Una galleria d’arte di Milano dedica uno spazio per esporre gli artisti invitati alla scorsa Biennale d’Arte di Venezia
Con NOVO il curatore Marco Scotini avvia una sezione espositiva alla Galleria SECCI che per i prossimi due anni presenterà una selezione di ricerche che leggono le fratture del presente già in parte mappate dalla Biennale d’Arte del 2024
La mostra Clouds of White Dust dell’artista kosovara Doruntina Kastrati non avvia solo l’apertura di un nuovo progetto della Galleria SECCI di Milano, ma è una dichiarazione d’intenti: portare l’attenzione su quelle voci che trattano le tensioni sociali, ambientali e geopolitiche del nostro tempo, attraverso pratiche artistiche che sfuggono all’estetizzazione del dolore e scelgono, invece, di renderlo visibile. Dopo Kastrati, sarà la volta del libanese Omar Mismar a settembre, seguito dall’amazzonico Rember Yahuarcani, la cilena Seba Calfuqueo (già presente nella sezione Disobedience Archive), l’indiano Prabhakar Pachpute, reduce dalla Biennale Il latte dei sogni, e il peruviano José Carlos Martinat.
Il progetto NOVO alla Galleria SECCI di Milano
A cura di Marco Scotini, NOVO presenterà, infatti, per i prossimi due anni una selezione di artiste e artisti internazionali che leggono le fratture del presente già in parte mappati dalla Biennale d’Arte di Venezia del 2024. Così, Kastrati, reduce dalla 60ma rassegna lagunare, dove la sua partecipazione con il Padiglione della Repubblica del Kosovo ha ottenuto una menzione speciale, e dalla Sharjah Biennial 16, arriva a Milano – fino al 18 luglio 2025 – portando un’estetica che affonda le radici ai margini del sistema economico globale, nelle forme di lavoro precario e invisibile.
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La mostra di Doruntina Kastrati alla Galleria SECCI di Milano
In mostra una serie di nuovi lavori scultorei, frutto di un ulteriore sviluppo del progetto già presentato a Venezia. Le opere di Kastrati partono da testimonianze vive: quelle degli operai resi disabili nei cantieri autostradali del Kosovo, delle lavoratrici sfruttate nelle fabbriche di lokum a Prizren o ancora dei migranti stipati nei cassoni metallici dei camion a Sharjah. L’artista lavora con materiali grezzi, oggetti trovati e forme industriali che diventano dispositivi di denuncia e strumenti di memoria. La polvere bianca, infatti, evocata dal titolo non è solo un elemento fisico (amido di mais o zucchero), ma la metafora della cancellazione del lavoro, del corpo e, infine, della dignità.
Il lavoro di Kastrati nelle parole del curatore Marco Scotini
“Come sappiamo bene, attraverso Marx, il prodotto del lavoro, una volta divenuto merce, cela i suoi modi di produzione perché in esso viene oggettivato del lavoro astratto, non calato in forme sensibili o concrete. Da qui deriverebbe il carattere enigmatico o ‘feticistico’ della merce. Doruntina Kastrati, in questo senso, fa riferimento a modalità astratto minimaliste per portare alla luce narrative poco visibili ma fondamentali delle forme di sfruttamento contemporaneo. E lo fa con determinazione e con un’inedita sensibilità, focalizzandosi su condizioni lavorative e nuovi rapporti di classe, a partire dal contesto economico del Kosovo dopo la guerra con l’aumento della presenza locale americana e di una progressiva forma di privatizzazione. La mostra Clouds of White Dust ne è un esempio eloquente, proprio per il suo carattere stridente”, spiega il curatore Marco Scotini nel suo testo critico.
Caterina Angelucci
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