A Bologna esordisce Galleria Diffusa, il progetto che divulga l’arte nei negozi del quartiere
L’iniziativa dall’artista americano Chadwick Meyer apre i locali commerciali della città agli artisti del posto che hanno talento ma poche occasioni
Siamo al Bar Maurizio, nel cuore di Bologna, uno dei locali storici della città frequentato da musicisti, artisti, scrittori e intellettuali. Tutte le mattine, alle 8.30, un artista americano prende un cappuccino e una brioche. In realtà, Chadwick Meyer non si definisce propriamente un artista, è un imprenditore, ha la sua attività, ma possiede una vena artistica. Ha esposto le sue opere, realizzate con cartone riciclato, in alcune gallerie con un discreto successo. “Sai quanti artisti ci saranno in questo bar che non hanno la possibilità di mostrare il proprio talento perché non hanno uno spazio?” esordisce Meyer. “Vedi quella ragazza seduta là? È una bravissima fotografa ma non ha mai esposto”. Gli artisti, in generale, hanno solo binari obbligati per ottenere visibilità e successo: costruirsi un curriculum esponendo nei musei o entrare in una galleria d’arte, sperando che qualche collezionista si innamori delle loro opere.
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Galleria Diffusa: l’arte in ogni angolo della città
“E se trasformassimo tutta la città in una grande galleria d’arte?”. Così è nata l’idea di Galleria Diffusa, un progetto di comunità che mira a rendere l’arte fruibile gratuitamente in ogni angolo della città. “Con l’aiuto della mia collaboratrice Giulia, siamo andati nei negozi del centro di Bologna chiedendo la disponibilità a ospitare gratuitamente un’opera di un artista”, spiega Meyer.
I due hanno mappato sul sito i negozi e luoghi culturali aderenti (attualmente sei) e iniziato a raccogliere le candidature degli artisti, che possono sottomettere le proprie creazioni. “In questo momento sono io il curatore artistico” racconta Meyer. “Ogni volta che un artista propone la propria opera, faccio una prima selezione che poi sottopongo ai negozi. Saranno loro a scegliere quale opera ospitare per un periodo, in base al proprio stile”. Per ogni artista viene creato un profilo ad hoc in modo da avere intanto una vetrina virtuale e poi, quando possibile, anche reale.

Un progetto espositivo collaborativo a Bologna
Per rendere il progetto il più possibile collaborativo, l’artista vuole coinvolgere studenti del DAMS che, come volontari, potranno aiutarlo nella valutazione delle opere: “Questo non è un progetto con fini di lucro ma nasce dal desiderio di offrire un palcoscenico, anche piccolo, a chi non ha l’opportunità di mostrarsi. E poi, certo, anche dai piccoli palcoscenici possono nascere grandi occasioni”.
Le linee guida per gli artisti sono elencate sul sito, ma sono indicazioni di massima: ad esempio, l’opera deve catturare lo sguardo, mostrare padronanza tecnica e ricerca, ed esprimere un messaggio chiaro e intenzionale.
Un modello diffuso che fa bene all’arte. E ai negozi
Per creare un case history, Meyer ha collocato le proprie opere della serie Second Chances (esposte in più sedi negli anni) in vari locali della città. Il progetto esplorava cosa significa essere umani in una cultura moderna “usa e getta”. “Avevo ricevuto tanta attenzione da questo progetto, ma la galleria che mi ospitava aveva solo un tempo limitato per esporre le opere. Ho impiegato cinque anni a realizzare le mie opere e vederle finire in uno scantinato mi sembrava uno spreco. Così abbiamo mostrato alcune foto ai negozi, che hanno risposto con interesse”.
In quel momento, Meyer ha capito che molti artisti si trovano nella sua stessa situazione. “Con Galleria Diffusa non aiutiamo solo gli artisti, ma anche le attività commerciali e contribuiamo a diffondere la cultura” aggiunge. “In effetti” interviene Carlotta, seduta al tavolino accanto e attenta alla conversazione, “l’altro giorno, nella vetrina di un negozio dove non ero mai entrata, ho visto una tua opera, Chad. Mi ha incuriosita, sono entrata… e ne sono uscita con dei bicchieri nuovi!”.
“Hanno iniziato a scrivermi artisti anche da Ferrara, ed ho pensato che sarebbe bello che il progetto diventasse “open source” ossia che ogni città possa replicarlo”. L’idea è proprio quella di esportare il modello Galleria Diffusa, in modo che possa essere replicato in altre città. “Mi piacerebbe supportare chi vuole entrare nel nostro network. Abbiamo già un sito che funziona bene: possiamo inserire nuove città, nuovi negozi, far crescere la rete e fare in modo che l’arte abbia la visibilità che merita”.
Federico Bastiani
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