Ora il leggendario museo di design Vitra Campus ha il suo “santuario”. Progetto postumo del grande architetto Balkrishna Doshi
L’architetto indiano moriva all’età di 95 anni nel 2023. Il suo ultimo lavoro, il primo e unico realizzato fuori dall’India, si aggiunge ai numerosi progetti di architetti di fama internazionale che negli ultimi quarant’anni hanno trasformato l’ex area industriale di Weil am Rhein in un visitatissimo parco pubblico
Nel 2018, Balkrishna Doshi riceveva il Premio Pritzker, diventando il primo architetto indiano ad aggiudicarsi il titolo più prestigioso al mondo per chi pratica la disciplina dell’architettura. Un riconoscimento arrivato a premiare l’impegno assiduo nel campo dell’architettura residenziale sociale, con la progettazione di case a basso costo in quartieri e città povere o disagiate (come il quartiere residenziale di Aranya, un grande complesso di case che può ospitare fino a 80mila persone nella città di Indore). All’epoca novantenne, Doshi è scomparso nel 2023.
La storia del Vitra Campus di Weil am Rhein
E l’ultimo progetto a cui ha lavorato, il primo e unico realizzato al di fuori dell’India, è stato ora inaugurato all’interno del Vitra Campus di Weil am Rhein, in Germania, nato a seguito dell’incendio che nel 1981 devastò una vasta area produttiva, oggi sede di un visionario parco architettonico, che non smette di collezionare nuovi interventi e idee. Nel tempo hanno contribuito alla rigenerazione del sito architetti di fama internazionale da tutto il mondo: da Frank Gehry a Tadao Ando, e Zaha Hadid, Álvaro Siza, Jean Prouvé, Jasper Morrison, Herzog & de Meuron (per il museo Vitra Haus e Schaudepot), studio SANAA, Renzo Piano, Piet Oudolf (a curare la progettazione del giardino del campus). Oggi, sebbene ancora attivo come sito industriale, Weil am Rhein attrae 400mila visitatori all’anno in arrivo per visitare il grande parco pubblico architettonico e il Vitra Design Museum.

Il progetto di Balkrishna Doshi per il Vitra Campus
Il Doshi Retreat che l’architetto indiano ha progettato in collaborazione con sua nipote Khushnu Panthaki Hoof e Sönke Hoof è uno spazio contemplativo, ispirato alla spiritualità indiana, modulato sull’esperienza del suono e del silenzio. Un luogo pensato per essere rifugio e angolo di quiete, nato dall’incontro tra Rolf Fehlbaum, presidente emerito di Vitra, e Doshi: “Dopo aver visitato il Tempio del Sole di Modhera, in India, mostrai a Balkrishna Doshi la foto di un piccolo santuario che avevo visto lì, chiedendogli se fosse disposto a progettare un luogo di contemplazione per il Campus“. Il risultato si apprezza ora a Weil am Rhein, percorrendo lo spazio del “santuario” immaginato da Doshi come un viaggio di scoperta e ispirato alla filosofia spirituale della Kundalini.
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Il Doshi Retreat e il valore spirituale del suono
Si scende sotto il livello del suolo attraversando corridoi che riverberano suoni di gong e di flauto, grazie a un sofisticato sistema audio integrato in nicchie concave nel pavimento, per evocare le atmosfere dei templi orientali o degli spazi sacri cristiani, dove il suono svolge un ruolo fondamentale.
Lungo il percorso, man mano che ci si avvicina alla struttura centrale, il suono si disperde sulle pareti metalliche e interagisce con il corpo in movimento. L’apice si raggiunge nel breve tunnel ad arco che conduce i visitatori nella sala di contemplazione, dov’è un bacino per l’acqua piovana (un’apertura nel soffitto, decorato con un mandala in ottone martellato a mano, fa entrare luce, aria e pioggia), e intorno due panche semicircolari in pietra, con il gong al centro. In alto, il soffitto racchiude solo parzialmente la sala, creando un’apertura per la luce, l’aria e le precipitazioni.
“È il suono, che risuona nel corpo del visitatore, a cancellare il confine tra sé e la struttura”, spiega Khushnu Panthaki Hoof “L’edificio riflette il suono verso chi vi passa, trasformando sia il percorso che la sala in strumenti di risonanza. Nell’ultimo decennio della sua vita, Doshi si è allontanato dall’architettura per dedicarsi all’arte. Ma con questo progetto è tornato al tavolo da disegno, prima per scrivere, poi per guidarci nella definizione del design”. Tra testi, schizzi e una presentazione visiva “ricca di concept stratificati e dualismi“, che ha guidato verso la realizzazione dell’edificio.
Livia Montagnoli
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