Semplici, luminosi e sostenibili: sono i giochi di domani ideati al Politecnico di Milano. Sei prodotti per la prima infanzia disegnati dagli studenti del corso di design del giocattolo, già esportati all’International Toy Fair di Norimberga

Tanta luce. E un’indagine sulla diversa percezione dello spazio tra adulto e bambino, nel tentativo di costruire attorno a quest’ultimo un contesto che invece di costringere e ingabbiare sia ambito di intima creatività. Sono sei i progetti usciti dal primo, sperimentale, corso di alta formazione in design del giocattolo del Politecnico di Milano: sei oggetti […]

Tanta luce. E un’indagine sulla diversa percezione dello spazio tra adulto e bambino, nel tentativo di costruire attorno a quest’ultimo un contesto che invece di costringere e ingabbiare sia ambito di intima creatività. Sono sei i progetti usciti dal primo, sperimentale, corso di alta formazione in design del giocattolo del Politecnico di Milano: sei oggetti futuribili ma possibili, già portati in trasferta all’International Toy Fair di Norimberga, che per il settore del giocattolo è tra gli eventi più importanti su scala globale. Un comparto che in Germania corre, mentre in Italia resta fermo al palo: i dati Assogiocattoli dicono di un volume di affari diminuito, nel 2012, del 2,2%, con riduzione anche nel fatidico periodo delle feste di Natale (-0,6%); crollano i collezionabili – le action figures, per intenderci – mentre, forse un po’ a sorpresa, tengono botta le care vecchie costruzioni, LEGO in testa: in incremento costante da sei anni consecutivi, con l’anno passato che ha chiuso sul +19%.
Il target puntato al Politecnico è però quello della prima infanzia, terreno nel quale sbizzarrirsi e sperimentare: guardando alla piena sostenibilità, sono finiti i tempi dei giocattoli che vanno a pile stilo, e a un ricorso calibrato alle nuove tecnologie.
Due le variazioni sul tema del cavalcabile, per mandare in pensione i cavallucci a dondolo: trucco semplice ma efficace quello che fa di Lucillo un piccolo accumulatore di energia, con la spinta esercitata dal bambino per spostarsi che viene convogliata e trasformata all’interno del giocattolo da cinetica a luminosa. Più usi il giocattolo più si carica, irradiando un bagliore che perdura anche con il giocattolo a riposo. Strategia analoga quella di Light Rider: basta una dinamo perché un normale triciclo diventi una cavalcatura stile Tron, con luci psichedeliche che disegnano lungo il tragitto forme e animali colorati. Il concetto è quello del Pratone disegnato per Gufram, ormai quarant’anni fa, dal Gruppo Strum: Nido ne è versione in miniatura, con i morbidi fili d’erba giganti che fanno da accogliente spazio per il gioco dei più piccoli, in un aggiornamento eco friendly dell’ormai superato box di una volta; fedele al mito che ai bambini basta poco per divertirsi è Lillo, minimale semisfera che diventa indifferentemente dondolo, mini piscina, slittino e chi più ne ha più ne metta. Dalle dinamiche più immediate a quelle filtrate dalle nuove tecnologie: Dimmy è un pupazzo che associa l’espressione delle diverse emozioni a colori diversi, per un’interazione che gioca sull’empatia e sul riconoscimento di sensazioni astratte; Trippì punta, invece, al rapporto dei bambini con l’ambiente urbano, suggerendo la consapevolezza di distanze ed equilibri all’interno dello spazio.

– Francesco Sala


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Francesco Sala

Francesco Sala

Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di…

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