Winston Churchill e Steve Jobs: ecco chi c’è dietro le velleità di pittore di George W. Bush, che ha imparato a dipingere su un iPad, suggestionato dagli scritti del mitico statista britannico. E intanto inaugura il suo museo privato

Come gli è venuto in mente? Giocando. Un ex presidente degli Stati Uniti, al netto di buttarsi come Jimmy Carter e Bill Clinton sull’impegno umanitario, ha un sacco di tempo libero davanti a sé. Capita allora di impiegarne almeno una parte nella nobile arte del cazzeggio, amplificata nei suoi risultati ultimi dalla potenza irrefrenabile degli […]

Come gli è venuto in mente? Giocando. Un ex presidente degli Stati Uniti, al netto di buttarsi come Jimmy Carter e Bill Clinton sull’impegno umanitario, ha un sacco di tempo libero davanti a sé. Capita allora di impiegarne almeno una parte nella nobile arte del cazzeggio, amplificata nei suoi risultati ultimi dalla potenza irrefrenabile degli strumenti digitali. A svelare l’arcano è lei, Laura Bush, nel corso di un’intervista rilasciata a margine dell’inaugurazione del George W. Bush Center, spazio celebrativo che la famiglia ha realizzato nel campus dell’università metodista di Dallas. Una riproduzione dello studio ovale, una biblioteca, un’ala dedicata alla memoria dell’11 settembre, un resoconto documentato con immagini, video e memorabilia che testimoniano otto anni alla guida del Paese. E un domani, chissà, persino un suo quadro. Ma solo se, dice Laura, “migliorerà”.
L’ex first lady si dilunga sulla nuova passione del marito: del George Bush pittore si sapeva, ancora ignota era la mano che ha armato il pennello del 43esimo presidente della storia degli Stati Uniti. Tutto comincia su un iPad: George, rimasto in panciolle nel suo ranch texano, manda disegnini alla moglie e alla madre Barbara, in giro per gli States. Poi arriva John Lewis Gaddis, premio Pulitzer specializzato nella storia della Guerra Fredda, che tra le pieghe di una serie di incontri e interviste con Bush, avendo scoperto del suo interesse per il pennello, gli mette sul comodino una copia del Painting As A Pastime di Winston Churchill. Se il nostro l’abbia letto o meno non è dato saperlo, resta il fatto che l’illustre precedente dello statista pittore basta e avanza per passare dalla tela virtuale a quella vera e propria. Un processo inverso a quello di David Hockney, insomma.

– Francesco Sala

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Francesco Sala

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