica ne “La Magia dell’Uovo”
È importante menzionare che all’interno del testo teatrale è presente una critica esplicita a Ursula von der Leyen e alle derive del potere europeo, che LaBruce riesce a integrare nella sua opera in modo coerente con la sua visione artistica. “È solo una parte del problema”, chiarisce il regista. “Il film è molto di più: è una riflessione sulla resistenza culturale e politica di Napoli, sull’eros come linguaggio, sulla memoria e sull’identità”. In questi mesi il regista sta leggendo anche The Gallery (1951) di John Horne Burns, romanzo ambientato a Napoli nel Dopoguerra, che racconta in modo pionieristico esperienze omosessuali in ambito militare. Una lettura che si innesta perfettamente nell’immaginario queer e nella riflessione storica che attraversa il progetto. L’erotismo collettivo e mistico di Bruce LaBruce La Magia dell’Uovo, a differenza dei lavori precedenti del regista, non è esplicitamente pornografica, ma si rivela comunque un’opera profondamente carnale. Bruce LaBruce, che per anni ha fatto del cinema porno-queer un’arma di resistenza, sceglie qui una via più sottile, quasi mistica: un erotismo meno frontale, ma più denso. Un corpo collettivo, non individuale. Una città che non viene semplicemente descritta, ma incarnata, diventando così la vera magia dell’opera.
Marianna Santonicola
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