Cosmogonie e rimandi filosofici. Magica sfilata di Gucci a Castel del Monte

La collezione Gucci Resort 22-23 di Alessandro Michele ha debuttato in una location d’eccezione, tra stratificati rimandi culturali e ispirazioni tratte dalla filosofia di Walter Benjamin e Hannah Arendt

Come un vero e proprio dispositivo temporale Castel del Monte, luogo alchemico e magico per eccellenza, diventa la geometria cosmologica perfetta che permette al direttore artistico di Gucci Alessandro Michele di raccontare la propria visione: una costellazione di citazioni e rimandi, un rapporto fertile e profondo con il passato che si riattualizza continuamente. Un tramonto dai colori freddi ha trasportato gli ospiti della collezione Gucci Resort 22-23 in un’atmosfera epica, intesa e struggente. Le architetture basate su implicazioni astronomiche, geografiche, matematiche di questo luogo potente sembrano avere la capacità di rompere la dimensione spazio temporale, creando un effetto di sospensione, una tensione energetica che trova il suo apice nell’inizio dello show. Dal portale di breccia corallina del Castello, vero e proprio stargate, appaiono personaggi rivestiti da segni senza tempo, bagliori e connessioni tra stili e epoche diverse. A guidare Alessandro Michele nella complessità di questa riflessione e di questo luogo che la accoglie è il filosofo tedesco Walter Benjamin, che proprio a proposito del rapporto con il tempo scrive: “la moda ha il senso dell’attuale, dovunque esso viva nella selva del passato. Essa è un balzo di tigre nel passato”.

I RIFERIMENTI A BENJAMIN E ARENDT NELLA SFILATA DI GUCCI

È proprio la filosofia ad accompagnare Alessandro Michele nella lettura dei segni della moda, nelle riflessioni teoriche che accompagnano i suoi show, così come nella decodificazione dei diversi linguaggi di stile di cui è maestro, tanto da meritarsi una lecture ad Harvard sul tema, invitato dal filosofo Emanuele Coccia. Attraverso fasci di luce, proiezioni e costellazioni in movimento, le forme del castello si animano come un’astronave. Ma le connessioni con l’universo non sono solo quelle delle corrispondenze celesti delle divine geometrie, o le suggestioni create dalle voci della missione Spaziale dell’Apollo 11: è lo stesso Alessandro Michele nelle sue note a suggerire che la nostra personale cosmogonia è quella capacità di creare connessioni, di unire elementi apparentemente diversi, poiché “per poter dire qualcosa non si può fare a meno del pensiero dell’altro”. Michele si affida al racconto di Hannah Arendt e Walter Benjamin che, esuli dalla Francia occupata dai nazisti, decidono di andare in Portogallo per tentare una via di fuga verso gli Stati Uniti. È proprio alla frontiera spagnola che il filosofo tedesco, dopo aver affidato alla Arendt alcuni dei suoi manoscritti – temendo di essere catturato – deciderà di togliersi la vita poiché “non avrebbe potuto salvarsi senza quella fitta trama di richiami, rimandi e riferimenti che avevano da sempre animato il suo pensiero composito”. Lo stesso Michele aggiunge, “Benjamin è, in fondo, un collezionista di citazioni. Le rinviene dal fondo del mare, come perle rare che vengono riportate in superficie. Le ricompone, come lacerti di pensieri che devono essere ricomposti, riassemblati, riattualizzati”.

La sfilata di Gucci a Castel del Monte

La sfilata di Gucci a Castel del Monte

LA COLLEZIONE GUCCI RESORT 22-23

“Possiamo dire che Michele cerca l’angelo della storia. Quello che permette alle sue idee di far fare alla moda il ‘balzo di tigre’ nel tempo. Castel del Monte è il luogo perfetto”, ha commentato Patrizia Calefato, docente di Sociologia all’Università degli Studi di Bari e pioniera dei Fashion Studies in Italia, nonché una delle fondatrici della prima rivista scientifica dedicata alla moda Fashion Theory. In questa prospettiva, la collezione Cruise 22-23 diventa seminale nella storia di Michele, da sette anni alla direzione creativa di Gucci, perché esplicita e racconta il suo rapporto con il tempo e le costellazioni creative, che generano la poesia di ogni suo look. Il suo stile è più asciutto e piacevolmente malinconico: il travestimento sembra lasciare spazio all’espressività di pezzi sempre dalla forte personalità, frutto di una stratificazione di mondi e immaginari molto diversi. Geometrie in giustapposizione cromatica, righe, intarsi e strisce, come giubbe di giullari e cortigiani, si trasformano in un caleidoscopio optical, o contrasti di pelle dalla graffiatura punk, o si ripetono romanticamente e ossessivamente, diventando un pattern strutturale come quelli creati negli anni della Secessione Viennese da Emilie Flöge. Pellicce, cappe e blazer si combinano a elementi rubati alle subculture come cuffie e berretti, ma anche a piercing berberi e a copricapi in filigrana da regina bizantina. Una teoria di cavalieri su cui fioriscono costellazioni ricamate, borchie, tulle, mantelli e cotte in luccicanti maglie metalliche, si alternano sotto le mura possenti e scarne del castello che ha fatto da sfondo allo show, nell’esaltazione di una creatività postmoderna e cangiante.

– Alessio de’ Navasques

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Alessio de'Navasques

Alessio de'Navasques

Critico e curatore, ha orientato la sua ricerca sulle intersezioni tra moda e arte contemporanea, collaborando con istituzioni locali e straniere, musei e gallerie private. Ha fondato A.I. Artisanal Intelligence - di cui è direttore creativo - concepito come una…

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