Grandi firme per Boîte, la rivista in scatola: sul numero monografico dedicato alla Narrative Art, contributi di Renato Barilli e Ascanio Celestini

Non abbandona il regime torrentizio delle pubblicazioni, uscendo – coraggiosamente e onestamente – solo quando ha qualcosa di bello da dirci e il tempo per riuscire a fissarlo su carta. Particolarmente piacevole al tatto e alla vista quella di un decimo numero che appagherà i feticisti dell’oggetto libro ben più di quanto fatto dalle edizioni […]

Non abbandona il regime torrentizio delle pubblicazioni, uscendo – coraggiosamente e onestamente – solo quando ha qualcosa di bello da dirci e il tempo per riuscire a fissarlo su carta. Particolarmente piacevole al tatto e alla vista quella di un decimo numero che appagherà i feticisti dell’oggetto libro ben più di quanto fatto dalle edizioni precedenti. Torna Boîte, la rivista in scatola ideata, cotta e servita da Giulia Brivio e Federica Boràgina: doverosamente e furbescamente a ridosso del Natale, ecco il preventivato numero monografico dedicato alla Narrative Art; nuova collezione di fogli liberi da rilegatura, conservati nelle ormai proverbiali scatole di cartone. Piegate a mano una per una, nelle 250 copie uniche e numerate di un piccolo ma prezioso progetto editoriale. Che diventa ogni giorno più grande, arrivandi ad intercettare firme che inorgogliscono.
Recupera i gradi di docente emerito dell’Università di Bologna, deponendo la penna del polemista e del critico per imbracciare quella del divulgatore: Renato Barilli firma una breve indagine sulla liaison tra arte e narrativa, partendo dalle militanze degli Anni Settanta fino agli sviluppi ottenuti con le nuove tecnologie; passando per le esperienze degli Ontani, dei Salvo e della Transavanguardia. Compaiono, in forma di dialogo, anche i contributi di Ascanio Celestini e Marzia Migliora; voci eretiche e potenti, che offrono sguardi laterali e non convenzionali.

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– Francesco Sala

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Francesco Sala è nato un mesetto dopo la vittoria dei mondiali. Quelli fichi contro la Germania: non quelli ai rigori contro la Francia. Lo ha fatto (nascere) a Voghera, il che lo rende compaesano di Alberto Arbasino, del papà di Marinetti e di Valentino (lo stilista). Ha fatto l'aiuto falegname, l'operaio stagionale, il bracciante agricolo, il lavapiatti, il cameriere, il barista, il fattorino delle pizze, lo speaker in radio, l'addetto stampa, il macchinista teatrale, il runner ai concerti. Ha una laurea specialistica in storia dell'arte. Ha fatto un corso di perfezionamento in economia e managment per i beni culturali, così sembra tutto più serio. Ha fatto il giornalista per una televisione locale. Ha condotto un telegiornale che, nel 2010, ha vinto il premio speciale "tg d'oro" della rivista Millecanali - Gruppo 24Ore. Una specie di Telegatto per nerd. E' molto interista.