Il viaggio esistenziale dell’artista Enrico David in mostra al Castello di Rivoli di Torino
Pittura, ricamo, disegno e scultura. Sono eterogenee le opere che nel museo torinese sembrano rincorrersi in “Domani Torno”, prima mostra dell’artista marchigiano in Italia che, nella libertà dell’allestimento, evoca le fiere campionarie degli Anni Settanta
Si snoda nella manica lunga del Castello di Rivoli Domani torno, la prima retrospettiva italiana dedicata a Enrico David (Ancona, 1966), artista poliedrico e instancabile sperimentatore che, dalla metà degli Anni Ottanta, porta avanti una ricerca condotta con diversi medium e materiali. Una versatilità restituita dall’allestimento che, attraverso elementi sospesi, espositori rotanti, pedane da showroom, si snoda nella peculiare sala del museo evocando, con opere in bilico tra arte e design, l’atmosfera delle fiere campionarie degli Anni Settanta, da lui frequentate in gioventù con il padre. Come ha ricordato il direttore Francesco Manacorda, “l’esposizione ripercorre i tre decenni di carriera dell’artista, riportandolo integralmente nel nostro Paese con un percorso che, tramite il vasto corpus di oltre 100 opere e la visione d’insieme che lo spazio consente, offre uno sguardo non solo retrospettivo ma anche prospettivo sulla pratica di Enrico David, lasciandone presagire gli esiti futuri”.

La mostra di Enrico David al Castello di Rivoli di Torino
L’esposizione, frutto di una lunga conversazione tra l’artista e la curatrice Marianna Vecellio, nella sua apertura e libertà – espressi anche nel titolo – incarna gli elementi sostanziali della ricerca di David: la dimensione del viaggio inteso, in senso fisico e mentale, come capacità di attraversare luoghi, linguaggi e temperature emotive differenti; e quella, direttamente collegata, dell’impermanenza, del costante cambiamento come necessità e possibilità. Componenti che convivono nel fluire del percorso unite dal disegno, in particolare dalla linea, punto fermo dell’artista e, in questo caso, colonna portante del progetto.
Le opere di Enrico David (e non solo) nella manica lunga del museo torinese
Così, tra polarità discordanti, convivenze forzate e armonie improbabili Domani torno si sviluppa lungo una linea non cronologica, articolata in sei capitoli in cui l’artista, oltre a liofilizzare gli ambienti – come in Madreperlage o Il centro dei miei occhi è 160, a lavori noti, come Le Bave (Solar Anus), 2023 e altri inediti – ha voluto inserire alcune opere di maestri del Novecento provenienti dalla Collezione del Museo e, soprattutto, dalla Collezione Francesco Federico Cerruti; dove, a sua volta, David ha fatto suggestivi interventi. Così, secondo la visione dell’artista, i lavori di Felice Casorati, Giorgio De Chirico, Mario Giacomelli, Natalia Goncharova, Giacomo Manzù e Francis Picabia, si innestano nel tessuto espositivo come didascalie, nel senso etimologico del termine, assolvendo alla funzione di cammei, essenziali per la decodificazione di ciò che sta loro intorno.
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L’atmosfera da fiera campionaria Anni Settanta: un omaggio alla figura paterna
La forma narrativa, che è per l’appunto quella della fiera campionaria, oltre a consentire la serena convivenza di opere molto eterogenee, rappresenta un omaggio alla figura paterna che, seppur scomparsa precocemente, costituisce un saldo punto di riferimento nella pratica dell’artista. Come afferma lui stesso: “Mio padre, uomo di un’altra epoca, imprenditore nel dopoguerra, mi ha trasmesso la cultura del fare, dei materiali; conoscenze che in questa mostra ho adoperato come trampolino di lancio, facendo esplicitamente riferimento ad alcuni aspetti del mio rapporto con lui e con la sua attitudine al progresso”.
Al Rivoli l’uso del vernacolo come passe-partout affranca David dalle convenzioni
Ed è proprio il legame atavico con il mondo “del fare” adottato da David come vernacolo, l’escamotage che gli permette non solo vertiginosi e spericolati accostamenti, ma anche sfacciate incursioni nel marketing e nel design, senza rischiare di incorrere nel decorativismo. La dissonanza diventa la forma prescelta per raccontare “il dentro” di persone e rapporti. Perché, in una società proiettata sull’apparenza e l’alterità, David si sofferma sull’interiorità, esplorando, con il coraggio di un cosmonauta, le dinamiche interiori, tra intimi ristagni, psicosi e inaspettate armonie.
Ludovica Palmieri
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