Dai riti dionisiaci alle sfilate. Il valore della maschera nella moda

Ieri Margiela, oggi Glenn Martens. E quante altre volte la moda si è nascosta dietro un velo per riflettere su tutti i significati sostanziali dell’identità umana?

Dai riti dionisiaci al teatro giapponese Nō, dal carnevale di Venezia alle effigi africane, l’atto del mascherarsi ha dato espressione in molte culture a una sovversione dell’identità e una sua simultanea esaltazione. Pirandello sosteneva che la maschera era la verità dell’uomo dove “c’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno“. La moda stessa ha sviluppato una complessità strutturale che si è evoluta attorno alle norme sociali e ai contesti d’utilizzo degli abiti, svolgendo la funzione di occultare e svelare al tempo stesso l’Io. Non solo la moda come fenomeno, ma la scelta individuale e quotidiana dell’outfit contempla il dove e il quando, la pertinenza dell’occasione tenendo in considerazione componenti per nulla banali come il gusto personale e l’espressione di un sé potenziale. Questo processo produce una stratificazione che rende l’essere umano un attore sociale, capace di collocarsi in contesti articolati che favoriscono la cooperazione e l’evoluzione culturale della specie.

Gli studi dei fashion designer sui volti celati 

Dal surrealismo di Schiaparelli alle linee sinuose di Iris van Herpen, dalle atmosfere dark e futuriste di Rick Owens al mistero della completa oscurità di Richard Quinn, i fashion designer sono soliti giocare con le fisionomie nascoste. Come semplice complemento del look o come metafora di alienazione, la maschera nella moda ha omaggiato, raccontato e denunciato, diventando voce dei creativi che l’hanno posata sui volti di modelli e modelle in passerella. Nessuno più di Martin Margiela si è lasciato pervadere dal suo mistero e più di lui ha dato sfogo alla creatività con esercizi stilistici su questo elemento scenico. 

La maschera secondo Martin Margiela

Uno dei primi esempi, la memorabile sfilata Primavera/Estate 1993, dove i connotati delle modelle erano confusi da un leggero strato di mussola di cotone. La potenza concettuale della sua intera produzione si è amplificata attraverso l’anonimato, valore da sempre perseguito da Margiela in quanto artista, con la fiera esclusione dell’elemento logo dai suoi capi e le iconiche Four Stitches a sottolinearne l’assenza (per trasformarsi esse stesse in simbolo di esclusività nell’immaginario del fruitore). Una visione così potente non ha potuto che uscire dal perimetro di pensiero del suo creatore, definirsi in una sostanza identitaria e proseguire il proprio sviluppo autonomo nella sua legacy. Ed è così che i successivi direttori creativi di Maison Margiela, da John Galliano fino a Glenn Martens, hanno contribuito alla continuità dell’eredità artistica di Martin Margiela con nuove interpretazioni dell’elemento maschera.

La maschera secondo Glenn Martens per Maison Margiela

Nel recente debutto alla guida di Maison Margiela, avvenuto al Centquatre-Paris con la collezione Artisanal 2025, Glenn Martens ha omaggiato la ricerca del fondatore con una traduzione contemporanea e mai didascalica del racconto originale. La maschera si è presentata sotto molte vesti inaspettate, frutto del preciso contrasto tanto amato da Margiela tra manodopera artigianale di altissimo livello e materiali misti, spesso di recupero. Coperture integrali di strass di diverse misure, le varianti con catene dorate e cristalli applicati a mano su un velo di tulle, questi elementi bijoux dalla reputazione pacchiana vengono elevati dalla lavorazione meticolosa che si riserva a null’altro che all’haute couture. Scatole in latta, che ricordano la casa della nonna, vengono martellate e plasmate con gli strumenti esecutivi della scultura per dar vita a vere opere d’artigianato. E ancora, applicazioni in finissimo macramè cucite con ago e filo in un effetto tridimensionale degradé. Glenn Martens riprende un accessorio simbolo della maison, lo reinterpreta con delicatezza e lo investe ancora una volta della sua carica semantica, riproponendo in chiave attuale quel rifiuto alla riconoscibilità così intrinseco al brand e proseguendo con intelligenza la rivoluzione chic del leggendario Margiela.

Elena Canesso

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Elena Canesso

Elena Canesso

Nata e cresciuta in provincia di Padova, mossa dalla curiosità verso il mondo e le sue contraddizioni vola in Cina e vive tra Shanghai e Guangzhou dopo una laurea in Mediazione Linguistica e Culturale a Ca’ Foscari. Nel 2016 la…

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