A Milano va in mostra il design delle nuove generazioni. Nuove luci su un presente oscuro
La galleria Delvis (Un)Limited elabora il buio del presente trasformandolo in forme tangibili. In mostra oggetti che evocano corpi postumani, tra fascinazioni medievali e scenari cyber, capaci di tradurre inquietudini in linguaggi di resistenza

Per centinaia di anni, il Medioevo è stato liquidato come l’epoca dei ‘secoli bui’, un’etichetta che la storiografia ha da tempo smentito. Eppure, guardando al presente – tra guerre, crisi climatiche ed eco-ansia – non viene il dubbio che i veri secoli bui siano i nostri? Certo, allora i problemi erano altri: feudalesimo, legge del taglione, brutalità esplicita (chi più ne ha più ne metta). Oggi la violenza assume forme meno visibili ma più pervasive, abilmente veicolate da tecnologie che registrano, diffondono e amplificano qualsiasi distopia. In questo contesto le nuove generazioni cercano risposte sperimentando linguaggi alternativi, e lo fanno, paradossalmente, proprio con gli stessi strumenti digitali che alimentano controllo e sorveglianza. Perché se è vero che la tecnologia osserva e condiziona, è anche ciò che ci permette di conoscere, capire e, forse, resistere.
La mostra “Dark Times, Bright Signs” a Milano
È da qui che parte la mostra Dark Times, Bright Signs, allestita negli spazi di Delvis (Un)Limited in Via Fatebenefratelli 9, a Milano. L’esposizione a cura di Valentina Ciuffi – con la direzione creativa di Studio Vedèt e l’allestimento di Space Caviar – prosegue idealmente il percorso avviato con The Theater of Things durante la Design Week. E se allora l’attenzione era rivolta alla dimensione domestica, oggi lo sguardo si allarga al clima di incertezza collettiva, mostrando come anche l’estetica dei giovani designer abbia assorbito le ombre e le luci di questi tempi complessi.

“Dark Times, Bright Signs”. Sedie-armature, sculture luminose e vasi minacciosi
Gli oggetti esposti traducono queste tensioni in forme concrete. La Chainmail Chair di Panorammma, ad esempio, è una sedia composta da anelli metallici intrecciati a mano che scivolano come un tessuto: un’armatura morbida che riflette il rapporto ambiguo tra protezione e costrizione. Jirah, con la Corseted Ceremony Seat, propone invece una seduta in noce naturale avvolta in un corsetto rigido: un arredo che assume un aspetto antropomorfo, tra memoria rurale, spiritualità e oppressione. Diaphan Studio, con Horizon, mette a punto una scultura luminosa che passa dal silenzio a un bagliore improvviso, evocando l’immagine di un orizzonte che si accende nel buio. Altri lavori aprono a letture diverse ma complementari. Lo Specchio di Natalia Triantafylli combina ceramica e plastica 3D, mettendo in cortocircuito natura e artificio. Duccio Maria Gambi lavora con blocchi di marmo rivestiti di acciaio specchiato che annullano e riflettono la pietra, facendo dialogare sguardo umano e materia geologica. Still Here di Joy Herro è un vaso nero, duro e minaccioso come un ordigno, che però custodisce una pianta viva: una riflessione sull’ambiguità del presente, sospeso tra distruzione e rinascita.








Il design come forma di resistenza da Delvis (Un)Limited
Più che oscuri, questi oggetti appaiono stranianti e potenti: metabolizzano la complessità del nostro tempo e la restituiscono come segno di resistenza e consapevolezza. Non una semplice esposizione, ma un’esperienza immersiva che resterà aperta fino a febbraio 2026, invitando a riflettere su come il design possa trasformare le ombre della contemporaneità in nuove forme di coscienza.
Cecilia Moltani
Milano // fino a marzo 2026
Dark Times, Bright Signs
DELVIS (UN)LIMITED
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