Come ti racconto il Pakistan. Storie di abiti, stili, evoluzioni sociali, filmate da William Williamson

È il sesto Paese più popoloso al mondo. Coacervo di culture, religioni, tradizioni, uscito da una lunga dittatura e al centro di una zona geopolitica caldissima. Il Pakistan raccontato in un piccolo documentario di un regista ingelse, attraverso il filtro dell’abbigliamento e dello stile

The Silent Conversation, prodotto da Dazed, è l’ultima fatica del regista londinese William Williamson. Uno short film che indaga il tessuto sociale del Pakistan, sfruttando la suggestione di immagini catturate per strada, cucite insieme dal tepore di una voce femminile fuori campo. Dieci giorni di permanenza nella città di Lahore, cercando di penetrare le maglie di una società complessa, in divenire, stritolata fra una millenaria tradizione e una spinta controversa incontro alla modernità, nel cuore di una zona calda che vede il Pakistan confinare con l’Iran , l’Afghanistan, l’India e la Cina.
Appunti di viaggio in una terra difficile, al margine di una storia di violenze, disordini, sopraffazioni, legata a due lunghe dittature militari a forte connotazione islamica, con la recentissima nascita di uno Stato federale civile e un travagliato cammino in atto verso una nuova identità politica, economica, culturale. Una sfida difficile, per un Paese con una popolazione di 179,2 milioni di persone, con un profilo fortemente conservatore, e con oltre sette diversi gruppi etnici e tre religioni: una cacofonia di idee, stili, costumi, tradizioni, ancora in lotta per trovare una forma unitaria improntata alla coesione civile e alla democrazia.

William Williamson, The Silent Conversation

William Williamson, The Silent Conversation

Williamson osserva tutto questo da outsider, soffermandosi su aspetti apparentemente superficiali: segnali, collocati nello spazio eloquente e silenzioso dell’immagine, dell’estetica, della comunicazione, attraverso cui provare a leggere un tale groviglio antropologico, nel mezzo di un infuocato passaggio storico. Lo stile e l’abbigliamento diventano così un indizio prezioso per l’osservazione e la comprensione di un paesaggio umano variegato e molteplice. “L’obiettivo”, racconta il regista, “era quello di esaminare il modo in cui il vestito gioca un ruolo fondamentale nell’espressione di sé. Il modo in cui ci presentiamo dal punto di vista “sartoriale” rappresenta una parte fondamentale di tutto ciò che è umano. Mi affascinava l’idea che indossare un pezzo di stoffa è comune a tutte le culture e che siamo in grado di possedere la nostra identità attraverso il nostro vestito. Mi piace il modo in cui questo incarni l’unità, ma anche la ribellione”.

William Williamson, The Silent Conversation

William Williamson, The Silent Conversation

Unità e ribellione. Ovvero: sondare lo spirito di appartenenza e insieme l’emergere di istanze di rottura, lasciandosi guidare dalla semiotica dell’abito. Le  contraddizioni, le stratificazioni culturali, i desideri, le metamorfosi, i tradimenti, gli estremismi, raccontati da una forma, un tessuto, un colore, una funzione. E così guardare le nuove generazioni,  in corsa verso la conquista di un futuro diverso, fatto anche di libertà e di creatività, ma fortemente intrecciato con un background tradizionale invasivo: ne vengono fuori singolari contaminazioni tra urban style contemporaneo e vecchi cliché,  tra locale e globale, tra oriente e occidente, tra invincibili radicalismi religiosi e nuove istanze di tolleranza.
Ma l’esempio più forte, catturato dalla telecamera di Williamnson, è quello dell’immagine di una giovane donna poliziotto: la divisa delle forze dell’ordine, per la prima volta declinata al femminile, è un messaggio più forte di qualunque manifesto politico.

Helga Marsala

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Helga Marsala

Helga Marsala

Helga Marsala è critica d’arte, giornalista, editorialista culturale e curatrice. Ha innsegnato all’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Roma (dove è stata anche responsabile dell’ufficio comunicazione). Collaboratrice da vent’anni anni di testate nazionali di settore, ha lavorato a…

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