Che cos’è un “progetto necessario”? Le risposte del festival Agorà Design

Da Martano (Lecce), un borgo di ottomila abitanti in Salento, e dal suo evento dedicato al design che si è svolto all’inizio di ottobre, arriva una serie di riflessioni sul “buon progetto”. Su quello, cioè, capace di rispondere ai bisogni reali delle persone e delle comunità senza troppe sovrastrutture

Il quartier generale del festival Agorà Design è da qualche anno l’ex castello aragonese che domina il centro di Martano, una fortificazione atipica con un solo torrione cilindrico, sul lato sinistro della facciata. Quello di destra venne abbattuto a fine Ottocento, quando il barone Mario Comi volle trasformare quella che allora era già una residenza baronale – ma che portava ancora le stimmate architettoniche del suo passato – in un palazzo più moderno e signorile. A rendere necessario l’abbattimento della torre concorreva anche una questione pratica: imponente com’era, ostacolava le manovre dei carri, allora il principale mezzo di trasporto. L’ex castello oggi ci appare un po’ sghembo, e ci spinge a ragionare su quanto il concetto di necessità possa variare a seconda delle epoche storiche. Ma che cos’è, oggi, un progetto necessario? Un progetto capace di rispondere a un bisogno reale rimasto fino a quel momento insoddisfatto o addirittura inespresso? Un progetto responsabile, che non si limita a portare l’ennesimo oggetto in un mondo che prolifera già di cose di ogni tipo ma in qualche modo aggiunge valore?  Un progetto in fase col presente e con le sue criticità? O forse tutte e tre queste cose insieme?

L’ultima edizione di Agorà Design, un pungolo per architetti e designer

“Il progetto necessario” era, appunto, il filo rosso che legava tutte le iniziative (esposizioni, concorsi, incontri e laboratori) legate all’edizione 2025 di Agorà organizzata nel borgo dal 3 al 5 ottobre con ospiti del calibro dei designer Giulio Iacchetti e Francesco Faccin, del fondatore di Poli.Design Francesco Zurlo, e dei grafici Mauro Bubbico e Stefano Cipolla. “Per arrivare a mettere a fuoco questo tema abbiamo lavorato tantissimo insieme a tutto il nostro team”, racconta Lucia Rescio, general manager dell’azienda Sprech che produce arredi e coperture per l’esterno proprio a Martano ed è fin dall’inizio il motore del festival. “Viviamo in un  contesto in cui il superfluo la fa da padrone, perciò abbiamo voluto stimolare, e anche un po’ provocare, i designer affinché progettassero qualcosa che potesse tornare a essere necessario. Parlando con i relatori coinvolti nei talk e con i curatori delle mostre, ci siamo resi conto che questo concetto ha molte sfumature e che il modo in cui ciascuno di loro lo intende riflette quasi perfettamente la sua concezione del progetto in generale, e direi addirittura la sua personalità”.

Agorà Festival, 2025. Photo 40 Mirrors
Agorà Design, 2025. Photo 40 Mirrors

Alla ricerca del “buon progetto”: i vincitori del concorso

Per Iacchetti, intervenuto anche come membro della giuria del concorso di idee collegato alla rassegna, il buon progetto è l’esatto contrario del gadget privo di pensiero e di spessore: “Noi dobbiamo fare bene le cose che sappiamo fare, con rispetto per i materiali, per le persone e per i loro lavoro. Gli oggetti tendenzialmente sono sempre buoni, soprattutto quando raccontano delle storie. Ce ne sono alcuni, però, con cui abbiamo un feeling particolare e che funzionano per noi per ragioni anche misteriche. Abbiamo tutti l’ambizione di disegnare oggetti del genere, però non dobbiamo essere pigri perché la pigrizia genera gadget”. Tra i progetti, circa 80 in totale, selezionati per la fase finale i giurati hanno scelto quelli che, secondo loro, incarnavano meglio il concetto di “less is more”: quelli, cioè, capaci di fare tanto con poco. Il sistema luminoso Gabbiano di Marta Doberti, vincitore della sezione Living per quanto riguarda la categoria dei professionisti, incarna questa filosofia con il suo cavo conduttore portante al quale si possono sospendere dei moduli leggerissimi. Lo sgabello Tiratisù di Patrizia Bertolini, secondo classificato, nasce dall’incontro tra tre elementi identici tra loro in legno di betulla curvato.  Nella sezione dedicata al Garden, all’outdoor, ad aggiudicarsi il primo premio è stato Aldo Mucciarone con il daybed Salice.

Agorà Festival, 2025. Photo Antonio Leo
Agorà Design, 2025. Photo Antonio Leo

Agorà Off, il concetto di “necessario” tra Martano e il mondo

La novità principale di quest’anno è stata il debutto di un programma “off”, un contrappunto culturale al festival dedicato a diversi linguaggi espressivi, dall’arte contemporanea alla fotografia oltre naturalmente all’architettura e al design, che rimarrà visitabile fino al 24 ottobre nel Palazzo Ducale di Martano. Un modo, anche, per portare in questo angolo di Salento esperienze nate altrove (a Milano, in Europa o addirittura in Tanzania) e rinsaldare ulteriormente il legame già molto forte tra Agorà e il suo territorio. L’evento, infatti, mette in moto le energie di tutto il circondario e apre uno spazio di discussione e di incontro tra progettisti e aziende locali e non, mostrando ancora una volta, se mai ce ne fosse il bisogno, che è possibile fare design, e   pensare design, anche lontano dalle sue piazze più famose. Tra le proposte che abbiamo trovato più interessanti, la Warka Tower dell’architetto Arturo Vittori, una torre in fibre naturali intrecciate che raccoglie la condensa nell’aria per fornire acqua potabile ai villaggi più isolati. Le invenzioni progettuali, toccanti e intelligenti, dei bambini delle scuole di Martano e dei comuni vicini raccolte nella mostra Agorà Design Kids: oggetti che per il momento non esistono ma di sicuro saprebbero farci sorridere come il “raddrizza chiodi”, il “traduttore per animali” o il “piatto cambiagusto” in grado di trasformare il sapore delle verdure in quello delle patatine fritte. E, ancora, la mostra sugli shelter e i rifugi di emergenza curata da Alessio Battistella, architetto e co-fondatore dello studio Arcò – Architettura e Cooperazione, più che mai necessaria in un mondo in cui sempre più persone sono costrette ad abbandonare le loro case da guerre e calamità naturali.

Giulia Marani

Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati

Giulia Marani

Giulia Marani

Giornalista pubblicista, vive a Milano. Scrive per riviste italiane e straniere e si occupa della promozione di progetti editoriali e culturali. Dopo la laurea in Comunicazione alla Statale di Milano si specializza in editoria a Paris X-Nanterre. La passione per…

Scopri di più