Esperimenti d’artista a Parigi: la mostra di Arianna Carossa in un laboratorio scientifico
All’Istituto Pasteur la mostra “Destiny” fa incontrare arte e scienza per riflettere sull’importanza dell’individuo in un mondo in cui ci sentiamo sempre condizionati dall’esterno
Circa un anno fa vi avevamo raccontato di un esperimento nato dall’idea di un ricercatore dell’Istituto Pasteur di Parigi, Germano Cecere, e dell’artista Arianna Carossa (Genova, 1973), invitata a creare opere site-specific all’interno di un laboratorio di epigenetica, dove si studiano DNA, fenotipi e genotipi. Da quel momento, la mostra Destiny si è sviluppata come un intervento artistico immersivo e profondo, con un progetto che ha incluso installazioni permanenti e temporanee, alcune delle quali entreranno a far parte della collezione del Museo Pasteur.
“Destiny”: il laboratorio all’Istituto Pasteur di Parigi
L’origine di Destiny è una domanda personale, urgente, quasi filosofica: dove sono io? In un mondo in cui la nostra identità sembra determinata da fattori genetici – il DNA –, dall’educazione ricevuta, dalla cultura, e oggi anche dall’epigenetica che ci parla di esperienze tramandate biologicamente, quale spazio resta per l’individuo? Abbiamo davvero un margine di manovra o siamo semplicemente ingranaggi in un pattern che si ripete? Queste domande sono diventate il centro della ricerca artistica di Arianna Carossa e la mostra si è sviluppata come un percorso all’interno di questi interrogativi, coinvolgendo direttamente gli spazi vivi della scienza e i suoi protagonisti: i ricercatori.

Arianna Carossa tra libertà e condizionamenti
Con Inspira, espira l’artista ha recuperato nei sotterranei dell’Istituto Pasteur delle taniche di nitroglicerina che ora ospitano al loro interno delle mani che tentano di uscire. Dalle taniche si diffonde un audio: risate. La risata – atto spontaneo di liberazione – è, però, qui contenuta e nascosta, percepibile solo come un’eco. Un suono di libertà trattenuto, compresso, che interroga il visitatore su quanto di ciò che crediamo autentico sia, in realtà, condizionato o represso. Questa installazione riflette sulla possibilità di “uscire dal pattern”. “La mia risposta è: sì, attraverso il vuoto, attraverso la meditazione impariamo a gestire l’horror vacui. Il vuoto, spesso temuto, è lo spazio di libertà”, spiega Arianna Carossa.
Una mostra per unire mente e corpo
Nell’installazione Milky Constellation dei capezzoli realizzati in terracotta sono disposti come stelle sulla parete del laboratorio. Un gesto ironico e insieme sacro, che fonde nutrimento e cosmo, origine e dispersione. Un richiamo al corpo come mappa stellare, come universo generativo. Il corpo è centrale anche in Loto Meccanico, un’imponente scultura che mostra le gambe dell’artista nella posizione del loto mentre si sollevano verso l’alto utilizzando un cric. È un’immagine paradossale – l’ascesa spirituale supportata da uno strumento meccanico – che genera una riflessione sull’equilibrio fra corpo, mente e volontà. In Mani in gabbia, invece, delle piccole mani si muovono freneticamente, come criceti, all’interno di contenitori metallici trovati nei laboratori. Le gabbie sono aperte, ma le mani non escono, in un’allegoria della mente condizionata. Anche quando la via d’uscita esiste, potremmo non vederla.
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La collaborazione tra artista e scienziati
Arianna Carossa ha anche condotto un workshop di due mesi con i dottorandi dell’Istituto Pasteur, insegnando loro a usare la parte destra del cervello – quella più legata all’intuizione e alla creatività – attraverso tecniche artistiche e meditative. È stato un momento di scambio potente tra linguaggi differenti: arte e scienza, ragione e immaginazione, rigore e intuizione. Destiny non è solo una mostra, ma un’esperienza, una riflessione sul libero arbitrio, sui condizionamenti invisibili e sulla possibilità – rarefatta, ma reale – di trasformazione.
Paolo Bompani
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