“Le nostre città stanno perdendo la bellezza dell’imprevisto” dice l’urbanista Elena Granata
La fotografa Silvia Camporesi dialoga con l’urbanista Elena Granata sulle metamorfosi delle città. Ecco la video intervista
Qualche mese fa ho incontrato Elena Granata nel suo affascinante studio milanese, per discutere dei territori che abitiamo e delle forme, spesso invisibili, attraverso cui li interpretiamo. Urbanista e docente al Politecnico di Milano, Granata indaga da anni, con rigore analitico e una sensibilità rara, le metamorfosi delle città e il rapporto dinamico che instaurano con chi le attraversa.
Elena Granata e la città contemporanea
Per Einaudi uscirà a breve il suo nuovo libro, La città è gratis: un titolo che anticipa il cuore della sua riflessione. La città contemporanea, infatti, si è progressivamente trasformata in un dispositivo di possibilità a pagamento, uno spazio in cui ogni gesto, perfino il semplice sostare all’ombra, sembra ormai avere un prezzo. L’overtourism che affligge molte città italiane ha generato effetti a cascata sull’esistenza quotidiana dei residenti: la difficoltà crescente nel trovare appartamenti in affitto, l’aumento dei prezzi dei beni essenziali, l’omologazione dell’offerta commerciale ridotta spesso a negozi di souvenir, la riconversione dei servizi per i cittadini in “esperienze” confezionate per i turisti. Sono città in cui le amministrazioni, nel perseguire decoro e ordine urbano, finiscono talvolta per sterilizzare la spontaneità, la bellezza dell’imprevisto e persino quel caos vitale che, paradossalmente, ricerchiamo quando ci spostiamo verso luoghi esotici in cerca di autenticità.
Gli spazi pubblici devono riappropriarsi della dimensione umana
Elena Granata, nei suoi libri e nelle sue conferenze, insiste sulla necessità di restituire una dimensione autenticamente umana agli spazi pubblici. Le sue ricerche mostrano come le città, per essere luoghi vivibili, debbano tornare a mettere al centro le relazioni, la permeabilità degli spazi, la possibilità di incontrarsi senza dover consumare. Per questo invita urbanisti e amministratori a progettare con uno sguardo lungo, capace di tenere insieme clima, mutamenti sociali, fragilità economiche e risorse ambientali: elementi che non sono più variabili esterne, ma condizioni strutturali dell’abitare contemporaneo.
Come progettare la città contemporanea
Nella sua prospettiva, le nuove architetture non possono limitarsi a essere oggetti formali: devono diventare dispositivi di cura, ecosistemi che dialogano con il paesaggio, regolano il microclima, favoriscono la biodiversità e creano qualità quotidiana. Una città ben progettata, suggerisce Granata, è quella che permette ai corpi di muoversi liberamente, alle comunità di riconoscersi, agli individui di sentirsi parte di un sistema vivo; non un palcoscenico turistico, né un set regolamentato, ma un ambiente che sostiene la vita nel suo ritmo ordinario.
Silvia Camporesi
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