Sound art e paesaggio. Una collettiva in Veneto

Quali legami intercorrono fra la ricerca sonora e l’ambiente naturale o antropizzato? Una mostra allestita a Villa Brandolini, a Pieve di Soligo, li analizza a partire dalle riflessioni di Andrea Zanzotto. Ne abbiamo parlato con le curatrici Sonia Belfiore e Lucia Longhi.

Da quali considerazioni nasce Silenzi d’alberi?
Silenzi d’alberi nasce dalla volontà di presentare al pubblico un mezzo artistico ancora non molto diffuso in Italia come la sound art. Abbiamo scelto una tematica che di tale pratica è spesso motivo di ispirazione, ossia il rapporto dell’essere umano con la natura. Questo argomento si prestava anche a esaudire l’auspicio della Municipalità di Pieve di Soligo di valorizzare le specificità del luogo che ospita la mostra, ossia le colline venete dove si trova Villa Brandolini. Per tali motivi abbiamo scelto di ispirarci alle riflessioni di Andrea Zanzotto, poeta vissuto in questi luoghi, che ha indagato l’intenso e spesso sofferto rapporto con il paesaggio.

Uno degli aspetti centrali dell’esposizione è proprio l’assunto del paesaggio come spazio contemplativo…
La poetica di Zanzotto individua nel paesaggio il possibile mezzo per recuperare il rapporto perduto con la natura. Questo avviene non soltanto tramite l’esperienza visiva, ma anche tramite quella uditiva. Lui stesso sottolineava l’importanza del suono in questo processo: nell’epoca moderna è sempre più difficile ricostruire il legame con la natura attraverso i suoi elementi tangibili, divorati dall’industrializzazione. Per questo suggeriva la necessità di riabituarsi a udirne i suoni. Noi abbiamo accolto il suo invito, costruendo un percorso di sedici opere che restituiscono una panoramica sulle diverse tipologie di utilizzo del suono della natura.

Alessandro Sciaraffa, La fontanella scintilla con i grilli sotto l’acqua, 2016. Photo Silvia Longhi

Alessandro Sciaraffa, La fontanella scintilla con i grilli sotto l’acqua, 2016. Photo Silvia Longhi

Quali relazioni intessono le opere selezionate con il paesaggio, che è stratificazione di elementi?
Zanzotto diceva che la contemplazione di un paesaggio singolo, visivo o sonoro, ha la capacità di far sentire l’uomo connesso alla natura tutta. Quando un individuo “entra nel paesaggio”, per usare le sue parole, fissa un momento di connessione vitale, si fonde in esso. Le sculture e le installazioni in mostra richiamano, o utilizzano direttamente, elementi della natura, in un invito ad andare oltre le forme tangibili del paesaggio.

Gli artisti in mostra hanno una varietà di approcci al suono che spaziano dal cinetismo al field recording alla interattività diretta…
In Silenzi d’alberi ogni tipologia tecnica di approccio al suono corrisponde a una diversa tipologia ideale di approccio alla natura. La prima è l’imitazione del fenomeno naturale, la seconda il suo utilizzo diretto. Alcune sono quindi opere che imitano, o meglio ricreano, un elemento naturale. Altre invece lo utilizzano, lo includono, per il loro funzionamento. Da qui poi si diramano, nella mostra, come nella sound art, ulteriori tecniche. La varietà di queste tecniche riflette la varietà dei possibili legami dell’uomo con la natura: intesa, amore, curiosità, studio, fascinazione, sfruttamento, paura, utopia.

Michele Spanghero, Natura morta (Citron), 2013. Photo Silvia Longhi

Michele Spanghero, Natura morta (Citron), 2013. Photo Silvia Longhi

Ognuna delle opere in mostra può essere considerata emblema di un personale rapporto con la natura.
C’è chi realizza l’utopia di catturare una stella cadente (Donato Piccolo). Chi affida al fuoco (Edgardo Rudnitzky), al vento (Matteo Nasini) o agli insetti (Tamara Repetto) la composizione di una partitura. Chi meticolosamente studia e ricrea il suono della pioggia (Adam Basanta) e dell’acqua (Alessandro Sciaraffa), chi invece la utilizza direttamente per cercare di rendere visibile il suono (Douglas Henderson). Chi, ancora, utilizza l’energia della frutta per dare vita a una scultura (Michele Spanghero), chi registra un luogo naturale insidioso (Carlos Casas) o chi trasforma in suono l’ambiente circostante (Roberto Pugliese). Le molteplici pratiche della sound art ben rappresentano l’incessante tentativo dell’uomo di capire, riunirsi e riappacificarsi con la natura.

E l’opera site specific di Christina Kubisch?
La Serra, realizzata per le vecchie serre della dimora settecentesca, è un’installazione interattiva che ricrea un ambiente simile a una giungla. Dal soffitto pendono, come liane, centinaia di cavi giallo-verdi, tra cui il visitatore si può addentrare per vivere un’esperienza uditiva unica. Ogni circuito, infatti, contiene una diversa atmosfera sonora udibile soltanto con una cuffia realizzata ad hoc e i movimenti dello spettatore creano combinazioni uditive sempre diverse. I suoni sono field recording di acqua, ronzii di insetti, uccelli esotici, alternati di tanto in tanto da suoni naturali trattati elettronicamente. Un tempo le serre erano il tentativo dell’uomo di racchiudere un paesaggio esotico, il desiderio di ricreare una natura lontana. L’ambiente creato dalla Kubisch è fatto di suoni che ci illudiamo essere quelli di una natura antica e incontaminata. Ma forse, ci ammonisce l’artista, questa è solo una chimera.

– Daniele Capra

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Daniele Capra

Daniele Capra

Daniele Capra (1976) è curatore indipendente e militante, e giornalista. Ha curato oltre cento mostre in Italia, Francia, Repubblica Ceca, Belgio, Austria, Croazia, Albania, Germania e Israele. Ha collaborato con istituzioni quali Villa Manin a Codroipo, Reggia di Caserta, CAMeC…

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