Prime immagini dall’Einstein Museum che Norman Foster sta progettando per Gerusalemme. Pietra e vetro con superfici a specchio per un intervento in via di realizzazione dal 2015, ma che fa già discutere

Un anno fa l’annuncio, oggi le prime indiscrezioni sul progetto e, immancabili, le prime polemiche. Pochissimi dettagli, affidati più che altro a mere suggestioni, quelli trapelati dallo studio di Norman Foster in merito ai lavori per l’Einstein Museum di Gerusalemme, polo scientifico che il governo israeliano ha commissionato mettendo sul piatto l’equivalente di 200mila euro, […]

Un anno fa l’annuncio, oggi le prime indiscrezioni sul progetto e, immancabili, le prime polemiche. Pochissimi dettagli, affidati più che altro a mere suggestioni, quelli trapelati dallo studio di Norman Foster in merito ai lavori per l’Einstein Museum di Gerusalemme, polo scientifico che il governo israeliano ha commissionato mettendo sul piatto l’equivalente di 200mila euro, cifra iniziale che ha permesso l’ingaggio dell’archistar, l’avvio degli studi preliminari e ldi una fase progettuale che vedrà la posa della prima pietra nel 2015, in occasione del novantesimo anniversario dalla nascita dell’Università Ebraica. La stessa dove, oltre naturalmente ad Albert Einstein, transitarono come membri del Consiglio anche Sigmund Freud e Chaim Weizmann.
Render che puntano all’aspetto emotivo ed evocativo, più che a rilevare dettagli effettivi dell’intervento quelli esposti in questi giorni a Londra, nella cornice della “summer exhibition” della Royal Academy: struttura a forma di emiciclo con profluvio di superfici specchianti semoventi, destinate a diventare supporto per giochi di luce e proiezioni notturne; svettanti nervature in pietra a reggere una facciata che vorrebbe il più fluido dialogo tra la corte esterna, spazio per la socialità, e gli ambienti interni, dove allocare i circa 80mila tra documenti e oggetti appartenuti ad Einstein oggi nelle collezioni dell’università.
La faccenda è ancora in alto mare, ma c’è già chi solleva dubbi sulla natura di un lavoro destinato a cambiare lo skyline della città: la prima bordata arriva dall’influente blogger americano Richard Silverstein, considerato tra i più influenti analisti della questione arabo-israeliana. Che dalle pagine digitali del suo Tikun Olam critica forma e sostanza: da un lato paventando l’aggressività della costruzione nei confronti del paesaggio locale, dall’altro criticando l’elezione di Einstein a pretesa gloria nazionale. Lui che rifiutò la carica di presidente del nascente Stato di Israele e che, autentico spirito libero, ebbe un atteggiamento non propriamente entusiasta nei confronti del sionismo.

– Francesco Sala

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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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