La scenografia muta in mostra a Roma: 6 installazioni dell’artista Paolo Radi
Buio, ombra e luce sono gli ingredienti del noto spazio espositivo della Roma transtiberina VOLUME!, che ora accoglie l’enigmatica personale dell’artista Paolo Radi

Lo storico spazio espositivo VOLUME! è di per sé una cornice peculiare. Difficile da penetrare o al contrario duttile. Occorre che l’artista-ospite riesca, a mo’ di equilibrista, a cavalcarla assecondandone le peculiarità, o meglio, a scavalcarla perché il carattere delle opere ne affiori, pur se in punta di piedi.
La mostra di Paolo Radi da VOLUME!
Nell’attuale mostra Peregrinus, personale di Paolo Radi (Roma, 1966), in corso fino all’11 maggio, le sei installazioni del percorso appaiono cristallizzate, al di là della soglia. Tracce sconnesse di qualcosa di arcaico e di afasico insieme. Una mostra come questa è uno schieramento di fantasmi. Ogni elemento è un monologo scheggiato, un’affermazione solipsistica e negata. Non più raggiungibile, o forse mai concepita per essere raggiunta. È come se ciascuna effigie fingesse di illustrare un capolavoro che non esiste.
Le opere di Paolo Radi a Roma
Bizzarre architetture si ergono in un luogo che non c’è. Miraggi di conche battesimali, frammenti di cornici, pagine manoscritte stracciate, fasci di luce che solcano le tenebre con andamento imbarocchente. E ancora, curiose forme in perspex, plastiche opalescenti, grandi opere scultoree in guisa di arazzo con tracce di timbri, numeri, parole… Sono le tappe di un pellegrino che visita architetture elusive con tanto di gravami, spinte e contrafforti.
L’atmosfera mistica ed enigmatica della mostra di Paolo Radi
L’iter è concepito come la sequenza sconnessa delle immagini di un teatro arbitrario. Dove si danno simulazioni, sontuose scene incomprese, ingegnosi giochi di quinte, che dichiarano, nelle proprie forme, il rifiuto di esistere come parte di un mondo coerente. S’illustrano, a parole, i richiami al Fontanone dell’Acqua Paola al Gianicolo, alla Conchiglia di San Giacomo, al ritrovamento delle spoglie di Santa Cecilia e alla conseguente reazione di Papa Clemente VIII. E tuttavia al fruitore, nell’aria buia e satura d’incenso, viene spiegato che l’artista si professa non cristiano, non cattolico, ma ateo. Spiritualmente incuriosito forse, o piuttosto irretito soltanto da un’aura che prova a rendere senza troppo indagare.
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Francesca de Paolis
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