Un incredibile esempio di architettura agricola di fine Ottocento. Ma questa cascina nella Bassa padana è in rovina
Con la sua limonaia in stile neogotico e la cappella gentilizia della famiglia Germani, il complesso della Cascina Alluvioni, vincolato dalla sovrintendenza ma abbandonata, si scopre a pochi metri dal Po, nella campagna cremonese
 
                            Nella campagna della Bassa padana, Brancere è una piccola frazione di Stagno Lombardo, storicamente appartenuta al feudo dello Stato Pallavicino per decreto dell’imperatore Federico Barbarossa, poi annessa al Ducato di Parma dei Farnese, e solo dall’inizio dell’Ottocento, a seguito del Trattato di Vienna, sottoposta alla giurisdizione della provincia di Cremona, di cui ancora fa parte.
La Cascina Alluvioni sull’argine del Po
La vicinanza con gli argini del Po è stata croce e delizia del borgo, periodicamente soggetto – in passato – a frequenti inondazioni.
E forse a questa circostanza si deve il toponimo dell’inaspettata Cascina Alluvioni (che qualche antico documento riporta col nome di “Alluvione”), esempio di architettura agricola di rara bellezza, oggi lasciata all’abbandono e avvolta dalla vegetazione che ha preso il sopravvento. Parte del fascino del luogo, che attira fotografi e curiosi in cerca di un contesto fuori dal tempo, si deve probabilmente proprio all’aspetto selvatico assunto dal complesso nell’ultimo decennio, da quando la cascina padronale – appartenuta alla famiglia Germani dalla fine dell’Ottocento – non è più abitata.
Un esempio di architettura agricola di fine Ottocento nella Bassa padana
Ma la vera eccezionalità della struttura è rappresentata dal sistema di edifici in cui si articolava: oltre alla casa padronale – che conserva alcuni soffitti affrescati – con le abitazioni dei braccianti e il cortile antistante ora coperto di erbacce e arbusti, anche una cappella gentilizia e una limonaia per la conservazione delle piante di limoni in vaso, costruita con torri e merli che la fanno sembrare un piccolo castelletto, in perfetto stile neogotico lombardo di fine Ottocento.
La limonaia e la cappella gentilizia della Cascina Alluvioni
Ridotta a rudere e ormai interamente collassata all’interno, la limonaia è certamente l’architettura dotata di più fascino, con le sue bifore ogivali su due ordini che scandiscono la facciata in mattoni rossi, stretta tra due torrette circolari. Un fregio ne percorre tutto il perimetro.
Acquistata di recente dalla famiglia Balestreri insieme ai terreni circostanti, la Cascina Alluvioni resta di proprietà privata, e l’accesso è interdetto al pubblico, anche per motivi di sicurezza, viste le condizioni fatiscenti in cui versa. Però un vincolo della sovrintendenza la tutela da demolizioni e abusi, pur non potendo impedire danni e crolli causati dall’incuria che negli ultimi anni hanno colpito soprattutto i tetti. L’antica cappella gentilizia della famiglia Germani – voluta dal cavalier Annibale Germani, figlio dell’ufficiale garibaldino Francesco Germani – si scopre invece in mezzo ai campi, concepita come tempietto sormontato da una cupola, e la sua storia è legata a doppio filo con una leggenda riportata nel libro L’Italia dei fantasmi (1988, Editrice Grafica L’Etruria) di Giorgio Harold Stuart. Secondo l’autore, la cappella non sarebbe stata consacrata e nelle notti di luna piena i defunti della famiglia Germani lì sepolti uscirebbero dai sepolcri, vagando nelle campagne lamentandosi. Sopra il portone del piccolo edificio, definito da due colonne, spicca un rosone incorniciato da un arco a ogiva, elemento che dunque ricorre con costanza nell’intero complesso architettonico della Cascina Alluvioni.
Un’architettura in attesa di restauro
Già alla metà degli Anni Settanta, quando Alberto Lattuada pensò di girare all’interno della Cascina alcune riprese del film Oh Serafina – film con Renato Pozzetto e Dalila Di Lazzaro tratto dal romanzo di Giuseppe Berto – la struttura versava in stato precario (sebbene ancora negli Anni Sessanta la cascina fosse in uso come azienda agricola): le riprese furono spostate nelle campagne circostanti proprio per le cattive condizioni degli edifici. E a oggi nessuno si è ancora attivato per garantire il restauro del complesso, che meriterebbe un’altra sorte. L’auspicio è che prima che sia troppo tardi qualcuno voglia farsene carico, com’è avvenuto di recente per il complesso del Castello di Sammezzano: ben più noto e magniloquente – diversissimo per destinazione d’uso e ambizioni – l’edificio in stile orientalista che si scopre alle porte di Reggello è come la Cascina Alluvioni un gioiello architettonico che si svela, inaspettato, nella campagna italiana. E sarà presto restaurato, dopo anni di abbandono.
Livia Montagnoli
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