Le sculture dei Fratelli Chapman istigano alla pedopornografia! No, non è uno scherzo, è la posizione dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori su una scultura al Maxxi. Che la toglie dalle sale

La prima riflessione che sorge spontanea è: ma vi accorgete solo ora? Già, perché l’opera d’arte che in poche ore ha guadagnato gli onori della cronaca di un’Italia annoiata e forse obnubilata dal caldo che finalmente pare voler contrassegnare questa bizzarra estate è esposta agli occhi di tutti da diversi mesi, nel più grande museo […]

La prima riflessione che sorge spontanea è: ma vi accorgete solo ora? Già, perché l’opera d’arte che in poche ore ha guadagnato gli onori della cronaca di un’Italia annoiata e forse obnubilata dal caldo che finalmente pare voler contrassegnare questa bizzarra estate è esposta agli occhi di tutti da diversi mesi, nel più grande museo italiano dedicato al contemporaneo, il romano Maxxi. Però qualcuno pare accorgersi solo ora, di Piggyback, dei fratelli inglesi Jake e Dinos Chapman: e sentenzia solo ora che si tratta di una raffigurazione “a chiaro sfondo pedopornografico”.
Di cosa stiamo parlando? Di una scultura che raffigura due ragazzine nude, una sulle spalle dell’altra, dalla cui bocca fuoriesce un organo sessuale maschile. Nulla di inusitato, rispetto alla sempre estrema iconografia degli imprevedibili brothers della Young British Art; e ben poco di clamoroso, se si inquadra la cosa non nel normale ambito della comunicazione, ma nell’immaginario artistico simbolico ed evocativo. Ma Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori, si è messo in testa di “evitare che dietro il paravento dell’arte si promuovano raffigurazioni a chiaro sfondo pedopornografico”. Parole che probabilmente dovrebbe – con maggior cognizione di causa – dedicare anche alle infinite rappresentazioni di Susanna e i vecchioni che popolano la storia dell’arte, e che inviano messaggi subliminali decisamente diretti…
E che fa il Maxxi? Risponde garbatamente picche, ringraziando per l’attenzione? “La crudezza fa parte del lavoro dei Chapman, da sempre caratterizzati da opere che denunciano una realtà malata, che mettono in discussione la falsa moralità e vogliono suscitare dibattito e crediamo fermamente e sosteniamo la libertà di espressione degli artisti“, replica Anna Mattirolo, direttore del Maxxi Arte. Ma poi il museo rimuove inopinatamente l’opera: “dal momento che era prevista una turnazione delle opere, anticiperemo di qualche giorno la sostituzione”, fanno sapere da Via Guido Reni. Soluzione cerchiobottista, che lascia il tema irrisolto? Voi, come la pensate?

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