“Qui dentro sopravviverai alla notte”. È questo il senso dei bivacchi che, al contrario di baite e rifugi, non aprono le porte a tante persone, ma a pochissime, a volte solo a una. Non c’è gestione, non ci sono orari, non esiste ristoro, ma solo quattro muri e un tetto. A volte anche di design. Sì, perché sempre più architetti si sono appassionati a questi progetti quasi primordiali, semplici, luoghi dove passare la notte, vedere l’alba e ripartire. Una dimensione archetipica che è diventata per molti studi italiani e internazionali quasi un manifesto progettuale, dove sostenibilità e innovazione si incontrano nella sfida più antica: proteggere l’uomo nell’ambiente estremo. Un tema affrontato da “Pensare come una montagna”, programma culturale diffuso della GAMeC di Bergamo, con seminari, incontri, workshop e mostre, come quella di EX. (Andrea Cassi e Michele Versaci) che si svolge nello Spazio Zero e anticipa la realizzazione del nuovo bivacco Aldo Frattini sulle Alpi Orobie, immaginato come una sede estrema della GAMeC in alta quota.
Bivacco come architettura di ricerca
È ancora allo stato di progetto il Bivacco della Contemplazione, in Val Gabbiolo, nelle Dolomiti trentine, firmato da SSA Simone Subissati Architects in occasione del concorso indetto da CAI e Fiamme Gialle. È una struttura a forma di capanna, leggera, ecocompatibile, resistente alle azioni di vento, neve, acqua. Sulle falde laterali spicca una fascia giallo-arancia verniciata a pigmenti luminiscenti, ma in equilibrio con l’ambiente circostante, che le garantisce visibilità a grande distanza. Nelle Dolomiti trentine, poco sotto la cima della Vigolana, su uno sperone roccioso a 2030 metri, si trova il Bivacco Vigolana o Giacomelli, che sostituisce quello posato nel 1966. Intitolato a Giambattista Giacomelli, è stato inaugurato il 4 settembre 2016.
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Bivacchi e rifugi
Ha un disegno a tronco di piramide rovesciata, con un interno luminoso che si apre sull’esterno con cinque superfici vetrate. Il colore e la forma riprendono la linea di montagna che si disegna tra le guglie della Madonnina e del Frate. Il Rifugio Pradidali, che si trova a 2278 metri, nel cuore delle Pale di San Martino ha inaugurato alcuni anni fa il suo bivacco, di proprietà della Sezione di Treviso del CAI. È stato progettato dagli Ingegneri Architetti Giacomo Longo, Lucia Pradel e Andrea Simon dello Studio Mimeus. Si presenta come un piccolo volume compatto segnato dal taglio verticale dell’ingresso, che prosegue sino alla copertura con le vetrate del secondo livello da cui si può godere di una splendida vista sulla Cima Canali.

Spostandosi nel vallone valdostano di Vertosan, spicca il Bivacco Brédy, la proposta vincitrice di un concorso su invito organizzato da YACademy e Cantieri d’Alta Quota per conto della famiglia Brédy che voleva ricordare il figlio Claudio, scomparso nel 2017 durante un’escursione alpina. L’intera struttura, progettata dallo studio BCW Collective, ha la forma di un telescopio con una grande apertura che incornicia il Gran Paradiso. Un orientamento che funge anche da strategia di progettazione ambientale, massimizzando il guadagno solare per riscaldare l’interno anche nei mesi freddi. Ricorda lo sci alpinista scomparso, Edoardo Camardella l’omonimo bivacco, che si trova a La Thuile, sul ghiacciaio del Ruitor, a 3357 metri di altezza. Studiato dai professionisti di Progetto CMR, guidati da Massimo Roj, è composto da due blocchi e avvolto in un involucro prefabbricato ad alte prestazioni di isolamento. Oltre ad accogliere fino a sei persone ospita una stazione meteo, realizzata ex novo grazie a Meteo.it, ad oggi la più alta delle Alpi Graie e una delle più alte d’Europa, che raccoglie dati utili al monitoraggio di parametri sensibili rispetto al cambiamento climatico, tra cui l’innalzamento medio della temperatura, velocità del vento e pressione atmosferica.
Bivacchi dall’Austria all’Armenia
Tra gli altri esempi di come il bivacco rappresenti un “manifesto” dell’abitare il mondo senza distruggerlo c’è il Voisthaler Hut, nell’alta valle dell’Upper Dullwitz in Stiria, la regione più boscosa dell’Austria. Lo studio Dietger Wissounig Architekten ha puntato sulla semplicità utilizzando doghe sfalsate di legno che sono state lasciate non trattate in modo che l’aspetto della capanna si fonda con l’ambiente.
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Con le forme più audaci sono le strutture firmate in Slovenia da OFIS Architects: l’Alpine Shelter Skuta, sul monte Skuta, nelle Alpi di Kamnik, che ha sostituito una struttura costruita 50 anni prima, e la Winter Cabin, sul monte Kanin, un piccolo e compatto volume per scalatori esperti. E, infine, non potevano mancare strutture che sono a metà strada tra bivacchi e opere d’arte, realizzate da Daniel Zamarbide, Carine Pimenta and Galliane Zamarbide, di BUREAU. Sono Antoine, piccola cabina di legno, nascosta all’interno di una roccia di cemento, a Verbier, dove è possibile entrare e nascondersi liberamente, e il Séraphin of Urtsadzor, nelle montagne del Caucaso Armeno, nato da un workshop realizzato in collaborazione con studenti armeni e internazionali, che hanno ideato un piccolo ambiente di paglia e roccia che fornisce riparo a tutte le creature viventi.
Luisa Taliento
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