Installazioni, disegni, dipinti, sculture, di cui spesso sono protagonisti il corpo, l’abito, il tessuto, la pratica del ricamo: forme concettuali, ma anche spazi di narrazione o segni poetici. Un immaginario, quello dell’artista londinese Elisabeth Lecourt, popolato di figure stilizzate, fantasie naif ed evocazioni dal mondo dei giochi, del femminile, dell’infanzia. Con un’attenzione costante alla manualità e alla fattura artigianale.
Vera chicca della sua produzione è la serie Les robes géographiques, progetto a metà tra arte e moda, che attinge dalla tradizione delle antiche carta cartografiche. Micro abitini plissé, come i classici scamiciati per bambine, cuciti a mano e siglati come pezzi unici: un unico modello standard, con variazioni nelle rifiniture (bottoncini, colletti, fiocchi, papillon) e un’ampia gamma di fantasie, ognuna ispirata a una diversa mappa. Documenti affascinanti, perfettamente riprodotti sui tessuti, con cui riscoprire le tratte di celebri viaggiatori e i confini del mondo così com’era qualche secolo fa.
C’è una carta dell’Oceano Atraltico del Cinquecento, una veduta a volo d’uccello di San Francisco del 1846, una mappa turistica di Los Angeles del 1932, la carta di viaggio di Sir Francis Drake a Santo Domingo del 1585, una mappa militare di Bacon, in Virginia, del 1864… In collezione anche qualche pezzo fuori standard, come l’abito-salopette con la mappa di Cambridge, la tuta “palazzo” con una mappa aerostatica di Londra del 1831 o la camicia bijoux con impressa una vista panoramica di Nyc del 1851, capolavoro grafico in bianco e nero, forse in origine una raffinatissima incisione.
Alti poco meno di un metro, gli abitini di Lancourt sono deliziosi feticci per collezionisti d’arte e fanatici di storia. Ma anche per chi sogna ancora di giocare con le bambole.
– Helga Marsala