Torna a fine estate 2025 il design festival del Lago di Como
"Fragments" è il tema dell'edizione 2025 della rassegna in programma dal 14 al 21 settembre nella città lariana e sulle rive del suo lago. È un'allusione all'attualità, in cui tutto sembra parlare di frammentazione e di confini, ma anche, e soprattutto, un inno alla preservazione della memoria e alla rigenerazione dei materiali

Evocare il concetto di frammento in questo preciso periodo storico potrebbe coincidere con il prendere atto di una serie di criticità: le turbolenze della geopolitica, ovviamente, con 57 conflitti in atto in questo momento – quasi una guerra mondiale diluita in piccoli rivoli –, la disgregazione dell’opinione pubblica in una serie di bolle che si parlano addosso, l’isolamento provato da molti mentre le piazze virtuali si sostituiscono lentamente a quelle fisiche. C’è di certo tutto questo sullo sfondo di Fragments, il titolo-tema scelto dal Lake Como Design Festival per la sua settima edizione in programma dal 14 al 21 settembre 2025, ma c’è anche qualcosa in più.







Il frammento che rievoca e interroga: Aldo Rossi e Ico Parisi
Usato come filo tematico per unire, come succede ogni anno nella rassegna ideata da Lorenzo Butti, diverse mostre d’arte, d’architettura e di design mostrando diverse facce della creatività in un contesto d’eccezione, tra ville affacciate sul lago e luoghi storici, il frammento non è solo ciò che resta sul campo dopo un evento traumatico e deve essere riattaccato o ricomposto, ma rappresenta semmai un’opportunità. Lo dimostrano, per esempio, le due iniziative dedicate ad Aldo Rossi (Milano, 1931-1997) e Ico Parisi (Palermo, 1916 – Como, 1996), entrambi legati al territorio anche se in moso diverso. Per l’architetto milanese, che si trasferì a Como con la famiglia nel 1941 per sfuggire ai bombardamenti e trascorse in città parte dell’infanzia e della giovinezza, il riutilizzo di elementi del passato nei progetti serviva a richiamare ricordi personali o collettivi, e ognuno di essi funzionava come il nodo di una narrazione. L’esposizione Aldo Rossi. Architettura per frammenti, allestita nella chiesa sconsacrata di San Pietro in Atrio con la curatela di Chiara Spangaro e la collaborazione della Fondazione Aldo Rossi, approfondirà il tema del frammento, molto presente nel suo lavoro sia teorico che architettonico in particolare a partire dagli Anni Sessanta, attraverso una selezione di disegni, fotografie, testi e documenti.
Nelle opere della serie Crolli edificanti – Tavole di provocazione realizzate da Ico Parisi (di origini siciliane ma comasco d’adozione fin dal 1925) tra la fine degli Anni Settanta e i primi Anni Ottanta, la ricomposizione di frammenti di una stessa immagine suggerisce una riflessione sul disfacimento dell’abitare. Con loro, per la prima volta esposte a Como, l’Archivio Design Ico Parisi inaugurerà la sua nuova sede durante il festival.

La poetica del frammento nel design contemporaneo
Nelle sale di Villa del Grumello, la dimora storica che fu una delle prime residenze estive e da anni è uno dei luoghi cardine del Lake Como Design Festival, il frammento custodirà la memoria di avventure progettuali del passato come quella della designer brasiliana Claudia Moreira Salles, alla quale ETEL deduca una retrospettiva, o di Anni Albers, rilanciata e reinterpretata da Dedar. Nella Contemporary Design Selection, un osservatorio sul design contemporano, soprattutto giovane, a cura di Giovanna Massoni che tornerà a popolare gli spazi lungo il suggestivo Chilometro della Conoscenza, la ricomposizione e il recupero di “pezzi” di materiale o di antiche lavorazioni artigianali rappresenta una sorta di catarsi, un modo per abbracciare la precarietà della condizione umana e cominciare a costruire un futuro migliore proprio a partire dalle rovine del passato. “Sono partita da una visione vicina a quella del filosofo Walter Benjamin, per cui il frammento era sempre il frutto di una violenza e l’attenzione necessaria ad individuarlo e ridargli presenza un atto di giustizia“, spiega la curatrice. “Abbiamo cominciato, come ogni anno, con una call pubblica che individuava tre direttrici di ricerca: una più legata ai nuovi materiali compositi e alla valorizzazione degli scarti di pietre naturali o provenienti da lavorazioni industriali, un’altra basata sul riportare alla contemporaneità pratiche ataviche e rituali passati e una terza che celebra l’estetica e la meccanica della frammentazione o della potenziale frangibilità. Tra le tante candidature abbiamo selezionato una cinquantina di progetti provenienti da tutte le parti del mondo“.
Le anteprime della Contemporary Design Selection
Per tutti, il frammento non è un elemento residuale ma uno stimolo per creare qualcosa di nuovo e per riflettere sulle cicatrici, personali e collettive, che segnano individui, popoli e territori. “Nel filone legato alla memoria e al recupero di antiche tecniche artigianali, avremo per esempio Kazuki Nagasawa con il suo studio Super Rat, che dopo aver vinto il premio del SaloneSatellite con i suoi vasi dalle forme quasi eteree realizzati con fibre di corteccia, presenterà una lampada da tavolo“, preannuncia Giovanna Massoni. “C’è, però, anche tutto il discorso legato ai conflitti in atto. Lo vediamo con Rugsandrugs, dall’Ucraina, che ricrea dei paesaggi percorsi da linee di rottura, o con la connazionale Lyuda Skrynnykova e il suo discorso intimistico sul riassemblaggio di piccoli oggetti trovati sui mercatini o nei negozi dell’usato, una pratica che mima le abitudini degli sfollati. Quando le persone abbandonano le loro case in fretta e furia per sfuggire ai bombardamenti, possono portare con sé poche cose care che poi ricomporranno sulle pareti di alloggi di fortuna. Oppure con il lavoro della designer franco-libanese Lucie Gholam sulle macerie come archivi sensibili“.
Da segnalare è anche il numero crescente di collaborazioni tra designer e aziende, come nel caso del progetto presentato dalla piattaforma creativa Agglomerati, che ha sede sull’Isola di Man, e dal designer Sho Ota: un’installazione modulare formata da sedute create a partire da frammenti di marmo travertino di recupero che creerà un paesaggio mobile invitando al tempo stesso i visitatori alla convivialità. “Quest’anno abbiamo inserito per la prima volta nel bando la possibilità per i progettisti di partecipare associandosi a un’azienda“, chiarisce la curatrice. “Si tratta di una modalità che offre molti benefici, non solo di carattere pratico. Il design è una pratica rivolta alla comunità, e finché chi progetta non si abitua a collaborare con chi produce e distribuisce il prodotto rimane ipotetico“.

Uno sguardo sul mondo dei giovani designer, tra attivismo e isolamento
A Giovanna Massoni, che ogni anno vede sfilare un certo numero di talenti, abbiamo chiesto anche di provare a tracciare un profilo del designer emergente. “Al netto del greenwashing, che pure ritrovo in certi scritti, c’è un grande sensibilità che si traduce in una forma di attivismo. I giovani sono sempre più impegnati, hanno voglia di intervenire nell’attualità o di contribuire al recupero di pratiche artigianali a rischio di estinzione. L’oggetto non è fine a se stesso, ma carico di contenuti e preoccupazioni“. Che cosa manca? In alcuni casi, la comunità, il confronto con gli altri. Il rischio è diventare isole. Preoccupate per l’ambiente, volenterose, operose, ma pur sempre isole. “Trovo alcuni progetti ancora poco maturi perché sono condotti da individui, slegati da un’idea di comunità. Diventare artigiani e autoprodursi va benissimo, ma c’è il rischio di diventare autoreferenziali e rinchiudersi in tante situazioni un po’ satellitari“.
Giulia Marani
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