Moda e confusione. L’editoriale di Aldo Premoli

Ci sono dei segnali che vanno colti in tutta la loro sintomaticità. E notare la Regina Elisabetta II seduta su una seggiola alla sfilata di un neolaureato della Saint Martins significa che il momento è confuso.

La regina Elisabetta premia Richard Quinn alla London Fashion Week del febbraio 2018
La regina Elisabetta premia Richard Quinn alla London Fashion Week del febbraio 2018

Il settore tessile italiano nel 2017 ha segnato “a monte” una lieve flessione (-1%), mentre le aziende operanti “a valle” registrano un bel +6,7%. È un buon segnale, anche se è difficile capire cosa significhi in termini di posti di lavoro e contratti stabili. Nelle importazioni, invece, il “monte” della filiera presenta una variazione pari al +3,5%, mentre il “valle” non va oltre un +1,2%. I passati successi del made In Italy furono dovuti alla straordinaria capacità di penetrazione dei prodotti italiani sui mercati stranieri. È lì che si gioca il futuro delle nostre aziende. Stiamo perdendo quote? Le stiamo riconquistando? Non sono domande da poco e meriterebbero risposte adeguate. Che però pare molto difficile trovare. Più facile incappare nei rituali osanna della stampa, disposta ai piedi delle passerelle. O nelle altrettanto rituali esternazioni dei designer a fine sfilata, dove questa volta spicca però la riflessione dell’ex golden boy della moda britannica Christopher Bailey.

Persino Elisabetta II, per la prima volta nella sua lunga carriera di regnante, si è mossa in questa direzione: a sorpresa si è seduta sulla seggiola da sfilata messa a disposizione da Richard Quinn, al suo secondo show dopo la graduation presso Central Saint Martins.

Per diciassette anni è stato lui la punta di diamante di Burberry, public company inglese da 6 miliardi di sterline, 460 store e 10mila dipendenti. Ora Bailey è in uscita e forse per questo si toglie qualche sassolino dalla scarpa: “È un momento incasinato. Una situazione davvero difficile da processare, ci sono così tante cose in movimento… Così tante cose spiacevoli, così tanti cambiamenti nel modo in cui occorre guardare alla moda, ai gruppi che la producono, al modo in cui il pubblico acquista. Come industria, la moda deve interrogarsi seriamente a proposito dei suoi comportamenti, dei valori che incarna, del modo in cui da sempre vengono fatte le cose. È davvero un momento confuso” (New York Times, 18 febbraio 2018). Pesa senza dubbio la fine di un’esperienza a cui Bailey ha dedicato gran parte della sua vita professionale, ma anche l’atmosfera pesante che la Brexit ha steso sulla fashion week londinese e sulla città in generale. Persino Elisabetta II, per la prima volta nella sua lunga carriera di regnante, si è mossa in questa direzione: a sorpresa si è seduta sulla seggiola da sfilata messa a disposizione da Richard Quinn, al suo secondo show dopo la graduation presso Central Saint Martins. Quinn è stato premiato appunto con il Queen Elizabeth II Award for British Design. I Briton, pure loro, sembra abbiano un bel da fare.

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Aldo Premoli

Articolo pubblicato su Artribune Magazine #42

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Aldo Premoli
Milanese di nascita, vive a Noto e Cernobbio. E poi New York, dove lavorano i suoi figli. Tra il 1989 e il 2000 dirige “L’Uomo Vogue”. Nel 2001 fonda Apstudio e fornisce consulenze ad aziende e associazioni industriali italiane e straniere. Ha tenuto conferenze in tre continenti per Ice, Anci e Aimpes e curato esposizioni che fanno da ponte tra arte e moda. Tra il 2013 e 2014 dirige “Tar magazine”, rivista di arte, scienza ed etica. Attualmente è blogger di “Huffington Post”, columnist de “Linkiesta” e direttore della piattaforma hyper local "SudStyle". Curatore indipendente di mostre che fanno da ponte tra arte e scienza. In Sicilia ha fondato “Mediterraneo Sicilia Europa onlus”, in Lombardia “La Cernobbina Art Studio”. Svolge attività di visiting professor per accademie del nord come del sud della Penisola.