Design e fotografia contemporanea: i mobili di Alias in giro per Bergamo negli scatti di Luca A. Caizzi

La nuova campagna fotografica rilegge con un linguaggio diverso uno schizzo del designer Alfredo Häberli all’uscita del suo sistema di arredi componibili SEC. Ne approfittiamo per ripercorrere la comunicazione dell’azienda (nata con la Spaghetti Chair) da sempre intrecciata con le arti visive

Nel 1997, all’uscita del suo sistema di arredi SEC che inaugurava la sua collaborazione con Alias, il designer argentino Alfredo Häberli (Buenos Aires, 1964), allora poco più che trentenne, fece uno schizzo in cui le librerie, le cassettiere e gli altri elementi modulari cambiavano scala e si trasformavano in edifici in una Bergamo inventata, ribattezzata per l’occasione “SEC-City”. Il progetto di SEC – un acronimo che sta per Sistema Elementare (o Emozionale) Componibile – era nato piccolo piccolo ed era cresciuto strada facendo. 

Design e fotografia contemporanea: i mobili di Alias in giro per Bergamo negli scatti di Luca A. Caizzi
Alias SEC city Ph Luca A. Caizzi

Alfredo Häberli e Alias: alla ricerca di un’estetica “necessaria”

All’inizio avevo pensato a un carrellino con due altezze possibili, un oggetto tutto sommato umile con cui entrare in azienda in punta di piedi, poi ci siamo accorti che si trattava di un sistema potenzialmente infinito”, ricorda Häberli, che si è trasferito giovanissimo a Zurigo e ancora oggi ha il suo studio nella città elvetica. Dopo SEC sono arrivati altri progetti, 18 in totale, dal Legnoletto (nel 2001), alle poltroncine Segesta (2003), dalla seduta per esterni Plein Air (2007) al tavolo Ago (2014). L’ultimo è la poltrona Time, con una seduta dalla semplicità quasi disarmante: ritagliata in foglio bidimensionale di ABS, una resina termoplastica che si usa di solito nei caschi da moto o da sci, viene piegata e fissata con cinque viti alla struttura in tubolare di acciaio. “La mia collaborazione creativa con Alias è sempre stata caratterizzata dalla ricerca di nuove tipologie, dalla scoperta di materiali innovativi o dal recupero di temi dimenticati”, racconta il designer. “Ci troviamo d’accordo anche sul fatto che la forma, come accade nel caso di Time, non debba essere arbitraria ma quella che serve per ottenere la giusta resistenza. Sull’idea, insomma, di un’estetica necessaria”. 

Design e fotografia contemporanea: i mobili di Alias in giro per Bergamo negli scatti di Luca A. Caizzi
Alias Cammello ph Carlo Orsi

Gli arredi di SEC per le strade di Bergamo, la nuova campagna fotografia firmata da Luca A. Caizzi

Per celebrare il rilancio di SEC, che è stata da poco riproposta con nuove finiture, l’azienda bergamasca fondata da Carlo Forcolini, Enrico Baleri e altri partner nel 1979 ha scelto di riaprire il dialogo tra i prodotti e le architetture della sua città già cominciato nel 1997, utilizzando però il mezzo fotografico. Gli scatti di Luca A. Caizzi, fotografo e direttore creativo conosciuto anche come fondatore della rivista indipendente C41, mettono in scena gli elementi che compongono il sistema modulare disegnato da Alfredo Häberli in alcuni tra i luoghi più emblematici e più riconoscibili di Bergamo, da Piazza della Libertà sulla quale si affaccia l’omonimo palazzo nato negli anni Trenta come Casa Littoria al Centro Piacentiniano, il complesso architettonico dei primi anni del Novecento che rappresenta il cuore pulsante della Città Bassa con i suoi uffici ed edifici pubblici. In questo modo, la mappa disegnata da Häberli prende vita. 

La ricerca visiva di Alias dal 1979 a oggi

Il legame tra Alias e la cultura visiva italiana non è comunque cosa nuova. Fin dalla leggendaria presentazione alla galleria Studio Marconi della Spaghetti Chair (allora Odessa) – la sedia formata da un tondino in pvc avvolto tutto attorno a una struttura in acciaio come un lunghissimo spaghetto attorcigliato su una forchetta progettata da Giandomenico Belotti insieme a Baleri e ancora oggi assemblata a mano da una sola persona nella fabbrica di Grumello del Monte (BG) – e della collezione Broomstick firmata da Vico Magistretti, c’è una forte contaminazione con tutte le forme di espressione della creatività, dalla pittura alla fotografia e al cinema. Il nome stesso dell’azienda è tratto da un film, il western Pat Garret & Billy the Kid del 1973, in cui un Bob Dylan totalmente fuori contesto, invitato a declinare le sue generalità, pronuncia la frase “Alias anything you please”, puoi chiamarmi in qualunque modo tu voglia. Emilio Tadini e Gillo Dorfles furono appassionati collaboratori della rivista interna pubblicata nella seconda metà degli Anni Ottanta, che a differenza della maggior parte degli house organ rifletteva su temi teorici come la natura del concetto di stile o l’opportunità o meno di considerare il tessuto urbano come una partitura in cui gli edifici “parlano” o “cantano”, mentre fotografi come Miro Zagnoli, Aldo Ballo e Santi Caleca scattavano immagini di grande impatto per le campagne fotografiche. 

Design e fotografia contemporanea: i mobili di Alias in giro per Bergamo negli scatti di Luca A. Caizzi
Alias Rebranding disegno preparatorio di Studio Temp per il nuovo logo

Riattualizzare l’archivio: la nuova identità elaborata da Studio Temp

Negli ultimi anni, l’azienda ha intrapreso un processo di rebranding con un nuovo team di creativi che comprende gli architetti e designer David Lopez Quincoces e Francesco Meda e lo Studio Temp, una realtà giovane (è nata nel 2007 proprio a Bergamo) ma già ben affermata soprattutto nell’arte contemporanea e nella moda. Il punto di partenza di questo lavoro è stato osservare il passato, che ha quasi sempre qualcosa da insegnare. “Quando facciamo un lavoro di questo tipo ci piace non inventare nulla, preferiamo partire dagli archivi”, spiegano i tre fondatori dello studio. “Spulciando tra i materiali storici ci siamo accorti, per esempio, che c’era stato fin da subito un uso molto libero del colore, una cosa non scontata per un’azienda di design. Un ritrovamento molto importante è stato quello di una vecchia carta intestata con le scritte inclinate, una scelta avanguardista per l’epoca”. Da lì, la scelta di costruire un logo che fa dell’inclinazione la sua cara stilistica e che accelera progressivamente, passando per gradi dall’italica al turbo, una versione ancora più obliqua dello stesso carattere tipografico.  

Giulia Marani

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Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

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