La geografia è destino. La mostra di Daniela d’Arielli da Ceravento a Pescara
Primo progetto site specific dello spazio di condivisione artistica abruzzese, la mostra accomuna due temi solitamente distanti, facendoli trovare in un punto comune: il mare
La geografia e il destino sono due concetti apparentemente lontani e privi di punti di contatto: è l’artista Daniela d’Arielli ad avvicinarli, spingendoli a dialogare per abbracciare la complessità dell’esistenza. Le opere di d’Arielli, la cui personale è ospitata alla galleria Ceravento di Pescara, hanno come punto d’incontro è il mare, una realtà fisica e biologica, ma misteriosa e imprevedibile, che coinvolge il tema del viaggio.

La mostra personale di Daniela d’Arielli da Ceravento
Aperta fino al 13 settembre, la personale La geografia è destino – un titolo tratto dal romanzo Exit West di Mohsin Hamid, mediato dalla lettura di Scellerate di Antonella Finucci – è il primo progetto site specific dello spazio di condivisione artistica abruzzese aperto nel 2023 e diretto da Loris Maccarone. Il percorso si articola attorno a una selezione di opere, tra cui una serie di 156 acquerelli eseguiti su buste da lettera trattate con acqua di mare. L’acqua, sulla scorta del testo L’Antropologia dell’acqua. Riflessioni sulla natura liquida del linguaggio di Anne Carson, è dopotutto un grande filo conduttore della mostra.

Le opere di Daniela d’Arielli dedicate ai porti italiani
Alcune buste, dedicate ai quattro porti abruzzesi e a Lampedusa, sono impreziosite da una piccola stella dorata in oro 24 carati, simbolo di geografia e destino. “Non tutte le considerazioni sono durature: alcune si dissolvono nel tempo, o rimangono scritte in una lettera mai spedita, chissà, rimasta in una busta chiusa pitturata d’oro”, scrive Giulia Palladini nel testo critico che accompagna la mostra. “Altre considerazioni cambiano i suoni in cui sono articolate: quando la lingua si affolla di altri linguaggi (come sempre accade, quando si migra) le parole scoloriscono e si ricompongono. Altre volte succede che le parole si perdano: come in un naufragio, da cui neppure la carta è fatta salva”.
Chi è l’artista Daniela d’Arielli
Nata a Ortona nel 1978, Daniela d’Arielli lavora spesso in dialogo con l’elemento dell’acqua, e la sua pratica privilegia il processo, i progetti a lungo termine e le installazioni site specific. Si confronta con un’ampia varietà di materiali e tecniche prediligendo l’utilizzo della pittura, della fotografia e il tessile. Ecco l’intervista.
Geografia e destino. Due parole che ricorrono all’interno del progetto, a partire dal titolo. Che valore dai a questi due concetti?
Geografia e destino sono due parole aperte, piene di possibilità, apparentemente distanti, eternamente attuali e che sollevano tante domande. La geografia è il modo in cui l’essere umano descrive, interpreta e studia lo spazio che abita. Le carte geografiche sono dei disegni, degli artefatti, che mi affascinano molto, sono degli strumenti di potere e rivendicazione. Le mappe reificano e agiscono sull’immaginario e sulla nostra percezione del mondo. Il destino viene considerato, invece, come una forza che agisce sulla vita al di fuori dal libero arbitrio, come l’insieme imponderabile delle cause che si pansa abbiano determinato (o stiano per determinare) gli eventi della vita. Nel titolo La geografia è destino i tanti concetti dietro queste due parole si mettono in relazione e raccontano alcuni degli intenti della mostra: lo spostamento, il viaggio sia fisico che emotivo, la partenza, l’approdo, l’idea di appartenenza, la ricerca di identità, di casa.
Per Ceravento si tratta della prima mostra site-specific. Come hai concepito il progetto? Quanto è stato stimolante stabilire un dialogo con lo spazio e la sua anima?
La mostra è stata ideata appositamente per gli spazi della galleria Ceravento in un dialogo attento e continuo con il gallerista Loris Maccarone. Tutti i lavori presentati sono stati realizzati nei mesi precedenti la mostra. Progetti di questo tipo sono momenti di grande crescita perché mi permettono di instaurare rapporti umani carichi di scambio, cura e professionalità. Stabilire un dialogo con lo spazio è un atto che sento necessario in una ricerca di relazione profonda con il posto che ospita me e il mio lavoro, le persone che lo vivono e lo hanno creato.
Tra le opere esposte figurano 156 acquerelli eseguite su buste da lettera trattate con acqua di mare, omaggio poetico ai porti d’Italia. Una scelta forte, in un tempo in cui i porti vengono chiusi…
“Le leggi del mare sono diverse da quelle che valgono sulla terraferma: sono più essenziali. In mare non ci sono stranieri o cittadini, clandestini o rifugiati, ma solo naviganti e naufraghi. I primi sono costretti da una legge naturale a soccorrere i secondi. Perché tutti i naufraghi sono naviganti, tutti i naviganti potrebbero diventare naufraghi. (…) Per certi versi chiudere i porti è solo un hashtag, in realtà nasconde la decisione di non soccorrere più chi parte, la volontà, in alcuni casi, di abbandonare i vivi e i morti in mare, contro la legge fondamentale che impone di salvare un naufrago in balia delle onde. (…) Soccorrere i naufraghi, strappare dalle onde chi sta affondando è un dovere per ogni marinaio, per ogni nave. È la legge del mare. (…) Rifiutare un soccorso e un attracco comporta la violazione di molte convenzioni internazionali inoltre si tratterebbe di una violazione sistematica delle leggi del mare. Chi vince le elezioni governa, ma entro la cornice della legge, altrimenti si rompe l’equilibrio tra i poteri, i diritti umani e, in ultima analisi, la stessa cultura dei diritti”. Da La legge del Mare di Annalisa Camilli.
Dietro le opere c’è anche tanta letteratura. Mi parli dei riferimenti letterari che ti hanno guidato nella creazione?
Il titolo della mostra nasce da una citazione di Moshin Hamid nel suo romanzo Exit West che avevo letto nell’esergo del libro Scellerate di Antonella Finucci. Nei 156 acquerelli, eseguiti su buste da lettera aperte, i porti italiani prendono forma dalla trascrizione di un estratto da Antropologia dell’acqua. Riflessioni sulla natura liquida del linguaggio di Anne Carson. Questo libro mi era stato regalato da Giulia Palladini che ha poi scritto Porto con me l’incredibile testo che accompagna la mostra. Gli acquerelli prendono spunto da una enciclopedia a fascicoli cartografici, ritrovata a casa dei miei genitori, pubblicata nel 1974 dall’Istituto Geografico De Agostini, che si intitola 156 Porti d’Italia. Concludo i riferimenti con un grande libro in mostra, un Atlante d’Italia degli Anni ’90, rivestito in velluto blu in cui al suo interno tutte le parti riferite all’acqua (mare, fiumi, laghi, ghiacciai) sono state rivestite in foglia oro.
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