Morto l’architetto Frank Gehry, gigante rivoluzionario dell’architettura contemporanea

Gigante dell’architettura mondiale, Frank Gehry si è spento all’età di 96 anni. Decine le sue opere in tutto il mondo, tra cui il Guggenheim Museum di Bilbao e la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles

L’architetto Frank Gehry è scomparso il 5 dicembre 2025 all’età di 96 anni: di nazionalità canadese, naturalizzato statunitense, il progettista ha saputo dare al corso del nostro Novecento una nuova forma, decostruita, spettacolare, al limite dell’incredibile. Autore dei alcuni più iconici musei e spazi per la cultura del nostro secolo, primo fra tutti il celebre Guggenheim di Bilbao, Gehry lascia nel palinsesto globale il segno tangibile del suo modo di costruire, con volumi scomposti e linee impreviste che hanno saputo spezzare la tradizione e aprire il campo a gamma inedita di visioni architettoniche. 

Ritratto Frank Gehry
Ritratto Frank Gehry

Chi era l’architetto Frank Gehry

Frank Owen Goldberg, per tutti Frank Gehry, nasce a Toronto il 28 febbraio 1929, da una famiglia di origini polacche. Nel 1954 ottiene la laurea alla University of Southern California e inizia a lavorare a tempo pieno presso la Victor Gruen Associates, dove aveva già opera come apprendista part-time. Dopo un anno nell’esercito, viene ammesso alla Harvard Graduate School of Design dove studia pianificazione urbana. Segue, nel 1961, il trasferimento a Parigi, dove vive per qualche anno maturando un percorso di “esplorazione fluida” dell’architettura che lo fa avvicinare a Le Corbusier come alle cattedrali gotiche, collaborando nel contempo con André Remondet. Tornato negli Stati Uniti, fonda nel 1962 lo studio di architettura Frank O. Gehry and Associates, con sede a Los Angeles (dal 2001 divenuto Gehry Partners, LLP). Lavora intensamente soprattutto nel settore residenziale, innovando il concetto di casa unifamiliare: risale al 1978 il completamento della Gehry Residence a Santa Monica, spiazzante dimora di famiglia dell’architetto e “manifesto abitabile” del suo modo di intendere l’abitare domestico, con l’imprevista alternanza fra pieni e vuoti e l’impiego del rivestimenti in lamiera per i volumi deformati che ridefiniscono l’identità di un edificio, in origine, in stile coloniale. È così che inizia a far intravedere, seppur in nuce, la cifra stilistica del suo pensiero progettuale: dal tratto postmoderno e decostruttivista: trascendendo la geometria euclidea e i principi su cui si è fondato il progettare tradizionale, il decostruttivismo abbraccia disarmonie e scomposizioni frammentarie, lasciando spazio alle infinite possibilità del molteplice.

Frank Gehry alla Biennale di Venezia su invito di Paolo Portoghesi

Nel 1980 viene invitato da Paolo Portoghesi a realizzare una delle facciate della Strada Nuovissima, l’iconica installazione esposta alla Biennale di Venezia. È in quell’occasione che il segno di Gehry si esplicita in un’interpretazione postmoderna del balloon frame statunitense. Sono gli anni in cui il suo pensiero innovatore ha modo di affermarsi su scala internazionale, con un allontanamento dai progetti residenziali per dare luce a dispositivi architettonici di fortissimo impatto visivo: nascono su questa scia progetti dove volumi scomposti e sospesi si scontrano nella creazione di una facciata dinamica e senza precedenti. Progetti che hanno portato Frank Gehry a vincere il Pritzker Prize nel 1989, tra cui il California Aerospace Museum (1984) di Los Angeles e, in Europa, il Vitra Design Museum (1989) a  Weil am Rhein, in Germania.

I massimi capolavori di Frank Gehry 

Con l’assegnazione del più rilevante riconoscimento internazionale, la carriera di Gehry si avvia verso una stagione di successi globali. Primo fra tutti, quello derivante dal progetto che ha consacrato la sua figura nella storia dell’architettura internazionale: il Guggenheim di Bilbao, aperto al pubblico nel 1997. Un mastodontico “veliero” argentato dove centinaia di pannelli in titanio, ciascuno con inclinazioni specifiche, si intersecano e rincorrono sino a comporre un edificio straordinario, in grado di attirare le masse, riqualificare completamente l’assetto urbano locale e rivoluzionare completamente la concezione di museo, che torna così in auge come istituzione capace di inserirsi audacemente nella società globale, riscrivendo il destino di un territorio. Nel 2003 inaugura a Los Angeles l’altrettanto celebre Walt Disney Concert Hall, un capolavoro di acustica e architettura frutto di 16 anni di lavoro: definita come una barca a vela con il vento in poppa”, l’imponente facciata in acciaio si staglia nel cielo rivoluzionando lo skyline urbano. Spazio caratterizzato dalla spiccata polifunzionalità, la Walt Disney Concert Hall si è inserita nella comunità californiana come un grande salotto in cui nutrirsi di cultura. 

Le opere di Frank Gehry in Europa 

Fortemente legato al contesto statunitense, Gehry ha lavorato in più occasioni in Europa: dall’Hotel Marqués de Riscal di Elciego, in Spagna, alla cosiddetta Casa danzante di Praga, insieme all’architetto croato Vlado Milunić. In Francia, in particolare, sono presenti due tra le sue opere recenti più apprezzate. Il 2014 è stato l’anno della Louis Vuitton Foundation, architettura scultorea concepita per accogliere il vasto programma culturale dell’omonima fondazione per la Parigi del XXI secolo: ispirandosi ai padiglioni in ferro e vetro che nell’Ottocento abitavano l’adiacente Bois de Boulogne, Gehry ne propone una versione contemporanea e scomposta, dove l’esterno si fonde con l’interno tramite la forza della materialità e della forma degli elementi vitrei utilizzati. Uno dei suoi ultimi, iconici edificio è la Fondazione LUMA (2021), ad Arles: attraverso la sua torre in mattoni di acciaio adibita a gallerie e spazi performativi, workshop e archivi e inserita nel parc des Ateliers, Gehry omaggia la città la luce, nota per la presenza di Vincent Van Gogh, puntando su un linguaggio totemico e decostruttivista. La figura di Gehry risulta rivoluzionaria anche nel suo modus operandi, dove la massiva produzione di modellini tridimensionali si sposta, sin dagli albori del digitale, su software derivati dalla progettazione aerospaziale, in grado di calcolare e tradurre le visioni dell’architetto in imprevedibili, fantastiche architetture. Gehry ci lascia in eredità la capacità di sognare edifici rivoluzionari e immaginifici, di esperire forme maestose stagliate nello skyline delle più importanti città del mondo. Un sogno, il suo, espresso sempre al di là del possibile, per scolpire il futuro e trasformarlo in realtà rivoluzionarie e, a loro modo, eterne. 

Sophie Marie Piccoli e Valentina Silvestrini

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Sophie Marie Piccoli

Sophie Marie Piccoli

Sophie Marie Piccoli è architetta. Laureatasi nel 2022 all’Accademia di Architettura di Mendrisio, ha lavorato durante il percorso universitario per gli studi MDP Paysagiste e IHA Architecte a Parigi. Nel 2019 fonda con altre studentesse il collettivo di ricerca sostenibile…

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