L’estate nera dell’arte si porta via anche il sognatore Ludovico Corrao, l’uomo che voleva riscattare Gibellina con la bellezza

Il più classico dei luoghi comuni? Probabilmente sì, è difficile immaginare basi serie – al di là di questioni climatiche incidenti al più sul popolo dei cardiopatici – per sostenere che d’estate si muore di più. Eppure, per restare al nostro ristretto mondo dell’arte, e solo ai suoi protagonisti più in vista – ci ritroviamo […]

Il più classico dei luoghi comuni? Probabilmente sì, è difficile immaginare basi serie – al di là di questioni climatiche incidenti al più sul popolo dei cardiopatici – per sostenere che d’estate si muore di più. Eppure, per restare al nostro ristretto mondo dell’arte, e solo ai suoi protagonisti più in vista – ci ritroviamo oggi ad annunciare la morte di Ludovico Corrao, assassinato da un domestico bengalese suo dipendente, giusto all’indomani di quella del grande Roman Opalka. Ed a non troppi giorni di distanza da quelle di Lucian Freud, e pure di Cy Twombly. Estate sfortunata, che pian piano ci porta via i nostri punti di riferimento.
Chi era Corrao? In una parola, “era” Gibellina, ovvero era quell’utopia romantica di affidare il riscatto dalle avversità sociali – ma anche naturali, come il terremoto del Belice – all’arte e all’architettura contemporanee. Per surreale paradosso, utopia sconfitta dall’insipienza degli stessi protagonisti e allo stesso tempo vittime di quel disagio sociale e ambientale, quegli amministratori che hanno fatto tramontare il sogno di Gibellina, abbandonando quelle mirabili opere a cattedrali nel deserto, e consegnando la cittadina “fantasma” al fascino decadente della capitale dell’”incompiuto”,
Ludovico Corrao era dunque l’anima di tutto questo: parlamentare a più riprese fra il 1963 e gli anni ’90, nel 1968, all’indomani del disastroso terremoto che rase al suolo tutta la valle del Belice, fu eletto sindaco di Gibellina, per la quale si optò per ricostruire un nuovo centro non sulla macerie del vecchio, ma in un sito a una ventina di chilometri di distanza. E qui Corrao inserì la sua idea allora rivoluzionaria: coinvolgere nel progetto grandi artisti e architetti, per proporre una nuova “città ideale” che nascesse già nel segno del bello e dell’armonico.

E le opere rimaste sono tante e importanti, molte le vedete nelle foto qui sopra e nel video sotto: a partire dal notissimo Grande Cretto di Alberto Burri, alla Porta del Belice di Pietro Consagra, alla Chiesa Madre di Ludovico Quaroni, alla Torre Civica-Carrilion di Alessandro Mendini, fino allo straordinario Sistema delle piazze di Franco Purini. Senza dimenticare nomi come quelli di Francesco Venezia, Mimmo Paladino, Bruno Ceccobelli, Andrea Cascella, Arnaldo Pomodoro, Franco Angeli, Mario Schifano. Nel 1981 aveva lanciato le Orestiadi di Gibellina, poi divenute Fondazione.

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Redazione

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