Il rinascimento della Couture: Les Italiens di Gucci e Valentino conquistano Parigi

Il report della Fashion Week, svoltasi a Parigi dal 25 settembre al 3 ottobre 2018. Con il trionfo degli italiani Alessandro Michele di Gucci e Piepaolo Piccioli di Valentino.

Les Italiens”.  Erano chiamati così negli anni 60 i latin-lover italiani che, con un fascino fuori dall’ordinario, conquistavano le mademoiselle francesi in Costa Azzurra. Oggi gli italiani hanno conquistato Parigi e il resto del mondo, in una Fashion Week che ha riportato in auge la Francia come capitale della couture, complice anche una vaghezza milanese che ha lasciato solo il segno di un Green Carpet troppo cinematografico. Alessandro Michele di Gucci e Pierpaolo Piccioli di Valentino non sono solo italiani, sono romani, e questo conferma la teoria della forza creativa di una città percepita come allo sbando ma che, paradossalmente, genera una reinvenzione dell’identità moda in grado di dialogare a testa alta con Parigi.

GLI ITALIANI

Due conquistatori – ognuno con un proprio stile, ma forti di quel carattere italiano che si esprime nella costruzione visionaria rinascimentale, barocca, felliniana di Alessandro Michele e nella energia fisica e costruttiva dell’artigianalità contemporanea ispirata di Pierpaolo Piccioli-. L’energia del sole di Roma, suggerisce a Piccioli colori e costruzioni, ricordi di raffinate donne che negli anni ‘70 frequentavano artisti e vagavano fra le aristocratiche notti dei palazzi romani. Mantelli come tele dipinte, maniche come onde di colore, palette dai toni decisi che culminano con l’arancio sulla pelle scura dell’indimenticabile uscita finale. Una immagine che racconta la couture contemporanea che arriva dopo una serie lunghissima di uscite sulla preziosa femminilità, dove la ragazza scura trionfa come una bellezza senza tempo né geografia, senza incertezze né su di lei né sulla costruzione di un abito eterno. Gli italiani cancellano anche la teoria della sperimentazione che va avanti da troppo tempo: non sono cerebrali, sono istintivi esempi di cosmopolitismo che si esprime oggi meglio nella moda piuttosto che in altre discipline.

DA LEONARDO AL PRESENTE

Come Leonardo aspirava a fare della scienza un’arte, la moda romana cerca di compiere un percorso simile e, in questo senso i nostri creativi diventano Ambasciatori Culturali, anche se prestati ad aziende non italiane, lavorando in altre “corti”, per committenti stranieri pur esprimendo sempre la propria origine.
E Leonardo torna in mente continuamente guardando Alessandro Michele non solo per l’illimitata curiosità creativa, che ne fa un uomo di genio fuori dal comune, ma anche per le evidenti similitudini fisiche. Leonardo era infatti un uomo attraente, con uno stile fuori dall’ordinario: i capelli lunghi e fluenti cadenti sulle spalle in un periodo in cui gli uomini li portavano corti. E poi la barba, un abbigliamento insolito e un carattere affabile, gentile, fortemente carismatico. È così anche Alessandro Michele, quando percorre a piedi Roma per raggiungere i propri uffici, ma anche quando esce a salutare abbracciando a fine sfilata la cantante Jane Birkin, dopo la sua esibizione. È successo ad esempio lo scorso 24 settembre a Le Palace di Parigi.  Le Palace è il luogo perfetto per mandare in scena una performance collettiva come quelle che si sono già svolte in altri luoghi cult: è un teatro trasformato alla fine degli anni ‘70 da Fabrice Eamer in night-club e che, come scriveva Ronald Barthes su Vogue nel 1978, “...non è una semplice impresa ma un’opera d’arte: chi l’ha pensato ha il diritto di sentirsi un artista”.

LA SFILATA

Alessandro Michele va in scena con un video: il palco è occupato da uno schermo che rimanda le immagini girate da Leo de Berardinis e Perla Peragallo che, con il loro teatro della contraddizione, rappresentano i più trasgressivi e appassionati interpreti del teatro di ricerca italiano. Solo dopo questo rito purificatore operato dall’arte ufficiale, che anticipa la teoria dell’assemblaggio di materiali eterogenei e decontestualizzati per trovare nuove significazioni, arrivano gli abiti. Gli abiti, il motivo per cui in teoria avviene tutto, assumono un altro significato tanto da essere presentati uno dopo l’altro in un defilè che avviene tra il pubblico e serve a raggiungere il palco dove poi, ognuno dei modelli si ferma tra gli altri, fino a riempire lo spazio. La rappresentazione di un popolo nuovo che la griffe veste giocando con mille riferimenti e ridisegna persone e personaggi come quelli che abitavano quel luogo: Gucci interpreta lo spirito di William S. Burroughs, Andrée Putman, David Bowie, Antonio Lopez, Diana Vreeland, Andy Warhol, Jack Nicholson, Grace Jones e Jean-Paul Goude.

-Clara Tosi Pamphili

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Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili

Clara Tosi Pamphili si laurea in Architettura a Roma nel 1987 con Giorgio Muratore con una tesi in Storia delle Arti Industriali. Storica della moda e del costume, ha curato mostre italiane e internazionali, cataloghi e pubblicazioni. Ideatrice e curatrice…

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