A Siena tre grandi studi di architettura trasformeranno il gigantesco polo culturale del Santa Maria della Scala
Con l’architetto Luca Molinari come supervisore strategico e LAN Architecture, Studio Odile Decq e Hannes Peer Architecture prende il via a Siena un ambiziosissimo programma di trasformazione del Complesso Museale Santa Maria della Scala, finalizzato al progressivo recupero e riuso di tutti i suoi 36mila mq

Leggeri e fluttuanti, i 3000 aquiloni realizzati a mano con carta giapponese e bambù che compongono l’installazione site-specific Path to the Sky – fulcro nevralgico dell’omonima mostra dell’artista statunitense Jacob Hashimoto visitabile, fino al 30 settembre 2025, al Complesso Museale Santa Maria della Scala di Siena – accompagnano l’avvio di una nuova fase per l’istituzione culturale senese. Concepiti come un tributo alla città del Palio, per la quale sono stati appositamente concepiti da un autore conosciuto nel nostro Paese anche grazie al lungo e fruttuoso sodalizio con la galleria Studio la Città, con il loro sviluppo ascensionale uniscono simbolicamente cielo e terra, tangibile e ignoto, passato e avvenire. Ma non solo.
L’arte di Jacob Hashimoto e il nuovo corso del Santa Maria della Scala di Siena
Attraverso la peculiare dualità – sono fragili, se intesi singolarmente, ma innalzandosi insieme per diciassette metri diventano maestosi e monumentalità –, evocano la condizione di vulnerabilità e forza delle generazioni che hanno popolato il luogo che oggi li ospita. Rifugio per i pellegrini e poi per secoli ospedale cittadino, il Complesso Museale Santa Maria della Scala di Siena ha accolto dentro le sue mura nascite, morti, sofferenze, speranze, incontri: oggi è pronto a proiettarsi verso un altro futuro, portando con sé la sua eccezionale mole pari a 36mila mq, tanto complessa e articolata da apparire quasi inafferrabile. Intende, insomma, superare le criticità attuali (in parte legate anche a dotazioni mai o tardivamente realizzate, come il deposito interno o il montacarichi), per guardare al prossimo mezzo secolo tenendo insieme tutte le stratificazioni e i frammenti del passato.
La rigenerazione del Complesso Museale Santa Maria della Scala di Siena
A trent’anni dalla cessazione della funzione ospedaliera e dalla successiva operazione di riqualificazione (rimasta però incompiuta) affidata all’architetto Guido Canali attraverso un percorso concorsuale che ha fatto scuola, la Fondazione Antico Ospedale Santa Maria della Scala ha intrapreso un particolare iter per la valorizzazione dell’intero complesso, situato di fronte al Duomo. Presieduta da Cristiano Leone con la direzione di Chiara Valdambrini, la Fondazione lavora infatti da mesi con Luca Molinari Studio: alla società milanese, dalla solida e riconosciuta esperienza nella progettazione culturale e museale, è stato affidato il compito di condurre un’analisi del progetto originario di Guido Canali e di coordinare il successivo processo di rigenerazione. L’aspetto distintivo e forse senza precedenti su scala nazionale (almeno per un bene immobile di queste dimensioni e così rilevante nel contesto urbano) del nuovo masterplan per il Santa Maria della Scala risiede nella scelta di coinvolgere non un unico studio di architettura. Piuttosto, come hanno evidenziato sia il presidente Leone che l’architetto Molinari, per rendere il complesso una “casa della città” davvero al passo con le esigenze di un museo contemporaneo e anche per rispondere alle nuove richieste della comunità locale è necessario il contributo di più professionisti, più voci esperte, più chiavi di lettura. Seppur l’interno di una visione unitaria e strategica, LAN Architecture, Studio Odile Decq e Hannes Peer Architecture si occuperanno quindi di progettare singole aree funzionali del futuro complesso (non sono stati ancora resi noti gli incarichi individuali), che per la prima volta tornerà ad aprirsi alla città nella sua totalità volumetrica.























Un esperimento architettonico per costruire una “casa della città” nel cuore di Siena
In altre parole agli spazi già fruibili per effetto della parziale realizzazione del cosiddetto “Piano Canali”, a loro volta oggetto di riqualificazione, andranno a unirsi gli ulteriori 18mila mq rimasti fin qui in attesa, in balìa del tempo. Si procederà per successive e progressive riattivazioni, senza periodi di chiusura al pubblico e nel rispetto di linee guida da delineare. L’ambizioso esperimento, dunque, punta a riunire tre distinte visioni in un disegno unitario che è stato riassunto da Molinari adottando l’immagine di un “esoscheletro concettuale e infrastrutturale”. Una impalcatura che magari, un domani, permetterà addirittura il coinvolgimento di ulteriori progettisti. Il Santa Maria della Scala agirà sempre di più come un punto di riferimento urbano: non sarà solo complesso museale, bensì un microcosmo multifunzionale, con servizi anche legati alla didattica, allo studio, alla ricerca e al restauro, provvisto di un’area ristorativa e di un auditorium che manca alla città. E poi ci sarà la residenzialità artistica. Si tratta di una sfida anche per gli stessi progettisti, accomunati dall’essere a vario titolo coinvolti in questi anni (e nel recente passato) in tre interventi nella città di Roma, tra l’altro anch’essi condotti confrontandosi con il patrimonio esistente di epoche differenti. Si deve a Studio Odile Decq il MACRO (a partire dal concorso internazionale indetto dal Campidoglio all’inizio degli Anni Duemila), mentre LAN Architecture e Hannes Peer Architecture sono impegnati nella Capitale, rispettivamente nel progetto del Grande MAXXI e alle Terme di Caracalla. Al di là del condiviso entusiasmo per l’incarico e della piena consapevolezza per la complessità del sito, proprio l’architetto altoatesino Hannes Peer con una battuta ha voluto ricordare anche quella “tensione” che (legittimamente) i progettisti provano nel misurarsi con complessi architettonici così vasti e stratificati, oggetto nei secoli di successive addizioni e prossimi ad accogliere ulteriori metamorfosi. Non è un caso se altri studi, invitati per i sopralluoghi, abbiano deciso di darsela a gambe dopo aver anche solo percepito la complessità della partita.

Una scommessa politica per il Comune di Siena
Non se la sta dando a gambe invece il Comune di Siena che con la sindaca Nicoletta Fabio sta scommettendo più di qualche fiche sul tavolo del Santa Maria della Scala. Rischiando di intraprendere una strada non in grado di dare risultati immediati ma puntando ad una progettazione lungimirante che guarda, come è stato accennato, “non alle prossime elezioni mai prossimi 50 anni di vita dell’istituzione”. La verità è che il Santa Maria con tutti i finanziamenti che ha avuto e con gli anni di vacche decisamente grasse che ha attraversato avrebbe dovuto già essere terminato. E invece non siamo neppure alla metà dell’opera. Di più: molte risorse sono state disperse in rivoli effimeri invece di irrobustire l’infrastruttura portante del complesso museale. Basti pensare che non c’era un deposito a norma e si è provveduto solo di recente. E manca anche un montacarichi sebbene la struttura si elevi per innumerevoli piani al punto che, per la particolare morfologia, è anche difficile contarli. Oggi il Santa Maria ha segnato una strada di sviluppo molto lungimirante e anche inedita come sopra indicato. Una strada che il Comune di Siena non può di certo però intraprendere da solo come unico socio della Fondazione. Il grande successo sarà riuscire a coinvolgere altri soci istituzionali a partire dal Ministero della Cultura per arrivare alla Regione Toscana, senza dimenticare il ruolo di qualche grande soggetto privato. I “prossimi 50 anni” di una struttura colossale come il Santa Maria della Scala devono essere una sfida non solo senese ma anche strategica a livello nazionale: il primo mattone in questo senso si è posto.
Valentina Silvestrini e Massimiliano Tonelli
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