Ecco i primi inviti al Padiglione Italia (non) dati dalla viva voce di Pietromarchi. Che non scuce un nome: ma a volte un silenzio o una smentita valgono più di mille parole…

Se negli ultimi anni Rete4 ha insegnato qualcosa questo è la potenza della comunicazione non verbale. Lo ha fatto con l’imperscrutabile Tim Roth di Lie to me, serie in cui l’attore interpreta un detective capace di leggere dalla mimica facciale, dai tentennamenti della voce, dal modo di gesticolare, le verità nascoste dai peggio lestofanti in […]

Se negli ultimi anni Rete4 ha insegnato qualcosa questo è la potenza della comunicazione non verbale. Lo ha fatto con l’imperscrutabile Tim Roth di Lie to me, serie in cui l’attore interpreta un detective capace di leggere dalla mimica facciale, dai tentennamenti della voce, dal modo di gesticolare, le verità nascoste dai peggio lestofanti in circolazione. Bartolomeo Pietromarchi, prossimo curatore del Padiglione Italia, non è un delinquente. E, per fortuna nostra e sua, non è un politico. Quindi non è granché avvezzo alla menzogna e se provi a scucirgli un’anticipazione sul “suo” Padiglione qualche sensazione scappa fuori, benché presto affogata nella smentita preventiva e nel no comment.
Trattasi di pura speculazione, insomma: ma qualche indicazione segnatevela lo stesso. Vuoi mai che William Hill apra le scommesse anche attorno alla Biennale. Intercettiamo Pietromarchi a Milano, dove in veste di direttore del Macro è partner del progetto ZegnArt e gli piantiamo tra il serio e il faceto la domanda secca: “ma è vero che porti solo dodici artisti?”. Silenzio. Mezzo sorriso. E poi un garbato girotondo per dire che “sarà un gruppo ristretto” e “che siano undici o quindici non fa troppa differenza”. Pronti a puntare il dodici sulla ruota di Venezia?
Scatta il toto-nomi, e qui è dura controllarsi. “Si danno per certi Mauri, Paolini e Baruchello”. Sarà la suggestione, ma la faccia è quella di un bambino scoperto a rubare la Nutella. “Eh, vedrete”. E a questo punto ci aspettiamo di vederli, allora. “E Maloberti?”. “No”. Ah, come no?!? Così: secco? E che fine ha fatto l’aplomb? “No, non dico niente. Perché quando cominciano a circolare nomi poi si creano troppe pressioni attorno agli artisti e al curatore”. Pacca sulla spalla e svicola tutto a mancina. Insomma: che abbiamo cavato fuori da Pietromarchi? Niente. Ma se Rete4, negli ultimi anni, ha insegnato qualcosa…

– Francesco Sala

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Francesco Sala

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