A Milano arriva in teatro il racconto autobiografico della scrittrice ungherese Ágota Kristóf 

Dopo aver portato in scena “Trilogia della città di K.”, capolavoro della scrittrice ungherese, l’attrice Federica Fracassi e Fanny & Alexander ne affrontano l’opera, dolorosamente autobiografica, “L’analfabeta” al Teatro Studio Melato

Qualche giorno dopo il debutto al Teatro Vascello di Roma, è arrivato il 23 ottobre sul palcoscenico del Teatro Studio Melato di Milano l’adattamento per la scena del racconto autobiografico L’analfabeta, scritto dalla scrittrice ungherese, esule in Svizzera, Ágota Kristóf (Ungheria, 1935 – Svizzera, 2011). Lo spettacolo, prodotto da E Production, Piccolo Teatro di Milano, Teatro Stabile di Bolzano, in collaborazione con Romaeuropa Festival, Olinda/TeatroLaCucina, AMAT e Comune di San Benedetto del Tronto , è la seconda tappa del percorso di indagine e restituzione inventiva dell’universo, onirico e per certi versi feroce, dell’autrice avviato dall’attrice Federica Fracassi e da Fanny & Alexander (Chiara Lagani e Luigi Noah De Angelis) con l’assai apprezzata messinscena di Trilogia della città di K nell’autunno 2023. 

L'analfabeta, Federica Fracassi. Photo Masiar Pasquali
L’analfabeta, Federica Fracassi. Photo Masiar Pasquali

Di che cosa parla il racconto “L’analfabeta” di Ágota Kristóf 

Nata in Ungheria nel 1935, la scrittrice Ágota Kristóf fugge in Austria con il marito a pochi mesi dalla nascita della figlia, in seguito alla repressione dei moti di Budapest del 1956. Da lì, vive un’esistenza da profuga – sebbene l’esilio fosse stata una scelta subita per assecondare il compagno più che volontariamente adottata – che la conduce quasi casualmente in Svizzera, a Neuchâtel (dove vivrà fino alla morte, nel 2011). Qui la scrittrice si mantiene lavorando in una fabbrica di orologi, impiego che non le impedisce, anzi pare offrirle, la condizione quasi ideale, per coltivare la propria vocazione letteraria. Sopravviene però il problema della lingua: il materno ungherese scalzato dal francese, lingua “nemica”, appresa con riluttanza e fatica. E proprio di questo corpo a corpo con il francese e, soprattutto, dell’impossibile integrazione nel nuovo paese, parla Kristóf nel racconto L’analfabeta (edito in italiano dalla casa editrice ticinese Casagrande nel 2005); titolo emblematico nel sintetizzare lo status che l’autrice riconosceva a sé stessa: in quel nuovo contesto, così lontano dalla terra d’origine, deprivata delle lettere, delle parole per esprimere i propri sentimenti e affermare il proprio essere al mondo.  

L'analfabeta, Federica Fracassi. Photo Masiar Pasquali
L’analfabeta, Federica Fracassi. Photo Masiar Pasquali

Com’è costruito lo spettacolo “L’analfabeta” Teatro Studio Melato di Milano 

Come già avveniva nella parte inziale della versione teatrale di Trilogia della città di K., Federica Fracassi diviene realmente Ágota Kristóf, con una somiglianza che fa dell’attrice una sorta di inquietante – e inquieto – Doppelgänger. Seduta a un tavolo di lavoro, intenta a limare gli ingranaggi degli orologi ovvero a tracciare qualche parola su un figlio di carta nascosto in un cassetto, Fracassi/ Kristóf veste una scura tuta da lavoro, gli occhialini tondi e il corto caschetto bruno. La vediamo dietro uno schermo trasparente, un led wall ad altissima definizione sul quale vengono proiettati, sia l’immagine dell’attrice in presa diretta, sia i volti dei personaggi man mano evocati – tutti incarnati da Fracassi, in una costante metamorfosi – sia brevi video di astratta eloquenza. Una scelta registica raffinata e tecnicamente impeccabile, capace di ricreare quell’atmosfera sospesa fra realismo e onirismo; presente implacabile e fallace memoria, che caratterizza la scrittura di Kristóf. Un micromondo concreto e nondimeno disincarnato, attraversato dal ticchettio preciso degli orologi e immerso nella penombra di un’esistenza mai serena. 

L'analfabeta, Federica Fracassi. Photo Masiar Pasquali
L’analfabeta, Federica Fracassi. Photo Masiar Pasquali

Qual è il significato dello spettacolo “L’analfabeta” di Ágota Kristóf in scena a Milano 

Una lotta costante con la lingua, combattuta con gli inseparabili dizionari – granitiche verità in una vita ognora riplasmata e riadattata a circostanze perlopiù mai volontariamente ricercate – e con la scrittura, vocazione precoce ed essa sì consapevolmente e tenacemente assecondata. L’analfabeta dice, con le parole secche e precise di Kristóf, il disorientamento costante del profugo cui neanche la sopraggiunta sicurezza – anzi, non troppo paradossalmente, proprio quella – dona la pur agognata serenità. C’è, poi, il racconto, mai patetico né retorico, di un’infanzia trascorsa all’insegna della povertà e dell’abbandono, e quello della fuga notturna attraverso i boschi neri fra Ungheria e Austria. C’è la descrizione di una routine casa-lavoro-casa di esiziale monotonia e c’è la conquista, faticosa e mai davvero conclusa, della padronanza nel francese, lingua che, fra l’altro, la scrittrice adottò per le sue opere, anche per questo caratterizzate da una disadorna, ma potentissima, essenzialità. C’è tutto questo in uno spettacolo esso stesso privo di fronzoli, registici e attoriali, e contraddistinto da un’esattezza che è eloquente correlativo oggettivo di una partita inevitabilmente ma dignitosamente persa contro un fato malevolo.   

Laura Bevione 

Libri consigliati:  

(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)   

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Laura Bevione

Laura Bevione

Laura Bevione è dottore di ricerca in Storia dello Spettacolo. Insegnante di Lettere e giornalista pubblicista, è da molti anni critico teatrale. Ha progettato e condotto incontri di formazione teatrale rivolti al pubblico. Ha curato il volume “Una storia. Dal…

Scopri di più