A Venezia il primo progetto della nuova Nicoletta Fiorucci Foundation

La Nicoletta Fiorucci Foundation ha inaugurato nel suo nuovo spazio veneziano con un’installazione site-specific di Tolia Astakhishvili che trasforma l’architettura in un corpo vivo ed energico

La Nicoletta Fiorucci Foundation inaugura il suo nuovo spazio veneziano con to love and devour, un’installazione site-specific di Tolia Astakhishvili (Tbilisi, 1974), a cura di Hans Ulrich Obrist. L’artista georgiana ha abitato l’edificio per mesi, trasformandolo dall’interno e invitando altri artisti a partecipare al processo. L’intervento si innesta nella storia stratificata del palazzo in Dorsoduro 2829 – da proprietà del priorato di Sant’Agnese in affitto a delle giovani orfane, fino alla modifica in studio d’artista di Ettore Tito – per farne emergere energie carsiche, liberate attraverso una pratica che non separa mai i luoghi dalle loro cicatrici.

Stanze erose e corpi esposti nell’installazione ambientale di Tolia Astakhishvili a Venezia

La mostra si dispiega su più piani in forma di architettura erosa, dove stanze e corridoi sembrano moltiplicarsi in un labirinto di percorsi ciechi. L’ingresso non è segnalato: solo una porta aperta e qualche fotocopia del comunicato stampa. Una volta dentro, il visitatore incontra muri parzialmente abbattuti, altri mantenuti come tracce di divisioni passate, e nuove compartimentazioni che rendono lo spazio ambiguo. In I love seeing myself through the eyes of others (2025), ad esempio, le pareti opache consentono solo di scorgere ombre dall’interno. Il percorso alterna fotografie, disegni e pitture a resti di materia architettonica: tubature sospese prive di funzione non trovano un rifugio cementizio che le accolga, detriti ingombrano il pavimento, finestre schermate da carta gialla immergono le stanze in una luce calda. Al piano terra un tavolo incorpora nella sua superficie posate e stoviglie, mentre il bagno principale – spoglio di porte e pareti – espone la vulnerabilità del corpo. Il lavoro di Tolia Astakhishvili mette in discussione le gerarchie stabilite tra individui, architettura e oggetti. I suoi disegni raffigurano anatomie fuse con muri e pavimenti, entità che hanno perso centralità e ordine. L’edificio stesso si comporta come un corpo, sottoposto a vivisezione: pareti aperte, organi mancanti, tubature che non trovano più un contenitore. Questo processo di smembramento non restituisce solo una condizione di disorientamento, ma abbraccia lo smarrimento come condizione necessaria. L’artista non cerca di ricomporre, bensì di mostrare il collasso delle strutture gerarchiche che reggono lo spazio domestico.

Dialoghi sotterranei fra tempo e architettura a Venezia

In questa prospettiva, il lavoro di Tolia Astakhishvili dialoga con quello di Pierre Huyghe, che al Castello di Rivoli aveva esplorato il rapporto tra architettura e stratificazione temporale. In Timekeeper (1999/2001) l’artista francese aveva sabbiato una parete della Vienna Secession, rivelando gli strati colorati apposti in occasione delle mostre passate, ottenendo un’immagine simile ai cerchi concentrici di un tronco. Tolia Astakhishvili, al contrario, abbraccia l’assenza del corpo murario nella sua integrità, lasciando solo tubature scoperte e divisioni fantasmatiche. A sua volta Float (2004), altro lavoro di Pierre Huyghe, un pallone di carta gonfiabile che riempiva l’interno dell’ultimo piano del Castello di Rivoli, nasceva dalla volontà di rendere l’edificio permeabile, instabile, in dialogo con il mondo esterno. È la stessa fragilità dei confini che Astakhishvili esplora, rendendo l’edificio un corpo vulnerabile, aperto alle energie sotterranee della sua storia.

L’arte per vivisezionare storia e memorie alla Nicoletta Fiorucci Foundation

Un ulteriore parallelo si può tracciare con il lavoro di Alessandra Ferrini, che in Gaddafi in Rome (2022) utilizza la metafora anatomica per andare progressivamente a fondo, impiegando l’arte come strumento di vivisezione della storia collettiva. In modo analogo, Tolia Astakhishvili applica questo approccio alle energie latenti legate alle vite e alla storia di cui l’abitazione è pregna. Pur lavorando con medium differenti – Alessandra Ferrini attraverso video e pratiche di ricerca basata sulla documentazione, Tolia Astakhishvili con installazioni, pittura, disegno e fotografia – entrambe affrontano la materia da sezionare. In questo senso, il gesto di Tolia Astakhishvili si inscrive nella stessa logica archeologica e chirurgica, scavando nella memoria del luogo e lacerando la materia architettonica fino a esporne le viscere. L’edificio in Dorsoduro smette di essere un semplice contenitore: diventa un organismo segnato da traumi, che vive e muore con chi lo abita. Varcarne la soglia significa accettare lo smarrimento, riconoscere che l’esperienza estetica può nascere dalla fragilità, dalla perdita di orientamento e dall’esposizione radicale al tempo.

Mattia Caggiano

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Mattia Caggiano

Mattia Caggiano

Mattia Caggiano (Asti, 1999) è un giovane critico e teorico dell'arte, con base a Venezia e Torino. Il suo lavoro si concentra su temi legati all'installazione ambientale e all'interazione tra l'opera d'arte e il contesto circostante. Attraverso un approccio ricco…

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