E ora, una partita a carte

Tarocchi preziosi come gioielli, carte da gioco destinate alle mani della più potente nobiltà milanese del Quattrocento, quelle di Filippo Maria Visconti. Esposti raramente per delicate questioni conservative, ora si possono osservare da vicino a Brera, assieme a una serie di opere che ne delineano il contesto. Sono i tarocchi dei Bembo, in mostra fino al 7 aprile a Milano.

Il fondo è oro, le figure sono quelle del gotico internazionale, l’eleganza è tipica delle più raffinate botteghe artistiche di Milano della metà del XV secolo. E la firma è quella di Bonifacio Bembo (Brescia, 1420 – Milano, 1480), un artista più che prolifico, a servizio delle corti dell’Italia padana dalle quali riceve commissioni di affreschi, di polittici e non da ultimo di mazzi di tarocchi da usare per gli svaghi dei nobili. Quei piccoli cartoncini richiamano con grande immediatezza il contesto cavalleresco della vita delle corti lombarde, dall’otium dei signori e dai loro giochi, al cerimoniale, alla moda nell’abbigliamento e nelle acconciature, offrendo una suggestione che molto deve alla letteratura cortese e ai romanzi medievali di Artù, Lancillotto e Tristano. Suggestione enfatizzata anche dal mistero di cui si ricoprono i tarocchi, con le loro personificazioni della Papessa, dell’Amore, della Giustizia, della Ruota della Fortuna: servivano certamente per un gioco simbolico, ma le regole non ci sono giunte; sappiamo solo che erano assenti i riferimenti divinatori e profetici, diffusi a partire dal XVIII secolo.
Bonifacio Bembo, tuttavia, non lavorava da solo: la sua è una storia di famiglia di artisti, nata con il padre Giovanni e proseguita, anzi condotta proprio da Bonifacio in veste di leader, con i fratelli Andrea, Ambrogio, Benedetto e probabilmente Gerolamo e Lazzaro.

Bonifacio Bembo, Tarocchi Brambilla, Ruota della Fortuna, 1442-1444 circa, Milano, Pinacoteca di Brera

Bonifacio Bembo, Tarocchi Brambilla, Ruota della Fortuna, 1442-1444 circa, Milano, Pinacoteca di Brera

L’esposizione di due mazzi di tarocchi, quello protagonista, denominato “Brambilla” e venduto dall’omonima famiglia all’Accademia di Brera nel 1971, e quello “Colleoni-Baglioni” dell’Accademia Carrara di Bergamo, costituisce il nucleo attorno al quali si dispiega una indagine sulla produzione dell’atelier dei Bembo, con novità importanti dal punto di vista delle attribuzioni ai vari pittori e con una breve panoramica sulla duttilità delle loro professioni: la bottega produce tarocchi, certo, ma anche pale d’altare e affreschi, codici miniati e tavolette decorative per soffitti, in un’attività che a tratti potrebbe definirsi seriale, dove però le singole mani si distinguono con evidenza. La ricerca è ben documentata nel raffinato catalogo, edito da Skira, che permette di approfondire i dettagli emersi da un lungo studio sostenuto da attente indagini archivistiche.
È una piccola mostra che nasce in tutto e per tutto nei tempi della crisi: poche opere di scelta qualità, senza bisogno di prestigiosi inediti o di complicati trasporti da musei stranieri”: i pezzi arrivano infatti dalle città che nel Quattrocento gravitavano attorno al centro metropolitano, come Cremona e Bergamo, o poco più in là, come La Spezia e Firenze; riunite insieme, queste pitture offrono uno spaccato puntuale della Milano più chic di sei secoli fa.

Marta Santacatterina

Milano // fino al 7 aprile 2013
I tarocchi dei Bembo. Una bottega di pittori dal cuore del Ducato di Milano alle corti padane
“quelle carte de triumphi che se fanno a Cremona”
a cura di Sabrina Bandera e Marco Tanzi
Catalogo Skira
PINACOTECA DI BRERA
Via Brera 28
02 72263257
[email protected]
www.brera.beniculturali.it

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Marta Santacatterina

Marta Santacatterina

Giornalista pubblicista e dottore di ricerca in Storia dell'arte, collabora con varie testate dei settori arte e food, ricoprendo anche mansioni di caporedattrice. Scrive per “Artribune” fin dalla prima uscita della rivista, nel 2011. Lavora tanto, troppo, eppure trova sempre…

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