Cartier e il Mito in mostra ai Musei Capitolini di Roma. L’evento espositivo tra marmo e gioiello

Alcune delle creazioni più prestigiose della Maison Cartier entrano in dialogo con le sculture antiche della collezione di Palazzo Nuovo. Ne abbiamo parlato con una delle curatrici della mostra

Per la prima volta nella sua storia quasi tricentenaria, il Palazzo Nuovo dei Musei Capitolini di Roma apre le proprie sale a una mostra temporanea. E non una qualunque: Cartier e il Mito ai Musei Capitolini rappresenta un incontro raro tra le creazioni della Maison francese e il patrimonio scultoreo della collezione del cardinale Alessandro Albani, nucleo fondativo del museo. Un percorso immersivo, multisensoriale e di respiro internazionale che (finoal 15 marzo 2026) indaga il rapporto fra classicità e gioielleria, fra mito e modernità.

Cartier e il Mito, Musei Capitolini, Roma
Cartier e il Mito, Musei Capitolini, Roma

La mostra “Cartier e il Mito ai Musei Capitolini”

La mostra, curata dalla storica del gioiello Bianca Cappello, dall’archeologo Stéphane Verger, dal Sovrintendente Capitolino Claudio Parisi Presicce, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura e Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, in collaborazione con la Maison Cartier e con il supporto di Zètema Progetto Cultura. L’allestimento, invece, è firmato da Sylvain Roca, arricchito da un sorprendente prologo scenografico di Dante Ferretti, maestro tre volte premio Oscar. Tutto nasce dal confronto rispettoso con il contesto museale, come racconta la curatrice Bianca Cappello: “In questo scrigno unico al mondo che è Palazzo Nuovo, ricco di sculture dal valore inestimabile, siamo entrati con grande rispetto, creando un allestimento che permettesse la visibilità di tutte le opere. Le teche, basse e discrete, sono pensate per agire in risonanza con le sculture”.
Ad aprire il percorso è proprio la spettacolare scalinata ideata da Ferretti, che avvolge il visitatore in una dimensione sospesa tra cinema e mito. “È un passaggio ascensionale verso il mondo degli dei, amplificato da proiezioni, specchi e un cielo divino ispirato alle incisioni di Piranesi”, racconta la curatrice. Mentre la suddivisione del percorso segue due direttrici: da un lato l’evoluzione cronologica delle creazioni Cartier ispirate all’antichità dal XIX Secolo a oggi; dall’altro il tema del mito, messo in relazione con reperti archeologici provenienti da musei italiani e internazionali.

La Cartier Collection in mostra a Roma

La Cartier Collection, nata negli Anni Settanta e oggi composta da 3.500 pezzi, è stata il serbatoio da cui attingere per costruire il racconto. “La prima sezione racconta la storia delle creazioni ispirate all’Antichità classica secondo una scansione cronologica e filologica; la seconda affronta il tema del Mito, creando collegamenti con l’oreficeria antica”, spiega Cappello. Il risultato è una narrazione che attraversa 170 anni di gusto europeo, dalle fascinazioni neoclassiche ottocentesche ai revival storicisti, dalla Belle Époque agli Anni Trenta di Jeanne Toussaint, fino alla sensibilità contemporanea, dove il mito non è più modello diretto, ma fonte di atmosfere e archetipi.

Bianca Cappello. Photo Sogand Nobahar
Bianca Cappello. Photo Sogand Nobahar

Il mito come specchio della modernità

Uno dei punti più sorprendenti svelati dal lavoro curatoriale è la complessità del rapporto tra Cartier e il mondo classico. “La mostra è frutto di due anni di studio ricchi di scoperte. Ci ha stupito la molteplicità di legami e narrazioni: dalle decorazioni, al riferimento a precise opere d’arte, fino al modo in cui l’antichità è stata riletta in epoche come il Rinascimento o la corte di Versailles”, racconta Cappello. Il mito non è dunque un semplice repertorio iconografico, ma un codice culturale in continua trasformazione, intimamente legato alle evoluzioni sociali, in particolare al ruolo della donna.
“Ogni volta che le donne hanno utilizzato il riferimento alle dee e alle figure iconiche dell’antichità per affermare la propria posizione, Cartier ha saputo tradurre questa esigenza in gioielli che parlano di forza, bellezza e autodeterminazione”.
Nelle sale del Palazzo Nuovo i visitatori scoprono come i motivi classici siano diventati “grammatica visiva” del gioiello moderno. “Il percorso offre molteplici livelli di lettura: il meandro, le onde, i racemi vegetali, la proporzione aurea… accanto a simboli mitologici come la freccia di Cupido, il nodo di Ercole o le perle legate al mito di Venere”, illustra Cappello. Video, suoni, grafica e installazioni olfattive di Mathilde Laurent trasformano questi riferimenti in un’esperienza sensoriale immediata. L’esposizione illumina anche l’intenso dialogo che la Maison ha avuto con l’Italia – e con Roma in particolare – sin dall’Ottocento: dall’influenza dei Castellani e della collezione Campana al Grand Tour culturale dei primi decenni del Novecento. “Un album ritrovato negli Archivi Cartier documenta un viaggio in Italia di Louis Cartier nel 1923. Roma non vi compare, forse proprio perché era già familiare”.

Cartier e il Mito, Musei Capitolini, Roma
Cartier e il Mito, Musei Capitolini, Roma

I dialoghi e la filosofia della mostra “Cartier e il Mito ai Musei Capitolini”

Tra i dialoghi più riusciti, Cappello cita i suoi preferiti: “Il busto di Livia rappresentata come Cerere ha ispirato una tiara Cartier del primo Novecento con spighe di grano in platino e diamanti. E il celebre mosaico delle colombe, noto già a Plinio, ha dato origine a un pendente in platino, diamanti, onice, zaffiro e pietra di luna”. Questi intrecci offrono ai visitatori nuove modalità di leggere anche le collezioni permanenti dei Capitolini. Uno dei concetti chiave della mostra resta il kosmos greco, inteso come ordine dell’universo e insieme come “ornamento” che prepara l’apparizione del corpo. “Il gioiello è sempre stato un modo per organizzare la nostra immagine. Lo abbiamo reso evidente accostando alla statua di Elena video, pagine di moda e sequenze di Isadora Duncan”, spiega Cappello. Qui il linguaggio antico diventa specchio delle trasformazioni identitarie del Novecento.
Mantenere un equilibrio tra suggestione artistica e fondamento storico-archeologico è stato uno dei punti più delicati. “Il rigore scientifico è alla base della narrazione. Il dialogo costante con Verger e Parisi Presicce è stato fondamentale”, sottolinea Cappello. Che crede il gioiello sia “un linguaggio universale, così come la mitologia e la filosofia greca. Sono codici inscritti nel DNA umano”. Un modo nuovo di leggere la classicità, e forse anche di leggere se stessi, che ha trovato sfogo in un percorso progettato per chi conosce bene la collezione capitolina ma anche per un pubblico internazionale.

Giulio Solfrizzi

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Giulio Solfrizzi

Giulio Solfrizzi

Barese trapiantato a Milano, da sempre ammaliato dall’arte del vestire e del sapersi vestire. Successivamente appassionato di arte a tutto tondo, perseguendo il motto “l’arte per l’arte”. Studente, giornalista di moda e costume, ma anche esperto di comunicazione in crescita.

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