Il non profit è vivo o morto? BOCS, a Catania, fa un appello per recuperare fondi. Ma la questione è generale: che ne sarà degli spazi progetto? Piccole oasi di indipendenza, spazzate via dalla crisi?

È uno dei più giovani spazi non profit siciliani. Ed è anche uno tra i più attivi e interessanti. BOCS, nato nel 2008 in un quartiere popolare di Catania – San Cristoforo, dove ha sede anche la Fondazione Brodbeck – è per l’esattezza un “artist run space”, gestito dal 33enne Giuseppe Lana, artista visivo, e […]

È uno dei più giovani spazi non profit siciliani. Ed è anche uno tra i più attivi e interessanti. BOCS, nato nel 2008 in un quartiere popolare di Catania – San Cristoforo, dove ha sede anche la Fondazione Brodbeck – è per l’esattezza un “artist run space”, gestito dal 33enne Giuseppe Lana, artista visivo, e dal 31enne Claudio Cocuzza, designer. In quattro anni venti progetti site specific, le residenze di BOCS Origini ad Agira (in provincia di Enna), un micro-festival del non profit italiano (Riunione di famiglia), la partecipazione ad Artissima Lido 2011 e un 2012 che è iniziato con una grande produzione di Sebastiano Mortellaro, l’installazione Agorà.
Uno spazio che, come i molti esempi gemelli sparsi per lo Stivale, produce qualità, dibattito culturale, fermento creativo, mettendo in campo pochissime risorse economiche, moltissimo impegno e una grande propensione alla sperimentazione, non solo dei linguaggi ma anche e soprattutto delle formule di gestione: cercare modalità di sopravvivenza partecipative, condivise, cooperative, rigorosamente low cost. Ma per tutti gli spazi non profit il problema è, banalmente, quello delle economie. Ovvero: dove trovare il carburante necessario per spingere la macchina, magari riuscendo pure a mettere qualcosa in tasca. Perché chi gestisce un non profit space è difficile che ne abbia un minimo guadagno economico. Si fa per passione, per fede, per necessità. Col rischio di prendere la cosa come hobby (investendoci sempre meno tempo) o di giungere alla soluzione finale: chiudere, rinunciare, passare ad altro. In Italia, quantomeno, funziona così.

Sebastiano Mortellaro Agorà 2012 Il non profit è vivo o morto? BOCS, a Catania, fa un appello per recuperare fondi. Ma la questione è generale: che ne sarà degli spazi progetto? Piccole oasi di indipendenza, spazzate via dalla crisi?

Sebastiano Mortellaro, Agorà, 2012

Fondi pubblici? Manco a parlarne. Sponsor? Pochi e con le braccine corte. Metodi di autofinanziamento? Ce ne sono diversi: dall’asta con opere donate dagli artisti, alla vendita di multipli, dalla produzione dal basso mediante piccole sottoscrizioni, fino all’accordo col collezionista, che si piglia un’opera in cambio di qualche quattrino. Quasi sempre è l’artista a doversi immolare, mettendo a disposizione un lavoro, ma anche curatore e organizzazione non se la passano meglio: prestazioni sempre a titolo gratuito, per l’appunto.
BOCS è andato avanti così, fino a oggi. Autofinanziandosi e ricorrendo a qualche generoso supporter locale. E adesso? Semplicemente, non ce la fa più. Quei miseri 12.000 euro utilizzati annualmente per coprire costi fissi e produzione, non si sa da dove tirarli fuori. E per non rischiare di abbandonare la nave, ecco l’appello: sostenete BOCS con donazioni spontanee, aderendo a un programma di membership o a dei piani di sponsorizzazione. Questo chiedono Lana e Cocuzza, fiduciosi e ancora pieni di entusiasmo. Un entusiasmo che però, da solo, non basta più.
Artribune con piacere veicola la richiesta, ma approfitta anche per lanciare una riflessione: quale futuro per il non profit? Come salvare la grande mole di energia, di talento e qualche volta di innovazione che queste realtà sono in grado di coltivare, in un’ottica di indipendenza dalle logiche del mercato? Che cosa significa, oggi, essere non profit e cosa significherà nell’immediato domani, a fronte di una crisi economica che travolge il settore pubblico come quello privato? Fondamentale il ruolo di questi spazi e collettivi, all’interno del sistema. Ma altrettanto fondamentale sarebbe tracciarne le coordinate future. Puntando anche alla concretezza, oltre che ai (sanissimi) principi.

– Helga Marsala

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

Scopri di più