Storia di Ramdom. L’arte all’estremo sud

Nuovi protagonisti per la rubrica Focus, nella quale parlano in prima persona i fondatori di realtà che lavorano in Italia sull’arte e la creatività. In maniera inedita, propositiva, creativa appunto. Come dal 2010 fa Ramdom, all’estrema punta della provincia di Lecce.

Tutto nacque nel 2010. Bollenti Spiriti, un bando promosso dalla Regione Puglia, incoraggiava giovani del posto a realizzare i propri progetti, a porre le basi per l’avvio di un’attività imprenditoriale che potesse invertire la rotta dei viaggi di tanti giovani pugliesi che, muovendosi da sud verso nord, avevano lasciato il proprio territorio in un profondo stato di abbandono, creando una ferita che, nel secondo dopoguerra, è divenuta giorno dopo giorno, decennio dopo decennio, sempre più lacerante.
Era questa la condizione in cui ci trovavamo anche io e Luca Coclite quando decidemmo di opzionare un biglietto di ritorno per Lecce e dare vita a Ramdom, grazie proprio al contributo della Regione Puglia, che credette in noi e nel nostro progetto.
L’idea di partenza era chiara: in una Regione con uno scarso attivismo nel settore dell’arte contemporanea, dove musei, gallerie e collezionisti si contano sulla prima fila dell’abaco, occorreva lanciare un progetto che potesse portare una ventata di respiro internazionale e permettere un confronto su tematiche “vive” e attuali come quelle relative al ruolo dell’arte nei processi di riqualificazione, o meglio di rigenerazione di un tessuto cittadino, urbano.
Ci siamo approcciati al territorio con uno spirito nuovo, cercando sin da subito di adottare linguaggi diversi da quelli che caratterizzano il “main system” dell’arte contemporanea. Il territorio – vergine e, per molti versi, impreparato – non solo ce lo permetteva, ma ce lo imponeva: calare dall’alto produzioni e approcci decontestualizzati non avrebbe portato i frutti sperati e Ramdom sarebbe stata vista come una navicella di alieni approdata in terra.
Decidemmo, dunque, di affidarci a collaborazioni di settore affidando la curatela del progetto ad Alfredo Cramerotti e Hannah Conroy (AGM) e, insieme a loro, optammo per un format del tutto innovativo, non solo per il sud, ma per il panorama italiano. Lanciammo così, a Lecce, nel settembre 2011, Default: masterclass in residence, un progetto biennale (questo lo avremmo deciso solo dopo) in cui, per dieci giorni, a venti artisti, selezionati tramite call, veniva offerta l’opportunità di confrontarsi con dieci importanti ospiti internazionali del calibro di Andrea Lissoni, Céline Condorelli, Lewis Biggs, Julia Draganović, Filipa Ramdos, Pietro Gaglianò e altri.
Se la prima edizione di Default poneva l’accento sull’importanza di fornire ad artisti pugliesi momenti di alta formazione e di scambio con un contesto internazionale, la seconda, Default13, si caratterizzava, a format invariato, per un focus sul mondo asiatico (metà degli artisti selezionati erano asiatici e metà europei) e fu costruita in collaborazione con Arthub Asia, organizzazione con base a Shanghai diretta da Davide Quadrio.
Eppure, nonostante due eccelse edizioni di Default e diversi progetti di collaborazione, c’era qualcosa che mancava. Cominciammo a sentire l’esigenza di “estremizzare” ancor di più la sfida: abbandonare la città per dedicarci alle aree remote, nonché nostre terre natie. Indagine sulle Terre Estreme, a fine 2013, nasce così. Essere “site specific” nella forma e nella sostanza: divenne questa la nostra linea guida. E, all’interno di questa volontà, parve quasi come un segno la messa a bando, da parte del Demanio Regionale e dell’Assessorato ai Trasporti della Regione Puglia, di un immobile sito al primo piano dell’ultima stazione ferroviaria funzionante a sud-est d’Italia. Lì, dove un tempo risiedeva il capo stazione più “estremo” di Puglia, dal 2015 Ramdom coordina un progetto di studio e analisi critica del territorio e delle sue specificità: storiche, paesaggistiche, umane.
Artisti, ricercatori, studiosi, visitatori stanno animando questo estremo lembo di terra, dimostrando che l’arte può e deve essere non solo un mezzo, ma un processo di analisi e rigenerazione di un territorio.

Carlos Casas, Vucca Drawing, 2015

Carlos Casas, Vucca Drawing, 2015

CAPO DI LEUCA CALLING

Una riflessione sul senso dei luoghi, un’analisi sul paesaggio umano e naturale: è questa la natura della nostra Indagine sulle Terre Estreme, un progetto lanciato nel 2013 a partire dal Capo di Leuca, ultimo lembo di terra a sud-est d’Italia.
Siamo partiti dal Finisterrae, laddove, ai piedi del faro di Santa Maria di Leuca, si erge un edificio, un tempo colonia estiva. Qui, in uno dei punti più evocativi della regione, Luca Coclite con una nube di fumo ha oscurato quello che era un luogo di vacanza, ma che oggi si presenta come un monumento al fallimento. Le vacanze, che originariamente si consumavano tra le sue mura e che in futuro si sarebbero dovute spendere in un ipotetico hotel di lusso, oggi sono solo immaginarie.
Quando s’intraprende un viaggio o si vuole cercare di capire un territorio, una delle prime azioni che si compie è di consultare una mappa: ci aiuta a orientarci nello spazio, a capire dove ci troviamo e dove vogliamo andare. Alessandro Carboni ha creato la sua personale mappa, fatta di fieldworks e performance.
Le terre estreme sono terre di confine, di approdo, non di passaggio. La terra che si tuffa nel mare, in questa porta del Mediterraneo, ci ricorda che i confini, prima ancora che politici, sono naturali. Ed è quanto mette in evidenza Andreco con Parata per il Paesaggio: una performance collettiva che ha visto abitanti del capo di Leuca sfilare tra le due punte estreme di Santa Maria di Leuca. La fluidità dei confini appare anche molto evidente in Deriva, lavoro di Giuseppe De Mattia e Coclite, con cui i due artisti toccano tematiche delicate come quelle legate ai flussi.
Ultimo “esploratore”, in ordine di tempo: Carlos Casas. L’artista spagnolo si è addentrato nelle viscere del Capo di Leuca, esplorandone cavità, grotte, pietre e la luce, che nel Finis Terrae dall’orizzonte nasce e muore a ritmo contrario rispetto a quella di accensione e spegnimento del faro di Santa Maria di Leuca.
Ma l’indagine ha visto tanti altri protagonisti e si sta estendendo sempre di più grazie ai contributi di curatori, ricercatori e altri artisti provenienti da ogni parte del mondo. L’obiettivo è creare un vero e proprio osservatorio sulle Terre Estreme, che, partendo dal Capo di Leuca, sappia guardare e analizzare altri luoghi estremi e periferici.

Alessandro Carboni, 6x3. Photo Yacine Benseddik

Alessandro Carboni, 6×3. Photo Yacine Benseddik

LA TRINITÀ SALENTINA

Non una bensì due. Anzi tre. Residenze, Festival, Produzione: sono queste le tre parole d’ordine dei prossimi dodici mesi per Ramdom.
È partito Sino alla fine del mare, un progetto realizzato grazie al supporto della SIAE e che vedrà quattro artisti emergenti, selezionati per chiamata e attraverso call, trascorrere un periodo di residenza di sei mesi, in “isolamento” nel Capo di Leuca, alternando periodi di workshop con artisti e curatori affermati (Elena Mazzi, Invernomuto, Antonio De Luca, Claudio Zecchi e altri) a periodi di produzione di lavori. Il progetto, che formalmente s’inscrive all’interno dell’Indagine sulle Terre Estreme, rappresenta un momento molto importante per la nostra organizzazione che, per la prima volta, potrà lavorare in maniera estensiva e in profondità su dei progetti di residenza.
Sempre con il sostegno SIAE, entro il 2017 verrà portata a compimento Et in Terra Pacis, un’opera d’arte visiva che nasce dalla collaborazione tra il regista Mattia Epifani e l’artista Luca Coclite. Un lavoro pensato nella forma del docufilm sperimentale, che racconta tre storie che hanno attraversato dal 1960 a oggi un luogo simbolico della storia del territorio salentino: l’ex C.P.T. – Centro di Permanenza Temporaneo Regina Pacis. Un luogo emblematico e metaforico, nato negli Anni Sessanta come colonia estiva per bambini, nel 1998 è diventato il più grande CPT italiano, finito poi al centro di scandali giudiziari per le violenze subite dai rifugiati e che oggi è un ecomostro in rovina che si appresta a diventare (forse) un resort a cinque stelle.
Last but not least, la prima edizione di Laends, un festival dedicato all’arte contemporanea, ideato da Ramdom insieme all’associazione Capo d’Arte, diretta da Francesca Bonomo e Francesco Petrucci, e alla neonata Noon di Lorenzo Madaro, con la collaborazione dell’Accademia di Francia e Villa Medici. Il festival, che ha visto il suo opening a Gagliano del Capo nell’ultima settimana di luglio, mette a sistema le collaborazioni e le produzioni di queste realtà che, negli ultimi anni, si sono sapute caratterizzare per la qualità del lavoro e per la capacità di “brandizzare” un territorio ormai devoto all’arte contemporanea.
In una maniera nuova, insolita. Estrema.

Paolo Mele

www.ramdom.net

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #37

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