Apre a Cosenza il BoCs Art Museum. Le immagini in anteprima del nuovo spazio

Il prossimo 15 dicembre alle 18.30 apre a Cosenza, in Calabria, il BoCs Art Museum, ospitato all'interno dell’antico complesso monumentale di San Domenico (1449), con la mostra "Ricognizioni. Dai Bocs Art i linguaggi del contemporaneo", curata da Alberto Dambruoso

Nato per ospitare le opere realizzate nell’ambito della Residenza Artistica Bocs Art (the box of contemporary spaces), avviata il 4 luglio del 2015 dal Comune di Cosenza, il BoCs Art Museum che inaugura il 15 dicembre nella città calabrese, è lo specchio di un territorio creativo, che attraverso l’innovazione architettonica e l’arte contemporanea fissa nuove opportunità, capaci di offrire ai creativi del territorio e alla popolazione differenti energie in grado di generare una maggiore qualità delle offerte culturali ad un luogo  che guarda sempre più con attenzione verso il futuro. Il progetto di residenza, in questi tre anni (205/2017), ha ospitato più di 300 artisti, appartenenti a diverse generazioni e con percorsi di ricerca differenti – dalla pittura alla scultura, dalla fotografia all’installazione, dalla performance alla video-installazione, fino alla Street Art – offrendo al pubblico una panoramica su quelle che sono le tendenze più attuali dell’arte contemporanea. Inoltre, ha consentito di determinare una vera e propria piattaforma aperta al dialogo con la collettività cosentina, che in diversi modi è stata invitata a partecipare alle attività proposte dagli artisti durante il periodo di permanenza nella città.

Complesso monumentale di San Domenico, sede del BoCs Art Museum

Complesso monumentale di San Domenico, sede del BoCs Art Museum

LA DIREZIONE A DAMBRUOSO

Con l’apertura del BoCs Art Museum, l’amministrazione dà la giusta continuità al progetto delle residenze, dotandole degli spazi necessari per conservare ed esporre le numerose opere donate dagli artisti alla città. Allo stesso tempo il museo, come afferma il direttore Alberto Dambruoso, mira a diventare negli anni un polo di ricerca culturale dell’arte contemporanea: “Il museo sarà per il primo e secondo anno di attività utilizzato come spazio espositivo, ma in futuro sussisterà come spazio per altre esposizioni, individuali e collettive, slegate dal progetto dei ‘Bocs Art’. Tutto ciò darà a Cosenza e al territorio quella giusta vivacità intorno a quelli che sono le ricerche artistiche più attuali sia a livello nazionale che internazionale”. In attesa degli sviluppi futuri di questo museo vi mostriamo le immagini dell’esposizione inaugurale che come racconta lo stesso Dambruoso “ruota intorno alla molteplicità dei linguaggi e delle tecniche con le quali si sono espressi gli artisti che hanno preso parte alle residenze e che a mio giudizio ben riflettono le diverse forme artistiche che caratterizzano il contemporaneo sia in Italia sia all’estero, essendo presenti in mostra tra l’altro una decina di artisti internazionali”.  Il curatore spiega anche che “gli artisti selezionati per questa mostra sono solo una novantina, su gli oltre trecentotrenta che finora hanno partecipato alle residenze, per ragioni prevalentemente di spazio. La scelta è avvenuta anche tenendo conto delle future mostre. Una avrà come tema ‘La città e il suo territorio’ e pertanto un cospicuo numero di artisti, oggi non presenti in mostra, faranno parte della seconda mostra in programma con tutta probabilità a Pasqua 2018.”.

BoCS Art Museum, Cosenza - sala espositiva

BoCS Art Museum, Cosenza – sala espositiva

LE OPERE IN MOSTRA

La visita comincia attraversando il chiostro dei domenicani di epoca quattrocentesca, che conduce ad un secondo cortile interno, dal quale si accede agli spazi della mostra. Menzionare tutti gli interventi esposti sarebbe impossibile, ma tra questi spicca, nelle lunghe sale rettangolari, la suggestiva installazione scultorea per sedurre gli insetti, 2015, di Paolo Grassino (Torino, 1967), che pone il pubblico in rapporto diretto con l’oggetto, innescando una relazione tra le parti. Il lavoro simile ad un nido di insetti, sospeso tra il solaio e il pavimento, è realizzato da un cavo elettrico, una sedia e da una lampadina accesa. La luce diviene per i piccoli animali simbolo di seduzione e al tempo stesso pericolo e morte. Un’altra installazione scultorea particolarmente suggestiva per la sua dimensione è la portantina processionale in cemento armato UNFINISHED di Alessandro Fonte (Polistena, 1984), collocata al secondo piano del museo. I materiali (cemento, ferro e legno) adoperati dall’artista per questo lavoro sono l’immagine simbolo del non finito architettonico, delle rovine archeologiche e degli scenari di estrema povertà di un lungo dopo la guerra. Inoltre, è una visione ottimista delle potenzialità inespresse di un luogo. Sempre al secondo piano è collocato il lavoro Reworking of a Painting 1, 2015, di Lamberto Teotino (Napoli, 1974), che riproduce sia in formato originale (cm. 10.8 x 17.8) sia in grande dimensioni il dipinto di Jacopo de’ Barbari da titolo Uno sparviero (1510/1515), conservato nella National Gallery di Londra. L’intervento artistico dà al pubblico l’occasione di vivere, attraverso l’ausilio della tecnologia, un’esperienza estetica all’interno dei particolari del segno dell’autore e allo stesso tempo coglierne le differenze, i meccanismi percettivi e la ciclicità tra spazio /tempo. Anche il linguaggio della video arte e della performance, risulta ben rappresentato dal marchigiano Giovanni Gaggia (Pergola, 1977), con l’opera dal titolo Konopèion.  Le immagini del video in mostra riportano l’azione performativa realizzata dall’artista durante la sua permanenza a Cosenza, che ha visto alcune donne del luogo cucire un tessuto “cultuale”, simbolo di condivisione e gesto che unisce tutto ciò che è separato, restituendoci una parvenza ciclica e reciproca “curare e farsi curare”.  L’opera, inoltre, testimonia il legame e le simbologie che l’arte tessile ha lasciato nella città di Cosenza e in particolare nei territori di cultura arbëreshë della provincia. Il concetto di relazione con le persone, con la città e con la sua storia, è stato affrontato anche da Mariagrazia Pontorno (Catania, 1978), nel progetto Layer #21, una sorta di “mappa” del leggendario tesoro del re Alarico.  Il lavoro legato alla sua serie Layer, è pensato come un collage digitale che dai livelli di un software di grafica ritorna a un supporto analogico. L’uso della tecnologia in questo progetto artistico è riproposto anche dall’utilizzo di Whatsapp e di Google Maps, che con i suoi riferimenti di geolocalizzazione ha permesso alla Pontorno di coinvolgere nel suo lavoro gli altri artisti in residenza e generare una diversa relazione tra tempi e luoghi differenti.

– Giovanni Viceconte

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Giovanni Viceconte

Giovanni Viceconte

Giovanni Viceconte (Cosenza, 1974), è giornalista e curatore d’arte contemporanea. Si laurea presso l’Accademia di Belle Arti, nel 2004 consegue il Master in Organizzazione Eventi Culturali e nel 2005 il Master in Organizzazione e Comunicazione delle Arti Visive presso l’Accademia…

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